Tutto partì da un funzionario delle Finanze cacciato di peso dal concorso perché “trovato in possesso di libri fotocopiati”. A distanza di nove anni, quel funzionario è diventato un dirigente di ruolo delle Dogane da 120mila euro l’anno. E come lui, altri candidati-copioni, tra cui quattro indagati, che il vertice dell’agenzia ha denunciato per truffa, salvo promuoverli pochi mesi dopo “per via fiduciaria”, attribuendo loro quell’incarico che non erano riusciti a ottenere copiando. Incarichi che mai avrebbero potuto assumere, a rigor di logica, qualora l’amministrazione li avesse sanzionati per atti tanto contrari ai loro “doveri d’ufficio”. Promozioni “d’ufficio” che sono fumo negli occhi degli altri dipendenti. Soprattutto di chi quei brogli aveva denunciati, ricevendo ben altro “trattamento”.
Il Fatto ha sollevato lo “strano caso” dell’Agenzia delle Dogane che premia chi imbroglia e mal tollera chi denuncia, ultimo capitolo della saga di un concorso da 69 dirigenti di seconda fascia ormai annullato, ma che da 11 anni tiene banco nelle aule di giustizia. In seguito all’articolo, il senatore del Gruppo Misto Emanuele Dessì ha presentato un’interrogazione al Ministro Franco per chiedere se sia lineare e coerente la condotta di un’amministrazione che “pur annullando il concorso per le gravissime irregolarità emerse, al contempo promuove con incarichi dirigenziali molti dei soggetti coinvolti che ne hanno causato l’annullamento, penalizzando invece chi le aveva denunciate”.
Il Fatto ha chiesto al direttore delle Dogane di chiarire la vicenda. La ricostruzione, affidata a fonti vicine all’Agenzia, è la seguente: “I destinatari di recenti incarichi dirigenziali a contratto sono in possesso di tutti i requisiti che la normativa di riferimento prevede per la loro attribuzione. La commissione incaricata di selezionare i candidati ha tra l’altro tenuto conto della loro posizione disciplinare che non è evidentemente risultata confliggente con lo scopo. Al riguardo viene specificato che l’Audit interno, disposto nel 2020 al fine di consentire al Direttore Minenna di acquisire elementi oggettivi necessari per assumere la decisione di annullare il concorso a 69 dirigenti, ha portato alla diversificazione delle posizioni individuali, con l’irrogazione di alcune misure disciplinari che evidentemente non hanno interessato i suddetti funzionari. In merito all’attuale indagine a carico di soggetti a cui sono stati assegnati incarichi dirigenziali temporanei si precisa che gli stessi hanno di fatto volontariamente rinunciato alla prescrizione ritenendo pertanto di poter raggiungere una piena assoluzione. ADM, preso atto che gli stessi avevano ricorso in sede amministrativa contro l’annullamento del concorso ha compiuto un atto dovuto segnalandoli, prescindendo da qualsiasi valutazione, che evidentemente spetta agli organi preposti“.
La complessità della risposta riflette in parte quella della vicenda, ma non chiarisce il punto di fondo. Per la prima volta, intanto, c’è l’ammissione di aver promosso degli indagati e di non aver mai assunto nei loro confronti provvedimenti (a tutela dell’amministrazione) che lo avrebbero impedito, come l’apertura di un procedimento disciplinare. “Spetta agli organi preposti”, si legge nella riposta, ma nel frattempo ha scelto di promuoverli scommettendo, dopo averli denunciati, sulla loro innocenza che è ancora al vaglio della magistratura (gli “organi preposti”. Proviamo a mettere in fila i fatti per come emergono dalle carte.
La vicenda del concorso truccato, annullato per questo dal neodirettore Minenna nel 2020, figlia due azioni giudiziarie distinte, a carico di candidati diversi, che la spiegazione pervenuta dalle dogane mette insieme, contribuendo alla confusione. Da una parte approda a un processo a carico di due commissari e nove candidati che l’11 gennaio 2022 culmina con una sentenza (la n.11735) che dichiara estinti i reati per “intervenuta prescrizione”, ma non li proscioglie, perché in dibattimento non sono emerse evidenze dell’insussistenza del fatto, né dell’estraneità degli imputati. Il problema dei promossi-indagati però non riguarda loro, bensì 24 concorrenti che ricorrendo al Consiglio di Stato contro l’annullamento hanno reiterato il reato dandogli continuità. Per questo la stessa Agenzia li ha segnalati alla Procura. Ed ecco come ci si arriva.
