Moda e Stile

Milano Fashion Week, Giorgio Armani e la perfezione dell’oro: “Mi trovo ad affrontare uno scontro violento con visioni di moda diverse dalla mia”

Gli alchimisti credevano che l'intero Universo tendesse verso uno stato di perfezione, e l'oro, per la sua intrinseca natura di incorruttibilità, era considerato la sostanza che più si avvicinava alla perfezione: Giorgio Armani, da grande alchimista della moda quale è, ha scelto proprio l’oro, in una tonalità gentile, sottile, per i capi che secondo lui meglio incarnano quell’ideale assoluto di eleganza, femminilità e bellezza che da tutta la vita persegue

di Ilaria Mauri

“Per una donna, impiegare del tempo per truccarsi, vestirsi, insomma per quello che si dice ‘mettersi in ordine’ non vuol dire sprecare tempo. E più ci si dedica meno tempo si impiega a compiere tutte le operazioni. Talvolta basta un orecchino, un filo di rossetto, per fare la differenza. Le donne vestite bene e con eleganza hanno la consapevolezza di essere un buon messaggio nel mondo, quando vogliono”. A 88 anni, Giorgio Armani è più innamorato che mai del suo lavoro, della moda e delle donne. Così innamorato e dedito a quello che fa da non esitare nemmeno a mettersi in discussione. “Mi dicono di fare quello che mi piace ma se quello che piace a me non piace agli altri o è fuorimoda, allora non va bene. Per questo ogni volta devo stare ben attento a valutare quello che succede intorno a me e calibrare ciò che è di mio gusto e ciò che è coerente con la mia storia”, confida lo stilista ai giornalisti. E lo dice dopo aver fatto sfilare una delle sue collezioni più emozionanti e appassionate, culminata sul finale con nove look dorati di una bellezza pura, liquida, evanescente.

La ricerca della coerenza è sempre stata il suo mantra, ma da quando qualche critico l’ha bollata come ripetitività, ecco che per “Re” Giorgio è diventata una sfida. Essere tutto sé stesso e, al contempo, superare sé stesso. Cosa che ha fatto magistralmente con questa collezione Giorgio Armani Primavera/Estate 2023, in cui ha fatto sintesi di tutto il suo percorso creativo iniettandovi nuova linfa, tanto che quel “fil rouge” che ha srotolato negli anni ora è così prezioso da esser diventato un filo d’oro. E “Fil d’Or” è proprio il nome di questa nuova collezione, che sancisce l’ingresso dell’oro nella palette armaniana. Gli alchimisti credevano che l’intero Universo tendesse verso uno stato di perfezione, e l’oro, per la sua intrinseca natura di incorruttibilità, era considerato la sostanza che più si avvicinava alla perfezione: Giorgio Armani, da grande alchimista della moda quale è, ha scelto proprio l’oro, in una tonalità gentile, sottile, per i capi che secondo lui meglio incarnano quell’ideale assoluto di eleganza, femminilità e bellezza che da tutta la vita persegue.

Ho cercato di spingere il pedale verso un’estetica molto rassicurante, perché – come già gli antichi greci – sono convinto che ad una bellezza esteriore possa corrispondere anche una bellezza interiore”, spiega lo stilista. “Non mi è difficile continuare il mio discorso, anche se mi trovo a operare con altre visioni di moda molto diverse dalla mia – riflette Giorgio Armani, tirando le somme del processo che ha portato a questa collezione -. È uno scontro violento che devo affrontare collezione dopo collezione. Devo stare attento a quello che succede intorno a me anche se a volte non mi piace e devo anche difendere la mia visione: non è semplice…Questa – prosegue – è una collezione ispirata a un modo di essere, proiettato ad altri mondi che si declinano con il mio mondo. Ci sono gonne e pantaloni che ho disegnato 25-30 anni fa ma sono perfetti oggi, pantaloni che sembrano gonne e gonne che sembrano pantaloni”.

Proprio questa fluidità, amplificata dai bagliori emanati dai capi tempestati di lustrini e riecheggiata nell’ispirazione orientaleggiante che scandisce le forme, trasmette un profondo senso di spiritualità femminile. Il sentore d’Oriente e di mondi lontani è suggellato anche dalle sculture d’orate a forma di bambù (le stesse che usò già nel 2015 per l’allora collezione Privé, quando si suol dire sostenibilità, ndr) che attraversano la passerella del teatrino di via Borgonuovo, e dalla musica in sottofondo, che richiama i suoi di una giungla onirica. Guai, però, a bollarla come etnica: i sentori esotici sono contestualizzati negli iconici stilemi armaniani, legati a quel filo (d’orato) che fa da trait d’union con le precedenti creazioni dello stilista. Ci sono le silhouette liquide, allungate, evanescenti come miraggi desertici: spolverini leggeri, giacche fluide, pantaloni sarouel, gonne impalpabili e abiti intessuti di luce. I tessuti sono leggerissimi, i colori prendono vita dal greige iniziale per accendersi nel blu Cina e nel viola d’India, fino a confluire nell’unum dell’oro. Motivi mandala catturano il senso di un’interiorità leggera, proprio come le canne di bambù che ondeggiano in passerella. La donna “gentile” di Armani calza sandali piattissimi e rifugge i tacchi vertiginosi: serve dolcezza, non violenza, per scivolare sulla vita.

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