La tensione sul nodo del limite ai prezzi del gas si fa sempre più alta. A Bruxelles proseguono serrati i negoziati sulla proposta ufficiale – reclamata ormai da più di metà dei governi europei – per introdurre un price cap. Il primo disegno informale (non paper) della Commissione europea è atteso dalle capitali Ue per mercoledì, in tempo utile per la riunione straordinaria dei ministri dell’Energia di venerdì. E nelle ultime ore anche la Francia si è aggiunta al coro a favore dell’iniziativa del tetto voluta dall’Italia, dando la forza necessaria per convergere verso una soluzione capace di mettere tutti d’accordo.
Ne è testimonianza una nuova lettera firmata inizialmente un gruppo di 13 Stati membri, guidati appunto dall’Italia, e indirizzata alla commissaria per l’Energia Kadri Simson, pronta da lunedì e tenuta ferma in attesa di nuove adesioni. E la firma di Parigi non è stata l’unica ad aggiungersi: dopo diverse ore di trattative anche la Bulgaria ha espresso il suo sostegno, portando a 15 le capitali che chiedono alla Commissione europea di agire. Un’azione che comincerà a concretizzarsi mercoledì, quando – dopo il consueto collegio dei commissari – l’esecutivo comunitario distribuirà agli ambasciatori dei Ventisette un documento informale (non paper) su diverse opzioni di politica dei prezzi del gas, tra le quali una che non spiace a Palazzo Berlaymont è quella di concordare un tetto con i singoli fornitori ritenuti affidabili.
Il dossier planerà poi venerdì sul tavolo dei ministri, chiamati nel frattempo a licenziare in via definitiva lo scudo Ue contro il caro prezzi con gli annunciati tagli dei consumi di elettricità, il tetto ai ricavi inframarginali delle compagnie energetiche e il contributo di solidarietà a carico delle oil&gas. Il documento vedrà poi un nuovo passaggio al collegio dei commissari – riunito a Strasburgo – il 4 ottobre, quando Bruxelles adotterà anche il Piano d’Azione contro la crisi energetica. Il costo del gas naturale resta “il problema più grave di tutti” e “il price cap è l’unica misura che aiuterà tutti i Paesi a mitigare la pressione inflazionistica”, scandiscono Italia, Francia, Spagna, Polonia, Grecia, Belgio, Malta, Lituania, Lettonia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia, Croazia, Romania e Bulgaria, specificando che “il tetto dovrebbe essere applicato a tutte le importazioni” e “non limitato” a quelle “da giurisdizioni specifiche”. Ovvero, dalla Russia.
Quel tipo di price cap – proposto in prima battuta dalla presidente Ursula von der Leyen – rappresenterebbe di fatto una nuova sanzione a Mosca (campo su cui serve un’unanimità difficile da raggiungere) e rischierebbe, con le importazioni del metano russo ridotte ormai sotto il 10%, di rivelarsi inutile per portare giù i prezzi sul mercato. Per adottare il provvedimento serve una doppia maggioranza (maggioranza qualificata): almeno 15 Stati membri che rappresentino il 65% della popolazione. E con l’arrivo della Francia il risultato potrebbe essere alla portata. All’appello ora mancano, su tutti, Germania e Paesi Bassi. L’obiettivo è portarle a bordo il prima possibile per finalizzare il testo con procedura scritta nei giorni che seguiranno il 4 ottobre. Nell’auspicio, magari, di un accordo politico al vertice informale dei leader Ue di Praga il 7 ottobre.