Il Carroccio comincia a cigolare dopo il tracollo alle Politiche. E nella Regione che chiede a gran voce l'autonomia si comincia a nominare "l'imputato", cioè il segretario federale: "Questa disfatta si chiama Matteo Salvini" dice l'eurodeputato Da Re, "Ha imposto i suoi nomi" aggiunge l'assessore regionale Marcato
Per la Lega comincia la resa dei conti. In Veneto, per esempio, a muoversi non sono più soltanto gli eretici che negli ultimi mesi non avevano risparmiato frecciate e critiche alla segreteria di Matteo Salvini. Si aggiunge qualche assessore regionale, anche se finché non si muoverà Luca Zaia, non si può dire che sia guerra aperta. Per il momento il governatore si limita a dire, commentando i dati con l’agenzia Ansa, che “è innegabile che il risultato ottenuto dalla Lega sia assolutamente deludente, e non ci possiamo omologare a questo trovando semplici giustificazioni. È un momento delicato per la Lega ed è fondamentale capire fino in fondo quali aspetti hanno portato l’elettore a scegliere diversamente”. Però aveva promesso che i conti li avrebbe fatti dopo le votazioni, considerando anche che il direttorio veneto non è stato consultato al momento di scegliere le candidature, mal digerite dalla base. Visti i risultati di una Lega che è più che dimezzata rispetto a Fratelli d’Italia, prima o poi dovrà dire qualcosa di significativo. “Temi come l’autonomia restano per noi un caposaldo, sul quale non transigeremo minimamente nei rapporti con il prossimo Governo”. Avverte Zaia: “E’ doveroso che siano ascoltate le posizioni, anche le più critiche, espresse dai nostri militanti. L’obiettivo dovrà essere un chiarimento per non lasciare nulla di inesplorato. Per quanto mi riguarda esporrò la mia analisi nella riunione ufficiale del consiglio federale che si terrà nelle prossime ore”.
In attesa di quel momento, esce allo scoperto Gianantonio Da Re, trevigiano, già segretario regionale ed ora eurodeputato. “Questa disfatta ha un nome e cognome, si chiama Matteo Salvini”. E spiega: “Dal Papeete in poi ha sbagliato tutto, ha nominato nelle segreterie delle persone che hanno solo ed esclusivamente salvaguardato il proprio sedere. Quindi si dimetta, passi la mano a Massimiliano Fedriga e fissi in anticipo i congressi per la ricostruzione del partito”. Ciò che Da Re dice è interessante. Innanzitutto perché chiede i congressi che la base leghista ormai attende da anni, il secondo è che delegittima Salvini, ma non propone Zaia, quale rimane defilato.
A giugno quando la Lega aveva perso malamente sia a Padova e a Verona, Roberto Marcato, assessore regionale, non aveva risparmiato critiche alla gestione delle elezioni comunali, non tanto per la sconfitta dei candidati, quanto per il modesto risultato della Lega, sorpassata in una quindicina di comuni da Fratelli d’Italia. Il 25 settembre è un disastro. “Stiamo parlando di un tracollo vero e proprio – dice – Un tracollo di consensi che così repentino non si era mai visto: Fratelli d’Italia ci raddoppia e ci sorpassa persino il Partito Democratico. Da forza ubiquitaria siamo ora la terza forza in Veneto”. Si sente tradito dalla dirigenza leghista, più che dagli elettori veneti. “E’ un dato drammatico. Io ho il cuore a pezzi e sono arrabbiato. Ho il cuore a pezzi perché il mio partito ha avuto questo risultato e perché avevo detto quali erano i rischi, lo avevo detto da anni e da mesi, ma sono rimasto assolutamente inascoltato. Si sarebbe potuto ottenere un risultato significativamente diverso o quantomeno in grado di rallentare questo tracollo: si poteva fare e non è stato fatto”. Marcato chiede un congresso regionale entro un mese”.
È un attacco diretto a Salvini: “Una analisi profonda va fatta a livello federale perché due anni fa il partito Lega ha fatto in Veneto un terzo del partito Lista Zaia. io allora sono riuscito comunque nell’impresa titanica di essere il più votato tra i partiti in tutto il Veneto. Io rappresento quella Lega. Altri, che hanno preso delle decisioni, ora si devono assumere la responsabilità di ciò che hanno stabilito”. La decisione più grave? “Non aver condiviso con il territorio i candidati per le politiche, ma averli imposti fra Milano e Padova”. Il riferimento è a Matteo Salvini, segretario federale, e all’ex sindaco padovano Massimo Bitonci.
Anche Alberto Villanova, capogruppo della Lega in consiglio regionale, si mette su questa linea, che sconfessa la deriva nazionalista di Salvini: “Siamo nati come un partito di territorio e dobbiamo tornare ad essere un partito che rappresenta questo territorio. I congressi adesso debbono essere rapidissimi, serve una linea politica forte che interpreti i militanti del territorio e metta al centro dell’attenzione il nostro Veneto”.
Di solito parco di parole, scende in campo anche l’assessore regionale Gianpaolo Bottacin. “L’esito è drammatico. Siccome siamo il partito dei commissari nominati dall’alto, il commissario rappresenta l’uomo solo al comando e come tale ha tanto potere, ma anche tanta responsabilità. Se uno decide tutto da solo, se le cose van bene è tutto merito suo, se vanno male è tutta colpa sua”. Fuori dai denti: “Vanno cambiati quantomeno i commissari regionali, immediatamente, con un congresso regionale, per il Veneto questo va fatto entro un mese”. Il terrore è quello “di consegnare la regione infiocchettata a FdI: non esiste più un partito del Nord, come eravamo noi, perché se l’elettore vota indifferentemente noi o FdI vuol dire che non ci riconosce più come partito del Nord. Ma noi siamo autonomisti, loro no”. Vuoi vedere che la Lega ha perso le elezioni, anche se il centrodestra ha vinto, e che Luca Zaia (con i veneti) rischia di perdere l’autonomia?