È il 9 settembre, all’Hotel Astoria Palace di Palermo una sala viene dedicata ad un incontro elettorale per le imminenti Regionali del prossimo 25 settembre. Al tavolo siedono l’ex presidente della regione siciliana, Raffaele Lombardo, il suo candidato all’Ars, Salvatore Ferrigno (ex deputato di Forza Italia), e Piera Loiacono, una “politica bravissima”, come viene definita da Giuseppe Lo Duca, boss di Carini, in un’intercettazione. Secondo le indagini della procura di Palermo l’incontro è un momento utile per uno scambio di denaro tra Ferrigno e Loiacono che hanno un patto elettorale: lei è il tramite per accordi e per lo scambio di denaro tra il politico e il mafioso. Per questo sono stati arrestati, assieme a Lo Duca, oggi, su richiesta del procuratore aggiunto, Paolo Guido.
Un’indagine sul clan di Carini che già da agosto ha registrato l’ingresso della campagna elettorale negli interessi del clan. Il 9 settembre è uno dei giorni clou, l’occasione per vedere di presenza il candidato delle liste di Lombardo a favore di Renato Schifani, il candidato alla presidenza per il centrodestra. Così, dopo l’incontro politico con Lombardo, Loiacono va da Lo Duca e gli consegna 500 euro, ma chiede chiarimenti: “Oh ma questo quando ce li deve portare questi soldi? Me li sta dando a poco a poco… ma che devo fare?”, dice Loiacono. Lo Duca risponde: “Ma quanto ti ha dato?” – “Cinquecento” – “E a chi dobbiamo fare ridere?” – “E lo so, mi ha detto entro lunedì, martedì, ti porto altri”, lo rassicura lei. Eccolo il triangolo elettorale, che vede al centro Loiacono come intermediaria tra Ferrigno e Lo Duca.
Figlio di Matteo Lo Duca, detto “u panturru”, tra i più rilevanti e storici uomini d’onore delle famiglie mafiosa di Carini, Peppe Lo Duca è componente del gruppo di fuoco del noto capo mafia di Carini, Antonino Di Maggio. Così viene descritto dagli inquirenti: “Una capacità criminale fuori dal comune, anche per la sua allarmante dimestichezza con le armi da fuoco. Autore di atti incendiari, intimidazioni, danneggiamenti, estorsioni”. Capacità che lo hanno portato a una condanna associazione mafiosa fino al 25 gennaio 2007. Finito in carcere, è tornato libero il 2 giugno del 2012, con sorveglianza speciale e obbligo di soggiorno. Tutto finito nel 2019. Da quel momento Lo Duca è tornato libero di agire. Fino a venerdì mattina, ultimo giorno della campagna elettorale, prima del voto di domenica. Intercettazioni, microspie, pedinamenti, sono gli strumenti che hanno consentito alla Mobile, coordinata dalla procura di Palermo, di ricostruire il presunto patto elettorale tra i tre, con elementi “che davvero colpiscono per la loro manifesta evidenza”, si legge nell’ordinanza con la quale il gip Fabio Pilato ha disposto la misura cautelare del carcere per tutti e tre.
Tutto ha inizio a fine agosto, quando, Loiacono incontra Ferrigno per accordarsi. La conversazione però non va nel migliore dei modi, la donna viene perfino sminuita da un altro presente che mette in dubbio la sua capacità di reperire voti nei paesi della provincia palermitana, al punto di offenderla. A ricomporre la frattura ci pensa Lo Duca che contatta Salvatore Prano, già condannato per 416 bis e poi assolto, cognato di Ferrigno. Così Loiacono e Ferrigno si incontrano una seconda volta. Stavolta con un esito più favorevole per Lo Duca. Lei riporta tutto a quest’ultimo il primo settembre, e lui sbotta: “Tu pensi che noialtri che andiamo a fare una campagna elettorale senza guadagnare una lira?”. “Non per guadagnare, le persone. Ci vogliono…”, prova a ribattere Loiacono. “No, dobbiamo guadagnare!”, ribadisce il primo.
Ma quanti soldi costano i voti? “Minimo ci vogliono mille euro a paese…”, prova a ragionare Loiacono. “No mille euro niente sono Piè… tu pensi che per Carini io mi prenderei mille euro?!”, chiarisce Lo Duca. E spiega: “Piera, io posso corrispondere al momento di tre al massimo quattro paesi e basta. E sono: Carini, Torretta, Cinisi e Terrasini”. E quanto costavano i voti per ogni paese è presto detto: “Non meno di cinque a paese”, chiariva lui. Cinquemila euro per i piccoli comuni del Palermitano, dove la capacità di coinvolgimento di Lo Duca avrebbe portato a Ferrigno “non meno di duecento voti a paese”. Ma l’accordo è bene sia chiaro: “Dimmi una cosa, una volta che lui mi dice ‘sono d’accordo’?”, chiede Loiacono. “Chi?” chiede a sua volta Lo Duca. “Ferrigno”, risponde lei, e l’altro chiarisce: “Me li deve dare la settimana prossima… stop. Se lui, tramite te, si presenta qua con ventimila euro, io so quello che devo fare…”, Lo Duca ha le idee chiare. Ma Ferrigno ha davvero problemi a reperire i soldi, lui stesso sarebbe poi stato ascoltato pochi giorni dopo “mentre – scrive il gip – interloquiva con un operatore bancario statunitense e chiedeva informazioni su come mobilitare alcune somme di denaro effettivamente giacenti su un conto americano”.
Ma lo scambio, stando a quanto emerso dalle indagini, non era solo in denaro, questo secondo quanto riporta la donna al boss, è stato spiegato al candidato: “Gli ho detto ‘se tu vinci innanzitutto là dentro ci devi favorire… con un assessorato…’”. Un patto per avere voti, in cambio di soldi, ma anche di aiuti post elettorali, ma nel caso Ferrigno avesse voluto ripensarci? La conseguenza doveva essere molto chiara: “Io gli ho detto – riferisce la donna a Lo Duca – lo vedi se … se tu vinci e poi ci volti le spalle a noialtri… noialtri, gli ho detto, siamo pazzi”. “Non può venire più a Carini”, aggiunge, invece Lo Duca. “Nel tentativo di tirare sul prezzo e ridurre l’esborso dovuto per l’appoggio elettorale – scrive il gip – Salvatore Ferrigno tenta di allettare i suoi interlocutori (diretti e indiretti) con la prospettiva di accedere a futuri progetti aventi più ampi margini di guadagno rispetto al risibile compenso richiesto per la raccolta di voti”. Sul piatto del loro accordo, pertanto, non solo il denaro ma anche altre fonti di guadagno. “Appena ci vediamo ti spiego alcuni progetti che ci possono cambiare completamente perché si deve parlare di soldi grossi, di progetti”, dice Ferrigno, non sapendo di essere intercettato. “Dei progetti della Comunità Europea, di fondi comunitari, di queste cose dobbiamo parlare”, continua dopo aver detto alla donna di non voler parlare direttamente con Lo Duca ma di volere avere a che fare solo con lei.