“Stavamo uscendo da due anni di difficoltà a causa della pandemia e adesso ci è arrivata addosso la mannaia dei costi energetici. La bolletta del gas è aumentata anche del 1000% mentre quella dell’elettricità del 400%: stiamo di fatto lavorando in perdita”. Egidio Paoletti non nasconde la preoccupazione per le condizioni di salute delle lavanderie industriali, settore che rappresenta in qualità di presidente di Assosistema. In media l’incidenza dei costi delle bollette di gas ed elettricità sui ricavi è passata dal 6% del 2019 al 26%. Una vera mazzata per un comparto che, seppure non energivoro, consuma comunque grosse quantità di energia. Ma che, soprattutto, è di vitale importanza per diversi altri settori. Le lavanderie infatti non forniscono servizi solo ad alberghi e ristoranti, ma anche alla sanità: biancheria degli ospedali, camici di medici e infermieri, kit per le sale operatorie.

Tutte prestazioni che, per l’impennata dei prezzi dell’energia, rischiano di saltare. Ma se le aziende che lavorano per il settore turistico possono ritoccare i listini, compensando almeno in parte i maggiori costi, quelle che lavorano per la sanità, pubblica e privata, non possono farlo. I contratti, infatti, sono bloccati. “È un grossissimo problema” spiega Paoletti, “in molti casi nei contratti che abbiamo siglato al termine di una gara di appalto non è previsto alcun adeguamento. Adesso che i costi energetici sono esplosi, le aziende si trovano nell’impasse di non poter sospendere l’attività e ricorrere alla cassa integrazione: si rischia una denuncia penale per interruzione di pubblico servizio”.

Finora, il governo aveva fatto poco per un settore che consente di vestire 800mila operatori sanitari e di allestire oltre 200mila posti letto. Siccome le lavanderie non erano considerate imprese energivore, dovevano accontentarsi del credito di imposta sui maggiori costi energetici sopportati (25% gas, 15% energia elettrica). Ora però il Dl Aiuti 3 prevede un’equiparazione alle energivore e quindi un incremento della soglia per il credito di imposta. Un aiuto certo, ma non risolutivo. L’unico intervento mirato per il comparto è stato fatto a luglio dall’Anac, l’autorità anticorruzione, che con la delibera 369 ha stabilito un incremento dei corrispettivi.

Peccato che i nuovi tariffari, che prevedono un aumento del 12%, valgano soltanto per i contratti futuri o per quei pochi che contemplano già una clausola di revisione dei prezzi. “Ci troviamo tra l’incudine e il martello” prosegue il presidente di Assosistema, “quanto potranno resistere le imprese a lavorare in perdita senza vedersi riconosciuti gli aumenti? Forse un mese. La mia paura è che sarà un disastro: se le lavanderie industriali non sono più in grado di garantire il servizio si blocca la sanità”. Al momento, la Lit, una grande azienda che lavora per la Città della salute di Torino, sta consegnando solo un terzo degli ordini. I costi, infatti, sono troppo alti mentre non solo il Piemonte, ma quasi tutte le regioni, non hanno le risorse per concedere gli aumenti richiesti dalle aziende.

Si trova in questa situazione anche Servizi Italia, una delle imprese più grandi del settore. “Il 90-95% del nostro portafoglio clienti è rappresentato dalla sanità pubblica, il resto da quella privata” spiega il direttore generale Andrea Gozzi. Il problema poi non sono solo i contratti a prezzi fissi, ma anche quelli che consentono un adeguamento. In questi casi, i compensi vengono ritoccati sulla base del Foi calcolato dall’Istat, l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.

“Non è un parametro di adeguamento dei corrispettivi che rispecchia le dinamiche dei costi industriali: ha a che fare solo con i consumi ordinari dei cittadini. Per i costi industriali servono parametri diversi” sottolinea Gozzi. La delibera dell’Anac potrebbe essere utile, dal momento che prevede una rivalutazione del 12% tenendo conto delle caratteristiche delle attività di impresa. “Il problema è che la delibera non è cogente e che molte regioni non hanno i fondi per applicare gli aumenti” aggiunge il dg di Servizi Italia. Certo, le prime lavanderie ad arrancare sono quelle di piccole dimensioni. Ma nemmeno Servizi Italia è indenne. “Finora ci siamo difesi con contrati di fornitura a lungo termine, ma ormai siamo a fine anno: i contratti scadranno e ci ritroveremo anche noi in questa situazione” prosegue Gozzi.

“In questo momento la nostra spesa energetica è quasi triplicata a causa dei rincari registrati per quella parte di forniture a prezzi variabili. Nel momento in cui scadranno i contratti a prezzi fissi, arriveremo a un incidenza sui ricavi del 25% per una sola voce di costo contro il 4% del 2019: per noi sarà insostenibile”. Siccome poi il servizio offerto dalle lavanderie a ospedali e case di cura è essenziale al loro funzionamento, gli imprenditori non possono sospendere l’attività. “Noi continuiamo a lavorare e vediamo i costi che esplodono mentre i ricavi sono fermi: non può durare a lungo una situazione di questo genere” aggiunge Gozzi.

“Al momento beneficiamo soltanto del credito di imposta e in alcuni casi abbiamo ottenuto qualche adeguamento dei corrispettivi utilizzando il parametro Foi dell’Istat nei contratti che lo prevedono. Ma è assolutamente insufficiente. Abbiamo le spalle robuste, ma se le cose continuano così andremo fortemente in difficoltà e anche noi e dovremo prendere decisioni drastiche”. Ma i rincari energetici toccano anche le lavanderie che lavorano per il settore turistico e che hanno qualche margine per agire sui prezzi. “Siamo passati da una bolletta del gas da 18mila euro al mese durante il periodo estivo dell’anno scorso ai 38mila di maggio di quest’anno, per arrivare infine agli 80mila di luglio. Ad agosto prevediamo di sfondare quota 100mila” spiega un imprenditore che preferisce rimanere anonimo.

“Per l’energia elettrica le bollette sono passate da 8-9mila euro al mese a 30mila: solo le utenze assorbono così quasi il 50% dei nostri ricavi”. E i problemi rischiano di aggravarsi nei prossimi mesi. Durante l’estate, infatti, le lavanderie che servono ristoranti e alberghi hanno potuto contare sul buon andamento del turismo. Con l’avvicinarsi dell’inverno, però, il giro di affari diminuirà. Il timore è che un calo dei consumi, esacerbato dall’inflazione, possa contagiare anche le lavanderie industriali.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Mps, Ita Airways, Tim, Ilva. Ecco i dossier industriali che il prossimo governo dovrà affrontare sin dal primo giorno

next
Articolo Successivo

Caro energia: bella la libera concorrenza, ma c’è un ma

next