Quello di Maximilian Davis è un lusso misurato ma anche un po' timido, proprio come lui, che esce a prendersi gli applausi del pubblico ma poi subito scappa nel backstage. Se l'è cavata invece decisamente meglio Rhuigi Villasenor, che ha reso omaggio alla tradizione di Bally, dando una spolverata di glamour allo storico brand svizzero rimasto a lungo fuori dai radar del grande pubblico, appannaggio di un'élite di amanti del tailoring più esclusivo
Buona la prima per Maximilian Davis e Rhuigi Villasenor. Sabato 24 settembre è stato il giorno dei debutti alla Milano Fashion Week: quello di Ferragamo, con il nuovo corso sotto la direzione creativa del 25enne britannico di origini giamaicane, e quello di Bally, alla sua prima sfilata sulle passerelle milanesi. Due brand con una lunga storia e una forte tradizione artigianale alle spalle, che hanno deciso di affidarsi alla creatività di questi giovani (Villasenor è appena trentenne) per proiettarsi nel futuro facendo tesoro del proprio heritage. E così, ecco che il primo passo per Ferragamo è stato rinnovare il proprio logo: non più l’iconica firma in corsivo del suo fondatore, Salvatore, ma solo il cognome, tutto in stampatello, con un font tutto maiuscolo, essenziale e d’impatto. Sicuramente meno originale, ma certamente in linea con l’estetica dei brand più in voga al momento tra le nuove generazioni (si pensi a Balenciaga o Givenchy, solo per citarne un paio). E poi il focus sul colore simbolo della maison fiorentina, il rosso, ora in nuovo Pantone, e sugli accessori che ne hanno fatto la fortuna, scarpe e borse. Perché è con la consapevolezza del passato che Maximilian Davis ha inaugurato il nuovo corso della casa di moda fondata oltre un secolo prima della sua nascita: da che è arrivato a Palazzo Ferroni, nel marzo scorso, il giovane stilista si è chiuso negli archivi, facendo un grande lavoro di studio ed interiorizzazione di quelli che sono i canoni e gli stilemi del mondo Ferragamo. E il risultato è stato una collezione Donna e Uomo Primavera/Estate 2023 decisamente essenziale, dalle line pulite e l’allure sofisticata, che sfila tra le colonne dell’ex Seminario Arcivescovile di Milano in Corso Venezia, luogo che diventerà presto il nuovo punto di riferimento firmato Ferragamo nel capoluogo lombardo, con l’hotel Portrait Milano. Per l’occasione è stato trasformato in una scatola rossa, sfondo ideale per queste creazioni minimaliste anche nell’uso del colore: c’è appunto tanto rosso, poi il nero, il bianco e il beige, spezzati da pennellate di arancione e blu.
“Ho voluto rendere omaggio all’inizio del percorso di Salvatore portando al centro della scena la cultura di Hollywood, della nuova Hollywood – ha spiegato lo stilista -. La sua sensualità e la sua semplicità, i suoi tramonti e le sue albe. Ho esaminato l’archivio e ho scelto ciò che poteva essere ridefinito per diventare rilevante nel presente”. E così ecco che i capi si impreziosiscono di cristalli, a ricordare lo scintillio delle scarpe rosse che Salvatore Ferragamo creò nel 1959 per Marilyn Monroe; e gli abiti si completano con una sorta di cappuccio che evoca i foulard che le dive degli anni ’30 portavano legato in testa. Poi ancora la seta, tessuto simbolo della maison fiorentina, le trasparenze dell’organza, lavorata con la tecnica del drappeggio fiorentino, e la pelle, per dei minishorts che si fanno interscambiabili per lui e per lei. Il minimalismo dei look si bilancia con le maxi-borse, soprattutto la Wanda Bag, creata nel 1988 in onore della moglie di Salvatore e qui reinterpretata in nuove proporzioni. È un lusso misurato ma anche un po’ timido, proprio come Davis, che esce a prendersi gli applausi del pubblico ma poi subito scappa nel backstage. Dove subito lo ha raggiunto Naomi Campbell, che non ha esitato a lasciare il suo posto in prima fila per correre ad abbracciarlo e fargli i complimenti.
Se l’è cavata invece decisamente meglio Rhuigi Villasenor, che ha reso omaggio alla tradizione di Bally, dando una spolverata di glamour allo storico brand svizzero rimasto a lungo fuori dai radar del grande pubblico, appannaggio di un’élite di amanti del tailoring più esclusivo. Il nuovo corso è stato sancito con una maestosa sfilata alla Fabbrica del Vapore di Milano: l’atmosfera nebbiosa metropolitana ricreata all’interno, con i rombi di motore in sottofondo nell’attesa del via, si integrava perfettamente con la giungla cittadina all’esterno, dove il traffico era realissimo e più che mai congestionato dalla prima pioggia d’autunno. In front row, ad applaudire il giovane stilista filippino, c’erano Mahmood, Emily Ratajkowski, Ghali e Ariana Grande, a cui starebbero benissimo molti dei look visti in passerella. Questa prima collezione Primavera/Estate 2023 di Bally si caratterizza infatti per l’attenzione assoluta nei materiali, in primis le pelli, tratto distintivo del marchio, e poi il denim e la maglieria. Il risultato è un mix elegante, sensuale e riuscitissimo di ricercatezza e comodità, con pajamas e vestaglie che si intervallavano armoniosamente con power-jacket dorate e magnifici capi in tubetti di paillettes luminescenti. E poi ancora, i total look denim perfetti per la vita quotidiana cittadina, i maxi-coat animalier e i long dress neri con taglio sartoriale. E i richiami alle tradizioni svizzere dell’orologeria e della produzione di giocattoli appaiono sotto forma di catene e girocolli, fibbie e accessori per borse.
“Nella moda come nella nostra vita quotidiana, la bellezza è sempre legata a un luogo e a un’identità: idee e gesti che possiamo comprendere e con cui possiamo entrare in contatto a livello personale”, ha spiegato lo stilista. “Quando ho scoperto l’universo Bally, è stato chiaro fin da subito che la mia energia e il mio punto di vista sarebbero stati il catalizzatore di una rinascita, vent’anni dall’ultima sfilata Bally. Ricercando l’armonia tra l’artigianato svizzero e l’arte di vivere europea con la mia storia americana, ho chiamato questa collezione ECDYSIS (metamorfosi, ndr), un reset e una celebrazione del lusso radicale”. L’imprinting stilistico di Rhuigi Villasenor è evidente: nato a Manila quindi si è trasferito a Los Angeles per iniziare la sua carriera nel mondo della moda: a trent’anni è già Ceo e direttore creativo del suo marchio personale, Rhude, dal 2015, con cui già sfila sulle passerelle parigine. Dalla madre sarta e dal padre architetto ha preso la sua passione per il design e la comprensione della costruzione dei capi; mentre in California ha assorbito tutto il potere ammaliante dell’alta società: c’è tanto lusso nelle sue creazioni, una genuina opulenza che rievoca i roboanti anni ’80 senza mai scadere nell’eccesso della volgarità. Villasenor cammina sul filo riuscendo sempre a mantenere il suo stile in perfetto equilibrio, tra richiami hollywoodiani e attitudine sportiva. La mobilitazione di forze, da parte del brand è evidente e decisamente premiata dal risultato.