Ferrigno, ex deputato di Forza Italia, avrebbe promesso favori e denaro al boss di Cosa nostra Giuseppe Lo Duca, anche lui ora in carcere insieme all'intermediaria Piera Lo Iacono. A sostegno dell’accusa ci sono diverse intercettazioni ambientali
Ha stretto un patto con i boss: soldi e favori in cambio di voti. Ed è stato arrestato con questa accusa e l’ipotesi di reato per voto di scambio elettorale politico–mafioso. È Salvatore Ferrigno, 62 anni, ex deputato di Forza Italia nella circoscrizione degli italiani all’estero ‘America settentrionale e centrale’ e ora candidato all’Assemblea regionale siciliana con i Popolari Autonomisti di Raffaele Lombardo, lista che sostiene l’ex presidente del Senato Renato Schifani. Secondo gli inquirenti il 62enne sarebbe tornato dagli Stati Uniti, dove da oltre 40 anni fa il broker assicurativo, per essere eletto in Sicilia. E’ il secondo candidato del centrodestra arrestato nelle ultime 24 ore: ieri era finita ai domiciliari Barbara Mirabella, candidata di Fratelli d’Italia, per corruzione.
Dall’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido emerge che Ferrigno avrebbe promesso favori e denaro al boss di Cosa nostra Giuseppe Lo Duca, anche lui ora in carcere insieme all’intermediaria Piera Lo Iacono. A sostegno dell’accusa ci sono diverse intercettazioni ambientali, alcune molto recenti. L’inchiesta, coordinata dalla Dda, nasce da un’indagine dei carabinieri del nucleo investigativo, guidati dal tenente colonnello Salvatore Di Gesare, sui clan mafiosi della provincia di Palermo.
“Piera… io posso corrispondere al momento di tre al massimo quattro paesi, e basta. E sono: Carini, Torretta, Cinisi, Terrasini“. “Bravo”. “Da lì io non mi sposto più perché non voglio più avanzare”. E’ una delle conversazioni intercettate dai Carabinieri tra Giuseppe Lo Dico e Piera Lo Iacono. “Sicché, Lo Duca – scrive il gip Fabio Pilato – anche in ragione della sua “amicizia” con il candidato, che sarebbe stata a quest’ultimo chiaramente evidente, allorché avrebbe ricevuto il messaggio di Lo Iacono, quantificava la propria richiesta di denaro in cinquemila euro per ognuno dei quattro comuni (”non meno di cinque a paese’)”, scrive nella misura cautelare. “Vedi che a Cinisi, gli presento cinquemila – dice il boss intercettato – … “millecinque tu e millecinque io” … non c’è niente da fare!”. “Eloquente l’ultima espressione di Lo Duca”, scrive il gip: “la spartizione della somma con ciascun rappresentante di Cosa nostra di ogni paese era necessaria al fine di garantire un introito economico alla articolazione mafiosa che si sarebbe dovuta mobilitare e di assicurare, analogamente a quanto avviene nel meccanismo delle “messe a posto”, il dovuto rispetto e riconoscimento ai mafiosi di quei comuni”, dice il gip.
Nell’ordinanza del gip di Palermo Fabio Pilato che ha emesso la misura cautelare, si legge che Ferrigno aveva un chiara progettualità criminosa. Il giudice per le indagini preliminari pone l’accento su un passo di una conversazione intercettata l’11 settembre scorso: “Il candidato, nel tentativo di tirare sul prezzo e ridurre l’esborso dovuto per l’appoggio elettorale, tenta di allettare i suoi interlocutori (diretti ed indiretti), con la prospettiva di accedere a futuri progetti aventi ben più ampi margini di guadagno, rispetto al risibile compenso richiesto per la raccolta di voti”. Per il gip il patto tra il candidato e il boss viene fuor chiaramente. “Emerge l’accettazione dello scambio elettorale da parte di Ferrigno il quale, pur consapevole della caratura mafiosa del suo procacciatore, si è ugualmente impegnato a prelevare la somma di danaro da un conto corrente intrattenuto in America, da consegnare in contanti alla stessa Lo Iacono”. E cita una intercettazione: “Gli ho detto ‘con l’assegno non è possibile’; Perciò io gli ho detto ‘tu ce li devi dare in contanti’”. “Lo sviluppo delle investigazioni – scrive il giudice – dimostra che Ferrigno ha prestato parziale ossequio all’impegno preso perché, dopo avere consegnato un primo acconto 500 euro, prontamente disponibili, ha dato effettivamente disposizioni alla banca americana per effettuare dei prelievi periodici per l’importo di cinquemila euro”, dice ancora il gip.
Pilato scrive nell’ordinanza che è “particolarmente inquietante” il passaggio in cui Piera Lo Iacono riferisce di avere esercitato pressioni con il candidato finito in manette “perché, al di là dell’esborso di danaro, garantisse in modo programmatico gli interessi mafiosi, adoperandosi per ottenere un assessorato di comodo e favorire in tal modo l’infiltrazione di cosa nostra nel tessuto politico-istituzionale”. E cita una intercettazione: “Gli ho detto se tu vinci innanzitutto là dentro ci devi favorire”.
Parlamentare di Forza Italia dal 2006 al 2008, è stato eletto nella circoscrizione estera per il Nord e Centro America. Tra i fondatori dell’associazione Azzurri nel mondo of California, ha vissuto molti anni a Filadelfia e ha fatto il broker assicurativo. Durante la legislatura è stato componente della commissione Difesa. Finita l’esperienza parlamentare, nel 2008 l’allora presidente della Regione Raffaele Lombardo lo nominò consulente per i rapporti tra la Regione e i siciliani all’estero. Esperienze politiche pregresse anche per Piera Maria Loiacono che, secondo gli investigatori, si è rivelata una “figura perfettamente trasversale tra il mondo della politica e quello mafioso”. “Una donna intrisa di una sconcertante ‘cultura mafiosa’”, scrivono i pm nella richiesta di misure cautelari. Ex assessore della Giunta comunale di Campofelice di Fitalia (Palermo), nel 2017, era stata candidata, come outsider, alla Presidenza della Regione siciliana con il sostegno del movimento politico ‘Libertas’ e dei liberal socialisti.
Già alle amministrative di giugno due esponenti del centrodestra erano finiti in carcere con l’accusa di scambio elettorale politico mafioso: i candidati al Consiglio comunale di Palermo Francesco Lombardo e Pietro Polizzi. La Procura contestò loro di aver richiesto sostegno elettorale ai clan.