L’audit interno citato si svolge tra il 4 marzo e il 30 giugno 2020 (nota prot. n. 277929/RU). L’indagine interna non deve identificare i “copioni” ma stabilire in modo scientifico se la maggioranza delle tracce fosse state copiata, condizione che avrebbe consentito l’annullamento della prova. Per questo si basava su correzioni anonime che, proprio perché tali, non avrebbero permesso in alcun modo di “graduare le responsabilità” dei singoli candidati. L’audit si chiude l’11 agosto 2020 e accerta che 64 elaborati su 69 sono frutto di plagio, che il concorso insomma era annullabile, e infatti il 21 settembre 2020 il direttore dell’Agenzia dispone “l’annullamento d’ufficio in autotutela”, nonché di tutti gli atti connessi. Ma non finisce lì.
Succede infatti che 24 concorrenti fanno poi ricorso al Consiglio di Stato per far rivivere concorso e graduatoria, godendo – in caso di vittoria – degli effetti del reato accertato nel primo processo ma rimasto senza colpevoli. A gennaio 2021 l’ente ribussa alla Procura: “Detta domanda giudiziale – si legge nella denuncia delle Dogane – potrebbe ipoteticamente atteggiarsi come atto rientrante nella prolungata consumazione del reato, che si verificherebbe con l’effettiva nomina e immissione in ruolo di dirigente pubblico, ed il conseguimento del profitto illecito dello stipendio, laddove l’atto fosse posto in essere da un soggetto che scientemente abbia fatto uso delle Gazzette contraffatte da considerarsi come l’originario comportamento fraudolento”. In altre parole: azionando il ricorso avrebbero reiterato il reato. E’ allora che la Procura accorda all’Agenzia di procedere all’abbinamento tra gli elaborati anonimi (ma anomali) e i relativi autori: i copioni sono 44, e 24 di loro vengono iscritti sul registro degli indagati il 3 marzo 2021 (RGNR 8591/2021) proprio perché col ricorso hanno reiterato il reato di tentata truffa allo Stato. L’Agenzia deposita la lista dei nomi e lo fa anche nei giudizi amministrativi contro l’annullamento del concorso. Nel loro caso, per altro, la prescrizione interverrebbe non prima dl 2027: come facciano ad avervi già rinunciato, in assenza di un processo o di giudizio, è un mistero. A meno che la risposta non metta insieme i primi 11 andati assolti per prescrizione (uno dei quali ha fatto ricorso) e gli altri 24 ancora indagati.
Al Fatto risulta che una decina dei segnalati alla Procura, tra cui 4 indagati, siano stati nel frattempo promossi d’ufficio dai vertici dell’Agenzia che aveva sollecitato indagini nei loro confronti, assegnando loro, senza concorso stavolta ma in via fiduciaria, l’incarico dirigenziale che non erano riusciti a conseguire copiando. Risulta inoltre, ma lo scrive anche il senatore nell’interrogazione, che abbia conferito analogo incarico ad un altro concorrente che non indagato, ma che fu addirittura espulso dal concorso perché sorpreso nell’atto di copiare le tracce. Ci sono i verbali della Polizia giudiziaria che lo raccontano. Indubbio è poi che agli indagati non siano state comminate nel frattempo sanzioni, perché l’apertura di un procedimento disciplinare a carico è sufficiente di per sé a inficiare l’assunzione di incarichi di responsabilità e la partecipazione agli interpelli.
L’apparente “illogica condotta dell’Agenzia nel promuovere coloro che lei stessa ha denunciato”, come recita l’interrogazione, sembra trovare un logico corollario nella scarsa attenzione che invece riserva a chi le irregolarità le ha denunciate. E’ il caso della funzionaria Claudia Giacchetti, che fu la prima a segnalarle e ha pure ottenuto dal Tribunale di Roma una sentenza di declaratoria di “falso” relativamente ai verbali del famoso concorso: nel 2016 la rilasciò un’intervista a Report sui concorsi truccati, e fu denunciata dall’allora direttore Pelaggi che le comminò anche la sanzione di un reclamo verbale. Ne scaturì una causa per condotta antisindacale cui l’amministrazione ha sempre resistito, al tempo stesso nessuno ha mai revocato il reclamo verbale, benché fu poi assolta dal Tribunale di Roma per quell’intervista. La “macchia” dunque resta sullo stato di servizio, penalizzandone gli avanzamenti di carriera. Agli atti del ricorso c’è un ordine scritto, radicato su una mail, in cui un dirigente generale suggerisce al diretto superiore di non conferirle alcun incarico a causa della sua “inaffidabilità” per le denunce fatte.
Nel mirino è rimasto anche il sindacato Dirpubblica che la difese e contro cui l’Agenzia ha sempre resistito in giudizio che ora pende in Cassazione. Il suo portavoce Antonio Graziano sta portando il caso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) convinto sia “emblematico come pochi altri di una legge nazionale che non offre adeguate tutele al dipendenti pubblico che denuncia”. L?ex capo della segreteria del vicedirettore ad interim Alessandro Canali portò avanti annullamento del concorso, l’audit e delega della Procura: un anno fa è stato rimosso dal suo ufficio, l’ufficio stesso è stato soppresso.