L’emergenza dell’inquinamento da plastica rappresenta un problema crescente che deve essere affrontato al più presto. A compiere un passo importante per contrastare la necessità di plastiche uno studio, pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment, condotto dagli scienziati dell’Università della California di San Diego e dello Scripps Institution of Oceanography. Il team, guidato da Stephen Mayfield, Michael Burkart e Robert Pomeroy, ha ideato dei materiali biodegradabili che potrebbero sostituire l’uso convenzionale della plastica e contrastare l’inquinamento.
La plastica è ormai onnipresente sul pianeta e raggiunge le profondità marine, le scorte alimentari e gli organismi viventi. Negli ecosistemi marini, i residui di plastica possono migrare in aree centrali e formare vortici di rifiuti, che compromettono il benessere dell’ambiente oceanico e incrementano i livelli di inquinamento. Ne è un esempio il Big Pacific Garbage Patch, che copre un’area di oltre 1,6 milioni di chilometri quadrati. Secondo le stime attuali, nell’arco di un solo anno circa otto miliardi di chilogrammi di plastica raggiungono l’oceano e si prevede che nel 2025 questi valori aumenteranno considerevolmente. Il gruppo di ricerca statunitense ha ideato una sostanza simile alla plastica che si biodegrada nell’oceano in meno di un mese. Il team ha lavorato con delle schiume poliuretaniche in grado di degradarsi nel compost. La posizione del molo ha permesso agli scienziati di eseguire test ed esperimenti nell’ecosistema naturale vicino alla costa, dove l’accumulo di sostanze inquinanti è più probabile.
Gli studiosi hanno individuato un mix di funghi e batteri che colonizza la schiuma e la scompone nelle sostanze chimiche di partenza, che possono essere consumate dai microrganismi stessi. Queste forme di vita marina, precisano gli scienziati, sono presenti naturalmente nell’ecosistema marino. “Abbiamo dimostrato la possibilità di realizzare prodotti di plastica in grado di dissolversi nell’oceano in appena quattro settimane”, afferma Stephen Mayfield, uno degli scienziati a capo del team. “Quando gli organismi si stabiliscono sulle schiume si assiste alla formazione di una specie di barriera corallina microbica. È stato davvero interessante. I problemi ambientali devono essere affrontati e sarà necessario progettare strategie ecosostenibili ed efficaci per contrastare l’inquinamento. Speriamo che il nostro lavoro possa offrire una soluzione percorribile per ridurre la necessità di plastica e prodotti inquinanti”.