Gli stoccaggi tedeschi di gas hanno raggiunto un buon livello di riempimento, intorno al 90%, ma, come ribadito oggi dall'Ocse, depositi pieni non danno all'Europa la certezza di superare l'inverno in tranquillità. Si allontana l'ipotesi di adottare un tetto europeo al prezzo del petrolio russo
Gli Emirati Arabi Uniti e la Germania hanno firmato ad Abu Dhabi, un accordo che prevede la fornitura nel 2022 e 2023 di gas liquefatto e diesel. Secondo l’agenzia di stampa ufficiale degli Emirati, Wam, l’accordo prevede l’esportazione di una spedizione di gas naturale liquefatto (Gnl) in Germania alla fine del 2022, quindi la fornitura di quantitativi aggiuntivi nel 2023. La Wam fa riferimento anche a una consegna diretta di gasolio fatta a settembre riporta un accordo per fornire fino a 250mila tonnellate al mese di gasolio per il 2023. L’accordo è stato siglato ieri nell’ambito della visita del cancelliere tedesco Olaf Scholz in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar. La Germania deve fronteggiare il forte calo dei flussi di gas provenienti dalla Russia. Al momento il gasdotto Nord Stream 1 che unisce le coste russe a quelle tedesche e ha una capacità di 50 miliardi di metri cubi l’anno lavora a circa il 20% delle sue capacità per volontà di Mosca. Il governo è stato costretto a nazionalizzare il colosso Uniper (controllato dalla finlandese Fortum) e sta lavorando ad altri interventi a sostegno del settore degli operatori energetici. Privati del gas russo, per onorare i contratti di fornitura con la clientela, sono costretti a reperirlo sul mercato dove i prezzi sono altissimi bruciando liquidità. Gli stoccaggi hanno raggiunto un buon livello di riempimento, intorno al 90%, ma, come ribadito oggi dall’Ocse, depositi pieni non danno all’Europa la certezza di superare l’inverno in tranquillità.
Intanto, mentre sembra allontanarsi l’ipotesi di adottare un tetto europeo al prezzo del petrolio russo, l’Ue prova a trovare una quadra sul piano per la riduzione dei consumi che sarà all’esame del Consiglio europeo venerdì prossimo. Rispetto alle prime versioni la nuova bozza appare più morbida con limiti meno stringenti sulle ore di punta da scegliere per il taglio obbligatorio dei consumi di elettricità e sul calcolo del contributo di solidarietà per le società energetiche. I governi chiedono di coprire “almeno il 7% delle ore di punta” sull’intero periodo dicembre-marzo rispetto al 10% delle ore mensili previsto dalla Commissione.
Nella bozza gli extra-profitti delle compagnie fossili sono invece calcolati sulla base degli utili di 4 anni a partire dal 2018, contro il periodo 2019-2021 proposto da Bruxelles. Nella bozza compilata dalla presidenza ceca agli Stati membri vengono date due modalità per l’individuazione delle ore di punta in cui tagliare i consumi. Nella prima si prevede che “ogni Stato membro individua le ore di picco dei prezzi corrispondenti complessivamente ad almeno il 10% di tutte le ore del periodo compreso tra il 1° dicembre 2022 e il 31 marzo 2023” e non più, quindi, su base mensile come era previsto nella proposta di regolamento della Commissione. La bozza prevede che “gli Stati membri possono decidere di puntare su una percentuale di ore di punta diversa da quella di cui al paragrafo 1, purché sia coperto almeno il 7% delle ore di punta” e purché la riduzione dei consumi sia almeno invariata.
Il tetto ai ricavi dell’elettricità per la tassa sugli extra-profitti alle compagnie che producono energia da fonti non fossili resta quello di 180 euro a megawattora ma alla Commissione, nella bozza, si chiede di provvedere “a delle linee guide” per l’applicazione del regolamento. Uno dei punti più discussi nelle ultime riunioni dei 27 sulla proposta di regolamento era quello delle distribuzione dei finanziamenti originati dalla tassa sugli extra-profitti e dal contributo di solidarietà chiesto alle compagnie oil&gas: diversi Paesi hanno infatti posto il problemi dei diversi costi che, tra i membri Ue, ha la crisi energetica.