Testato su 11.914 adulti, il modello rivela che ictus, malattie del fegato e dei polmoni, vizio del fumo e cattive condizioni di salute mentali rappresentavano i maggiori indicatori dell’invecchiamento
Sentirsi soli e infelici potrebbe avere un grave impatto sull’invecchiamento, superiore addirittura a quello associato al vizio del fumo. A valutare gli effetti dello stato psicosociale sulla salute uno studio pubblicato sulla rivista Aging-US e condotto dagli scienziati di Insilico Medicine, della Stanford University e di Deep Longevity, un centro di ricerca il cui obiettivo è quello di individuare nuove strategie di approccio per rallentare i processi di invecchiamento.
Il gruppo di ricerca, guidato da Manuel Faria, Alex Zhavoronkov e Deepankar Nayak, ha esaminato i dati relativi all’impatto sulla salute della sensazione di solitudine, di infelicità e del sonno irrequieto. Scopo dell’indagine era quello di elaborare un modello per valutare i fattori che regolano i processi responsabili dell’invecchiamento. Quando il danno molecolare si accumula, spiegano gli esperti, le persone corrono un rischio maggiore di sviluppare fragilità e malattie gravi legate all’avanzare dell’età cellulare. In alcuni individui, questi processi molecolari risultano più rapidi e accentuati, il che provoca quello che viene definito un invecchiamento accelerato. L’aumento del ritmo del decadimento, però, può essere influenzato in modo da rallentarne gli effetti negativi. Gli studiosi hanno confrontato le informazioni sulla salute psicosociale e su fattori comportamentali, per stabilire quali elementi giocassero un ruolo più importante.
Testato su 11.914 adulti, il modello rivela che ictus, malattie del fegato e dei polmoni, vizio del fumo e cattive condizioni di salute mentali rappresentavano i maggiori indicatori dell’invecchiamento. L’analisi ha mostrato inoltre che la componente psicologica risultava un predittore più efficace rispetto agli aspetti comportamentali. In sintesi, chi soffriva di depressione o solitudine sembrava invecchiare in modo più veloce rispetto ai fumatori. “Questo lavoro – commenta Manuel Faria della Stanford University – evidenzia come lo stato psicosociale di una persona possa influenzarne le condizioni di salute. Il problema è che questa componente spesso non viene considerata in materia di assistenza sanitaria”.