Esse domanda: “Come siete messi fra?”. Il Nero: “Jolly dovrebbe avere due settimane”. “Ma ieri che abbiamo fatto?”. “Tre, Polly ha fatto tutti quelli che erano in zona”. Esse parla preoccupato: “Baldo a giorni mi chiederà di raccogliere tutto quello che abbiamo, questi mi sa che stanno spendendo i love per loro”. Il Nero fa di conto: “Allora Polly ha due settimane, due giorni, e due gambe”. E oltre a Polly, tra i cavallini c’è Nico, Jolly, Stich, Number, Dino, Geppetto. Tutti al lavoro, ogni giorno a Milano, su turni di otto ore e più, perché quando arriva “il nuovo menù” c’è da trottare e il cellulare si infiamma di chiamate. La rubrica dei clienti vale al momento 300mila euro. La banda lavora così, al minimo due chili di cocaina a settimana, e comanda lo spaccio su tutta la movida e buona parte della città, da Quarto Oggiaro fino al centro, piazza della Repubblica e oltre. Esse è il vice, sta a Bollate, recupera la coca, la porta “alla Rina”, il chimico, ottenuto l’ok distribuisce alla rete. Baldo è il capo e sta a Senago. Al secolo sono Simon Spallina, milanese con precedenti, e Roberto Scordamaglia, precedenti, ca va sans dire, calabrese di Catanzaro vicino alla famiglia Martino di Reggio Calabria “accoscata” con il clan di ‘ndrangheta dei Libri-Tegano, nobiltà mafiosa anche sotto al Duomo. Qui “il giorno” vale 0,3 grammi: dose singola. “Una settimana” sono 13 dosi, “un mese” 100, i soldi che entrano è “love”, il “nuovo menù” un carico appena arrivato. La base sta tra piazza Prealpi e Quarto Oggiaro. Da qui gli affari prendono il volo.
La banda di Baldo è però solo uno dei nodi che tengono assieme la grande rete dei narcos a Milano per come emerge dalle ultime inchieste della Guardia di finanza di Pavia e di Milano. Gli arresti spesso non svelano tutto. Tra le pieghe delle centinaia di informative emergono protagonisti che arrestati non sono e spesso nemmeno indagati, ma che risultano tra i nodi essenziali della rete. Dunque, non una sola organizzazione, ma un gioco di vasi comunicanti, dove tutti conoscono tutti e dove affari e rapporti si fanno liquidi, veloci, invisibili. A far da garante nascosto la ‘ndrangheta da cui tutto parte e tutto torna. Baldo e i suoi cavallini, ad esempio, per un po’ di tempo i pacchi all’ingrosso li hanno acquistati dai calabresi di Platì che di cognome fanno Barbaro (Antonio e Rocco, padre e figlio oggi sotto processo) e pur non avendo diretta discendenza con le ‘ndrine dell’Aspromonte hanno contatti stretti con diversi esponenti della cosca oggi ancora liberi tra Milano e il piccolo comune di Casorate, primo affacciato sul confine geografico di Pavia. E anche chi non pare interessato al traffico, risulta comunque ben informato, come il vecchio boss Francesco Molluso (non indagato), coinvolto in passato con la banda mafiosa dei fratelli Papalia, che con i Barbaro è parente e con i quali organizza summit “per rafforzare le intese” nella zona del quartiere di Baggio. Il vecchio Molluso risulta in contatto con Vincenzo Portolesi, riferimento piemontese dei clan di Platì e il cui fratello Paolo, attivo nel settore del trasporto terra, recentemente è stato arrestato dalla Dia di Milano per reati fiscali. Portolesi con i suoi camion ha lavorato anche nei nuovi cantieri delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina.
Ma Barbaro-Molluso sono solo un secondo nodo, non il vertice che in questa storia, strano a dirsi, non esiste. E così i pacchi che arrivano a Baldo, i Barbaro li acquistano da chi oggi a Milano vive da invisibile e mantiene stretti contatti con i fornitori sudamericani. Salvatore Raimondo Mollica (seguito ma non indagato dalla Finanza), classe ‘81, pressoché incensurato, figlio del narcos Pasquale Mollica detto menzupani, vive oggi con moglie ecuadoregna oltre il quartiere degli Olmi e via Mosca in una bella residenza nascosta dietro a una strada a fondo chiuso. I Mollica e il giovane delfino sono collegati alla cosca Morabito di Africo. Il giovane narcos parla poco al telefono, anche se risulta intestatario di diverse utenze occulte, alcune anche estere. Lui è un altro snodo della rete decisamente importante. In contatto con i Barbaro, Mollica viaggia spesso nella zona di Como dove ha rapporti con la famiglia calabrese Marti legati a loro “da un rapporto di parentela particolarmente venerato”. Mollica può garantire droga di alta qualità. In macchina uno dei Barbaro conferma: “Sapete cosa mi hanno detto, portatemi solo questa, questa spacca”. Gli accordi tra Barbaro e Mollica vengono presi spesso ai tavolini dello Spritzz cafè lungo la Vigevanese all’altezza del comune di Trezzano sul Naviglio.
