Di solito, accade che, in barba alle deprecate ingerenze, che sono tali solo se le fanno gli altri, durante la campagna elettorale e fino alla vigilia del voto, i nostri partner internazionali, l’Ue, la Nato, cioè gli Usa, preoccupati a prescindere dal cambiamento, segnalano i rischi del populismo, degli euroscettici e magari pure dai putiniani al governo.

Poi, quando s’è votato, tutti si convertono, almeno nel breve termine, alla real politik dell’omaggio al nuovo potente nel rispetto della volontà popolare (e nell’attesa di vederne le prime mosse, se davvero il lupo è brutto come lo si dipinge). E scrosciano le dichiarazioni di disponibilità a lavorare con il nuovo governo, fermo restando che l’ultimo era il migliore che ci sia mai stato. L’Ue, poi, si era portata avanti, per trarsi fuori da potenziali sabbie mobili: ha già sbloccato, alla vigilia del voto, una bella tranche dei soldi dovutici in funzione del Pnrr, sempre che noi facciamo le cose pattuite. Così non ci deve pensare per qualche mese e può aspettare di vedere dove l’Italia di Meloni uscita dalle urne va a parare.

Questa volta non sarà sostanzialmente diverso. Ma l’attenzione dei media internazionali e la titolazione quasi concorde di media autorevoli e non succubi di visioni altrui mostrano che il voto in Italia è percepito come una svolta e probabilmente capito meglio di quello indecifrabile del 2018, perché, allora, indecifrabile era il Movimento 5 Stelle. Il Washington Post scrive: “L’Italia s’appresta ad avere il primo governo di estrema destra dai tempi di Mussolini… I risultati rendono molto probabile che Giorgia Meloni diventerà la prima donna premier in Italia… Il suo partito, Fratelli d’Italia, avrà più seggi che ogni altro partito in un contesto frammentato”. Il New York Times: “La vittoria del partito di estrema destra di Giorgia Meloni la proietta premier, la prima donna in Italia e la prima con radici post-fasciste… Ci vorranno settimane perché il nuovo Parlamento s’installi e il nuovo governo di formi”.

Analisi più articolate, che si possono leggere su Politico.eu e su molte altre testate. Ma qualche volta le sortite degli amici sono più rivelatorie di quelle degli analisti, per di più tendenzialmente ostili. Così, se la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen aveva sbagliato toni e tempi dell’ultima sortita anti-coalizione di destra, il ‘chicchirichì’ d’esultanza pro-Meloni del partito di Marine Le Pen stride: “Gli italiani hanno dato una lezione di umiltà all’Unione europea che, per voce della signora Von Der Leyen, ha preteso di imporre il voto. Nessuna minaccia di alcun tipo può fermare la democrazia: i popoli europei alzano la testa e prendono in mano il loro destino!”.

E l’Ansa testimonia che “Esultano in Ungheria, Polonia, Svezia e nella Francia di Marine Le Pen. A Bruxelles regna il silenzio”. Washington deve ancora svegliarsi, Mosca prende tempo, la Cina ha già capito tutto: “l’Europa teme ‘una reazione a catena’”, scrive, senza conoscere i risultati definitivi, l’edizione inglese del Quotidiano del Popolo, voce del Partito comunista cinese: la gestione delle crisi in atto interconnesse, dall’Ucraina all’energia, “gonfiano i suffragi dei partiti di destra” e di quanti fanno balenare soluzioni semplici a problemi complessi.

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