di Alessio Andreoli

Se il risultato elettorale può considerarsi un elogio alla democrazia, al contempo rappresenta il fallimento della politica. La democrazia ha permesso ad un partito che fino a 4 anni fa aveva meno del 5% di diventare la guida per un governo che vorrei poter definire nuovo, ma considerando le candidature e gli eletti a cominciare proprio dalla Meloni, tutto è tranne che nuovo. Non sappiamo ancora i nomi dei ministri e sottosegretari, ma come in un minestrone le verdure le conosciamo ed in superficie sono tutte ben visibili. L’unica cosa davvero inedita è, al momento in cui scrivo la probabile ascesa alla PdC di una donna. Il fallimento della politica è evidente, palese ed incontrovertibile.

Diversi, almeno 4 a mio parere gli elementi che ne sanciscono il dissesto e la bancarotta.

1) I numerosi governi cosiddetti “tecnici”, tutti realizzati per evitare il fallimento dello Stato, ma noi cittadini proprio stupidi non siamo e ci siamo chiesti chi ci stava portando alla bancarotta e qualche risposta l’abbiamo trovata nel vedere sempre le stesse facce da più di 30 anni (e che continueremo a vedere ancora).

2) Le ammucchiate di partiti che fino a due minuti prima di formare assieme un governo si insultavano pesantemente dichiarando che assolutamente mai si sarebbero prestati ad un qualsivoglia inciucio. Ammucchiate realizzate in nome del bene del paese, passate come indispensabile sacrificio estremo meritevole del più grande rispetto e riconoscimento quando in realtà, probabilmente più che al bene del paese si pensava alla propria pancia. Noi cittadini sappiamo bene che un incarico nel governo apre tante porte che troppo spesso diventano una via per realizzare interessi personali o di partito a scapito della comunità, gli esempi non mancano e la cronaca ne è piena.

3) L’andamento in crescita dell’astensionismo è il simbolo della delusione e della totale mancanza, da parte dei partiti di proporre una visione del paese convincente, di indicare le strategie ed i piani per realizzare concretamente quanto proposto. L’astensionismo è anche una maniera per rifiutare un modo di fare politica che si ferma a colpire e screditare i singoli attraverso continue e pesanti offese personali, un modo di fare politica dove i leader fanno i “piacioni” come se noi elettori fossimo mezzi deficienti. Un modo per rifiutare la presenza in parlamento di personaggi molto ambigui non certamente scelti da noi nel fare la croce sul simbolo ma imposti dai partiti a volte addirittura a nostra insaputa. Un modo per rifiutare di passare per imbecilli quando ci promettono cose che tutti sappiamo irrealizzabili.

4) L’evidente travaso dei voti tra partiti che si pongono più o meno nella stessa area. È palese l’insoddisfazione quando gli elettori passano da un partito all’altro in cerca di persone serie, autorevoli, coscienziose, oneste e responsabili.

Per concludere, ho letto tra i blog del Fatto Quotidiano l’articolo “Finalmente ci siamo liberati di questa campagna elettorale!” di Giovanna Cosenza, cose assolutamente condivisibili, spero e mi auguro vivamente che Giovanna in futuro (temo ancora molto lontano visti i risultati delle elezioni) possa scrivere un altro articolo dal titoloFinalmente ci siamo liberati di questa indegna classe politica!”.

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