“L’ho uccisa io, l’ho uccisa per la mia dignità e per il mio onore”. Sono le parole intercettate l’8 giugno 2021 e pronunciate da Shabbar Abbas, il padre di Saman, la ragazza 18enne di origine pachistana scomparsa il 1 maggio 2021 a Novellara, nel Reggiano, dopo essersi opposta alle nozze forzate con un cugino in patria. “Ho ucciso mia figlia”, dice Shabbar al telefono dal Pakistan con un parente in Italia, a poco più di un mese dalla scomparsa della figlia.
La conversazione è agli atti del processo che inizierà a Reggio Emilia il 10 febbraio, a carico dei tre familiari di Saman, arrestati in Francia e Spagna nei mesi scorsi: lo zio Danish Hasnain e i due cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, oltre ai genitori, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, entrambi ancora latitanti in Pakistan e per i quali già a settembre di un anno fa era stata richiesta l’estradizione dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia. “Per me la dignità degli altri non è più importante della mia”, dice Shabbar al parente nella telefonata intercettata. “Ho ucciso mia figlia e sono venuto, non me ne frega nulla di nessuno”. Lo stesso parente, sentito dai carabinieri il 25 giugno del 2021, ha riferito che il padre di Saman lo aveva chiamato per intimargli di non parlare di lui. “Io sono già rovinato”, gli aveva detto, “avete parlato di me in giro, non lascerò in pace la vostra famiglia”. E ancora: “Io sono già morto”.
Secondo gli investigatori inoltre, stando alle ultime rivelazioni, a far scatenare l’ira dei genitori potrebbe essere stata la foto di un bacio tra Saman Abbas e il fidanzato e da lei postata sui social tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021. Lo scatto risale al periodo in cui la ragazza viveva in una comunità protetta. Un cugino, sentito dai carabinieri di Reggio Emilia, ha riferito di aver ricevuto l’immagine e che il padre Shabbar, la madre Nazia e il fratello della diciottenne “si lamentavano in continuazione di tale situazione”.
I familiari di Saman erano stati rinviati a giudizio il 27 maggio scorso, con l’accusa di sequestro di persona, omicidio e soppressione di cadavere. Tra gli atti della richiesta di rinvio a giudizio della procura di Reggio Emilia c’è anche un video, registrato dalla telecamera di sicurezza posta sopra l’ingresso della casa dove abitava la famiglia, che riprende gli ultimi minuti di vita della 18enne: si vede la giovane, con uno zaino bianco sulle spalle, uscire da casa accompagnata dai genitori, dieci minuti dopo la mezzanotte del 30 aprile. Pochi minuti dopo si vedono i genitori tornare indietro e il padre indossa lo zainetto che la ragazza aveva pochi minuti prima sulle spalle. In quei momenti, secondo l’accusa, sarebbe stata consegnata allo zio e ai cugini. Tra le parti civili è stata ammessa anche l’Unione delle comunità islamiche italiane (Ucoii). Accolte anche le richieste di costituzione del Comune di Novellara, dell’Unione comuni della bassa reggiana, del fratello minorenne di Saman, uno dei testimoni principali a carico degli imputati, e dell’associazione Penelope che riunisce familiari e amici delle persone scomparse.