Per quanto concerne le politiche industriali sono quattro le patate bollenti che il prossimo esecutivo si troverà a dover maneggiare sin dai primi minuti a palazzo Chigi. Ita Airways, banca Mps, Ilva e Telecom Italia. A cui si aggiunge lo spettro di una serie di default a catena tra i piccoli e medi operatori energetici colpiti dalla crisi del gas. Il primo dossier è quello della mini compagnia aerea, al 100% del Tesoro, per cui si stanno definendo i dettagli della vendita. Il governo Draghi ha deciso di procedere con la cordata composta dal vettore statunitense Delta e del fondo Usa Certares. L’offerta è stata preferita a quella della cordata concorrente di cui facevano parte Lufthansa e il gruppo di trasporti navali Msc. Tuttavia la vendita di Ita è tutt’altro che un capitolo chiuso.
In campagna elettorale Giorgia Meloni ha in più occasioni espresso la sua contrarietà alla cessione (di cui il Tesoro manterrebbe comunque una quota significativa), rimarcando come la decisione dovrebbe essere presa dal prossimo governo. Il problema è che nel frattempo la compagnia continua a perdere, circa 2 milioni di euro al giorno. In estate i dati di traffico sono migliorati ma meno rispetto al resto del mercato. Da sola Ita non vola con le sue ali e la ricerca di un partner pare una scelta obbligata. A meno che il nuovo governo non voglia davvero tentare l’ennesimo e improbabile rilancio, con costi elevati ed alti rischi. Alitalia prima ed Ita Airways dopo sono già costate alle casse pubbliche oltre 13 miliardi di euro.
Il gruppo bancario Monte dei Paschi di Siena intanto continua la sua lotta per la sopravvivenza. La scorsa settimana l’assemblea dei soci ha dato il via libera a un nuovo aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro, quasi 10 volte l’attuale valore in borsa della banca (il Tesoro, che controlla ancora il 64%, dovrà versare circa 1,6 miliardi). I soldi serviranno innanzitutto per finanziare il piano di riduzione dell’organico che prevede 4mila uscite e quindi, in prospettiva, ridurre i costi della banca. Subito prima dell’assemblea Maurizio Leo, responsabile economico di Fratelli d’Italia, aveva detto: “È un momento difficile ed è meglio aspettare il nuovo governo”. In queste settimane il leader della Lega Matteo Salvini ha più volte prospettato l’intenzione di fare di Mps “il perno di un terzo polo bancario concentrato sulle Pmi”. Secondo Salvini Mps è in grado di reggersi sulle sue gambe e può dar vita ad una serie di aggregazioni. I mercati non sono così ottimisti visto che da inizio anno il titolo ha perso il 67% a fronte di cali tra il 7 e il 19% dei principali concorrenti italiani.
La partita della ricapitalizzazione è solo alle battute iniziali. Dalle prime indicazioni non pare che ci sia una corsa degli investitori a partecipare. L’amministratore delegato Luigi Lovaglio deve trovare 900 milioni di euro di capitali privati e permettere così al Tesoro, che può intervenire solo a condizioni di mercato, di sottoscrivere la sua quota senza violare la normativa sugli aiuti di Stato. Operazione tutt’altro che semplice in una fase di mercato complicata e dominata dall’incertezza. Incontri informali sono già in corso mentre il road show vero e proprio partirà dopo il lancio dell’aumento fissato per il prossimo 10 ottobre. La banca sta lavorando al prospetto informativo, in cui dovrà dettagliare un quadro preciso di tutti i rischi che l’investimento comporta. Tra i punti critici che Mps dovrà evidenziare nel prospetto figurano quelli legali, ossia 3,7 miliardi di richieste danni per le informazioni date al mercato negli scorsi anni. In cambio dell’assunzione di un rischio non il piano di Mps promette 700 milioni di utili prima delle tasse nel 2024.
In questi giorni Telecom Italia ha aggiornato nuovi minimi storici in borsa dove un’azione si scambia a 0,18 euro. Il governo di Draghi ha discusso per mesi l’ipotesi di una fusione tra la rete a banda ultralarga di Telecom con quella di Open Fiber. Open Fiber è controllata al 60% da Cassa depositi e prestiti, braccio finanziario del ministero del Tesoro, che attende il nuovo governo per fare la sua mossa sulla rete. Giorgia Meloni non è contraria alla creazione di una struttura unica ma FdI ha anche messo a punto un piano che prevede che Cdp si ricompri tutta Telecom Italia per poi rivendere la divisione di telefonia per abbattere il debito, ripagare l’operazione e mantenere il controllo della rete. Bisogna, naturalmente, fare i conti anche con i desideri degli altri azionisti. In primis i francesi di Vivendi che possiedono il 23,9% di Tim e valutano questa partecipazione almeno 31 miliardi di euro.
L’ex Ilva di Taranto continua la sua lenta agonia. La produzione è la metà dei livelli potenziali, 3mila persone sono in cassa integrazione. L’acciaieria (al 30 giugno) doveva pagare ad Eni (controllata al 30% dal Tesoro) bollette energetiche per 258 milioni di euro. In arretrato sono anche 100 milioni di euro di pagamenti ai fornitori dell’indotto che ora minacciano il blocco. Gli impianti rimangono sotto sequestro con facoltà d’uso. Una volta che questa situazione si sbloccherà Invitalia, società del ministero dell’Economia, dovrebbe rilevare un’altra quota di Acciaierie d’Italia da ArcelorMittal, salendo al 60% e controllando così la società. Il decreto Aiuti bis ha stanziato 1 miliardo di euro per sostenere le casse di Acciaierie d’Italia, il Dl Aiuti ter un altro miliardo per la de carbonizzazione. Rischiano di non essere gli ultimi.
L’Ilva, impresa energivora per eccellenza, soffre il balzo dei costi energetici. Ma in seria difficoltà sono anche un centinaio di piccoli operatori (tra i 5mila e i 50mila clienti) che non producono direttamente ma acquistano gas ed energia e poi rivendono ai clienti. I grossisti hanno stretto sulle condizioni di vendita e in molti si trovano sforniti di gas. In Germania il governo ha deciso di nazionalizzare il colosso Uniper, di proprietà della finlandese Fortum, strozzato dalla riduzione delle forniture russe. Per assicurare il rispetto dei contratti Uniper è stata costretta a reperire il gas mancante sui mercati pagando prezzi altissimi senza poterli traslare sui clienti che hanno tariffe bloccate per un determinato periodo di tempo.