Squadra che vince non si cambia“. Lo ha ripetuto poco dopo mezzogiorno, in via Bellerio, Matteo Salvini. Il volto tirato, i segni sul viso di chi ha dormito poco e male. Nella notte, incassato l’8 e qualcosa per cento, se n’era andato dal quartier generale della Lega senza dire una parola. Ma in conferenza stampa ha tirato fuori la frase che ribadisce almeno da fine maggio. E cioè: Attilio Fontana è il nostro candidato, il centrodestra unito lo sostenga. Ma dopo il tonfo del Carroccio alle elezioni, la partita per le Regionali si è riaperta. A livello nazionale Fratelli d’Italia ha stra vinto, col 26% dei consensi; in Lombardia il partito di Giorgia Meloni (dati del Senato) ha ottenuto il 27,6%, doppiando la Lega, che si è fermata al 13,8%. L’equilibrio politico tra i due alleati si è completamente ribaltato. E allora anche chi aveva mal digerito l’annuncio dell’attuale presidente di volersi ricandidare – pure all’interno della stessa Lega – farà valere i rapporti di forza mutati. E, come se non bastasse, in campo resta la vicepresidente Letizia Moratti.

IL CANDIDATO “INDIGESTO” – “Il centrodestra è sopra il 50% (in Lombardia, ndr). In ottica Regionali, squadra che vince non si cambia”. A dispetto delle parole di Salvini, già da oggi cominceranno le trattative, non scontate, per sciogliere i nodi sul candidato, o la candidata, che la prossima primavera correrà per Forza Italia, Lega e FdI. Il primo punto che fa notare chi siede a Palazzo Lombardia è che, in realtà, “in ottica Regionali” c’è stato, di recente, un precedente che smentisce Salvini: in Sicilia Nello Musumeci è stato costretto a rinunciare alla rielezione – in cambio di un posto a Palazzo Madama – in favore del candidato di FI, Renato Schifani. Sul fatto che il “cavallo” Fontana fosse considerato vincente, peraltro, c’erano dubbi da parte della stessa Lega. Non è un segreto che prima del proscioglimento sul caso camici, Salvini gli avesse proposto, purché si facesse da parte, un seggio in Parlamento. Una volta archiviata la vicenda giudiziaria, il Carroccio si è trovato in un cul-de-sac, con un candidato in casa a cui non poteva più dire di no.

MANOVRE DI PALAZZO – A complicare enormemente le cose si è messa l’attuale vice di Fontana, Letizia Moratti. L’ex ministra del governo Berlusconi è intenzionata ad andare fino in fondo: poco prima delle Politiche, in prima serata, a Otto e mezzo, aveva ribadito di voler correre per il centrodestra e, in modo non casuale, aveva espresso il proprio apprezzamento nei confronti di Giorgia Meloni, definendola “persona preparata, perbene e coerente”. Tra le varie ipotesi che si fanno, c’è quella che vede Fratelli d’Italia a sostegno della ex sindaca di Milano. In questo modo Meloni potrebbe far digerire alla Lega la candidata di “spessore istituzionale”, non legata ai partiti, e al contempo ottenere la candidatura per le Regionali nel Lazio. Un’ipotesi senz’altro “forte”, che contribuirebbe a rafforzare Fratelli d’Italia e a indebolire gli alleati.

Ma Fratelli d’Italia, con una strategia meno rischiosa per la tenuta della coalizione, potrebbe sfruttare il nome di Moratti, al tavolo delle trattative, per sostituire Fontana con un leghista maggiormente gradito in Lombardia (o maggiormente sgradito a Roma, tra i banchi del futuro governo). Il nome che si fa è quello di Giancarlo Giorgetti. Meno di due settimane fa, intervistato dal Corriere della Sera, Ignazio La Russa (artefice della “sostituzione” di Riccardo De Corato alla Sicurezza col proprio fratello, Romano), ha dichiarato che “in Sicilia la regola di confermare l’uscente non è stata confermata. Moratti è una risorsa, se dice che vuole correre, non possiamo fare finta di niente”.

IL PIANO B – E se il centrodestra, alla fine, mollerà Moratti per un candidato leghista (Fontana o non Fontana), non è detto che la ex presidente della Rai sparisca, senza battere ciglio. Prima della caduta del governo guidato da Mario Draghi, al Pirellone Moratti stava lavorando alla creazione di un proprio gruppo. In quei mesi il primo endorsement ufficiale, pubblico, fu di Carlo Calenda: “È un’ottima candidata”. Mariastella Gelmini gli fece eco: “La apprezzo moltissimo, ho la massima stima per lei”. Contestualmente, a livello regionale Azione uscì dai tavoli tematici organizzati dalle opposizioni (Pd e M5s in testa) per trovare un terreno comune in vista delle elezioni del 2023. E allora ecco che il partito di Calenda potrebbe diventare il primo azionista della vicepresidente e assessora al Welfare. La lista con Italia viva di Matteo Renzi, in Lombardia, ha superato la doppia cifra: 10,15%. Un discreto bottino da cui partire, in ottica Regionali, per giocare il ruolo del terzo incomodo.

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