L’esito chiaro emerso dalle urne è un bene per un futuro governo subito chiamato ad affrontare dossier nazionali e internazionali importanti. Ma alcuni tempi non sono comprimibili e molti dei passaggi sono obbligati. Entro il ventesimo giorno dal voto, dice la Carta costituzionale, le Camere dei nuovi eletti dovranno essere riunite. La data utile è quella del 13 ottobre prossimo, a Parlamento ridotto dalla riforma che ha portato a 600 i parlamentari: 400 deputati più 200 senatori oltre ai 6 a vita. Il primo atto di Montecitorio e Palazzo Madama sarà l’elezione dei presidenti delle rispettive Aule. Le due cariche preludono a un accordo di governo in quanto espressione di un’accordo di maggioranza.
A questo punto tocca al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che darà il via alle consultazioni con la convocazione dei leader di partiti e coalizioni, dei capigruppo e gli ex presidenti delle Aule parlamentari al Quirinale. Le consultazioni servono al Capo dello Stato a valutare gli orientamenti in campo per poi poter affidare al presidente del Consiglio incaricato la missione di formare il governo. A quel punto, con tutta probabilità, inizierà l’avventura di Giorgia Meloni come nuovo premier.
Il Colle rimarrà in attesa di una lista di ministri da parte del presidente del Consiglio incaricato, che vista la netta maggioranza ottenuta alle urne dalla coalizione di centrodestra non dovrebbe tardare, salvo complicazioni tra alleati. Il Capo dello Stato dovrà approvare la formazione di ministri che, a questo punto, verrà convocata per il giuramento al Quirinale che determina il vero e proprio insediamento del nuovo esecutivo. Se le consultazioni del Colle e i colloqui del premier incaricato beneficeranno dell’esito chiaro delle urne, a questo punto potremmo essere arrivati al 19 di ottobre. Ma non basta. Entro dieci giorni premier e ministri dovranno ottenere il voto di fiducia da parte di entrambe le Camere. Solo a questo punto si può parlare di governo perché con la fiducia del Parlamento si vede attribuire i pieni poteri.
Questo perché l’esito del voto è chiaro e il centrodestra ha un ampio margine garantito dal premio di maggioranza previsto dalla legge elettorale. Altre volte abbiamo visto il Colle assegnare incarichi con riserva, quelli conferiti a chi dove sondare attraverso consultazioni la possibilità di mettere insieme una maggioranza capace di esprimere un governo. Oppure è stato necessario dare ai presidenti di Camera e Senato un “incarico esplorativo” perché sondassero e riferissero al Colle i percorsi percorribili. La volta scorsa, nel 2018, ci vollero tre mesi per avere un nuovo governo. Ma in questo caso, proprio per l’indicazione netta uscita dalle urne, i tempi potrebbero essere in linea con la media nazionale, che supera di poco il mese dal giorno del voto. Come nel 2001, quando l’allora centrodestra guidato da Silvio Berlusconi ottenne la vittoria il 13 maggio e vide giurare il nuovo governo già l’11 giugno. Un bene per chi è chiamato a governare, viste le scadenze nazionali e internazionali che lo attendono.
Una delle prime incombenze è la manovra, la legge che dà l’indirizzo all’azione del governo. Mentre a dare il via libera all’aggiornamento del Documento di economia e finanza (Def) sarà ancora il Consiglio dei ministri presieduto da Mario Draghi. Che seguirà fino all’ultimo tutte le riforme necessarie a incassare i fondi del Pnrr, con. il 50% dei target in scadenza a fine anno da portare a casa entro la fine di ottobre, così che resti il tempo, tra novembre e dicembre, per centrare gli altri 26 traguardi in scadenza da verificare poi con la Commissione europea. Lo stesso Draghi ha già chiesto ai suoi ministri di preparare tutto il necessario per un passaggio di consegne ordinato, che faciliti il nuovo governo di fronte alle scadenze ravvicinate che lo attendono. Tra i primi punti dell’agenda c’è appunto la legge di bilancio, che va approvata entro fine anno con presentazione alle Camere prevista già entro il 20 ottobre.
Sul fronte internazionale il primo grande impegno del nuovo premier potrebbe essere il G20 di metà novembre, a Bali in Indonesia, dove insieme agli alleati europei e della Nato si ragionerà dell’approccio alla guerra tra Russia e Ucraina. L’altro nodo è l’emergenza energetica che l’Unione europea potrebbe cominciare a sciogliere nel prossimo consiglio straordinario del 30 settembre, arrivando a una risposta comune.
Impegno che ovviamente vedrà l’Italia ancora impegnata a definire nuovi aiuti e sgravi fiscali che probabilmente saranno all’ordine del giorno nelle prime riunioni del Cdm, che dovrà decidere se procedere a un nuovo scostamento di bilancio su cui però Fratelli d’Italia è sempre stata assai cauta, a differenza degli alleati di centrodestra. Tra i dossier economici che passeranno sui tavoli del nuovo presidente del Consiglio e del prossimo ministro dell’Economia ci sono Mps e, soprattutto, Ita Airways. Arriverà dopo le elezioni, e con ogni probabilità se ne occuperà il nuovo premier, anche la nomina del nuovo amministratore delegato della Fondazione Milano-Cortina 2026.