Galvanizzato dalla vittoria di Giorgia Meloni in Italia, con la quale ha dichiarato di “non veder l’ora di collaborare”, il primo ministro ungherese Viktor Orban sente la fronda euroscettica o critica nei confronti di Bruxelles allargarsi e coglie l’occasione per compiere un nuovo passo in avanti nel tentativo di cancellare le sanzioni contro la Russia, un piano che coltiva senza nascondersi fin dall’inizio del conflitto in Ucraina. In un discorso in Parlamento, il leader di Fidesz ha così annunciato l’intenzione di lanciare “consultazioni nazionali” per accertare l’opinione degli ungheresi su questo tema: “Le sanzioni contro la Russia sono state introdotte in maniera antidemocratica perché è stata una decisione dei burocrati di Bruxelles per la quale stanno pagando i cittadini europei”, ha detto Orban aggiungendo che “dobbiamo conoscere l’opinione della gente” e “per la prima volta in Europa in Ungheria chiederemo il parere sulle sanzioni. Se le sanzioni imposte alla Russia verranno revocate, l’economia europea sarà in grado di ritrovare la sua forza”.
Almeno per quanto riguarda le responsabilità sulla decisione di imporre sanzioni europee a Mosca, le parole di Orban attribuiscono ai “burocrati di Bruxelles” ogni responsabilità: in realtà, si tratta di una decisione del Consiglio europeo all’unanimità. Consiglio del quale fa parte anche l’Ungheria e nel quale siede anche il premier magiaro. Che però, fin dall’inizio dell’offensiva ordinata da Vladimir Putin nel Paese di Volodymyr Zelensky, si è adoperato per evitarle o, almeno, limitarne gli effetti. Già all’inizio di maggio, il premier, insieme ad altri capi di Stato e di governo dell’est, aveva dato inizio a un braccio di ferro con Bruxelles sulle sanzioni al petrolio russo, dal quale, insieme al gas, Budapest è fortemente dipendente. Una battaglia, questa, andata avanti per tutto il mese. Poi, il 1 giugno, mentre si decidevano gli ultimi punti di quello che allora era il nuovo pacchetto di sanzioni a Mosca, proprio l’Ungheria ha messo il veto sull’inserimento del Patriarca Kirill nella blacklist europea dei personaggi legati al presidente Putin. Una strategia, quella del premier ungherese, che ha lo scopo non tanto di lasciare aperto un canale con Mosca, quanto quella di rivendicare il proprio impegno nella salvaguardia dell’interesse nazionale, suo cavallo di battaglia, in un momento di crisi di consensi a causa dell’inflazione alle stelle e manifestazioni di piazza.
Oggi il premier di Budapest torna a fare pressione sull’Europa: le sanzioni “imposte da Bruxelles” alla Russia sono “la vera causa dei problemi economici dell’Europa – ha continuato – Il motivo dei guai economici è la risposta di Bruxelles alla crisi in Ucraina. A causa delle sanzioni i prezzi dell’energia sono aumentati più volte. L’aumento dei prezzi dell’energia ha causato un aumento dell’inflazione in tutti i Paesi. Questi terribili ‘prezzi dell’energia’ non sono il risultato di processi economici. Le sanzioni hanno causato inequivocabilmente un enorme aumento dei prezzi dell’energia. Pertanto non è l’economia, ma la politica, ovvero le decisioni di Bruxelles, ad essere responsabile del aumento dei prezzi dell’energia”. Da febbraio, dice, la Russia ha “beneficiato degli alti prezzi dell’energia” e le sanzioni hanno avuto l’effetto opposto: “Gli europei sono diventati più poveri e la Russia è più ricca. Se le sanzioni imposte alla Russia verranno revocate, l’economia europea sarà in grado di ritrovare la sua forza”.
In questa battaglia Orban spera di aver trovato un nuovo alleato nel centrodestra italiano. Tanto che dopo i risultati del voto “ha inviato lettere” a Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi in cui “si congratula con loro per i risultati elettorali”: “Attendo con ansia la nostra futura collaborazione per preservare la pace nei nostri Paesi e in Europa, per far ripartire l’economia europea e per alleviare la crisi energetica”. “Non c’è da stupirsi – ha poi affermato – che in alcuni Stati membri il popolo arrabbiato stia cambiando i governi che sostenevano le sanzioni”, ha detto salutando con un “Avanti ragazzi!” il risultato delle elezioni in Italia. “La Russia ha guadagnato 158 miliardi di entrate, metà delle quali, 85 miliardi, è stata pagata dai Paesi dell’Ue”, ha concluso riferendosi agli introiti da combustibili fossili registrati dalla federazione dall’inizio dell’invasione in Ucraina.