Nel frattempo per strada lo spaccio va alla grande. Esse e il Nero sono sempre sul pezzo. Il Nero riferisce al vice di Baldo: “Uè fra ho sentito Polly, ha detto tutto ok, più tardi monta lui. Ieri poi ho visto che Number ne ha fatta una intera, tre settimane”. Esse già sa: “Io pensavo che iniziava con una, quindi ha fatto due e mezzo lui, tre Polly, pensavo di più, però va bene”. Periodicamente, poi, vicerè e cavallini vanno a rapporto da Baldo Scordamaglia. Summit di droga camuffati da pranzi tra Senago e Cesate. Ed è qui che la rete di narcocity aggancia un altro nodo. Il gruppo di Esse e del Nero acquista all’ingrosso non solo dai Barbaro ma anche dai broker della cosca Moscato che sta nella profonda Brianza di Desio. Candeloro Polimeni (non indagato), già arrestato per mafia nell’inchiesta Infinito, è oggi il referente dei Moscato a loro volta “accoscati” con gli Iamonte di Melito Porto Salvo. E del comune calabrese è anche Santo Crea, ennesimo nodo e garante per conto dei Moscato nella vendita dei pacchi alla banda di Scordamaglia. Tutto si decide davanti a un caffè del bar l’Imperfetto nel comune di Cesate. Qui Esse e Baldo con Crea e Polimeni definiscono i contorni dell’affare. La droga sarà data in conto vendita. Spiega Scordamaglia al suo vice: “Abbiamo dato metà capito, questi ci fanno il favore, no lo verso tutto, un po’ alla volta, quindi è ancora da pagare metà”.
Si diceva vasi comunicanti con tutti che sulla piazza di Milano conoscono tutti. Santo Crea, già in contatto con il narcos montenegrino Milutin Tiedorovic, si accompagna spesso con un anziano signore al secolo Antonino Chirico, uno che oggi fa la security presso il centro commerciale Metropolis tra Quarto Oggiaro e Bollate, ma che in passato è stato l’uomo di fiducia del boss della Comasina Giuseppe Flachi, morto di malattia il 22 gennaio scorso. E così Crea ci porta all’ennesimo nodo di questa enorme narco-rete: Davide Flachi, figlio del boss, 14 anni di galera per mafia, è di nuovo dentro da poche settimane. La rottura di un nodo è però una scossa carsica, quasi impercettibile. La rete non ne risente. E anzi rilancia esibendo sulla scena la figura di Emiliano Trovato (non indagato) figlio del superboss Franco Coco Trovato già alleato negli anni Ottanta con Pepè Flachi, protagonista di incontri a Lecco con Santo Crea e Antonino Chirico.
Dal centro alla periferia, la rete è ovunque e si alimenta di continuo. E così, dopo la morte di don Pepè e l’ennesimo arresto di Davidino Flachi, oggi in Comasina il comando è passato a Marchino, al secolo Marco Gallarati (non indagato), narcos di spessore già in contatto con le cosche calabresi di Vibo Valentia. Se ne parla al ristorante l’Antica Ricetta di viale Jenner durante il compleanno di Davide V. Presente anche Luigi Aquilano vicino alla cosca Mancuso. “Alle cena c’erano anche quelli di Bruzzano-Comasina, laggiù oggi chi comanda è Marchino”, a sua volta vicino a un altro narcos di spessore come Francesco Orazio Desiderato, broker anche lui legato ai Mancuso di Vibo Valentia. La rete, dunque, copre tutta la città, spesso invisibile non vuole capibastone ma tessitori di rapporti. Qui non vince uno solo, ma tutti. La rete oggi rimodula i ruoli. Non è mafia, non è associazione. Sono affari. Tanti e trasversali.