C’è la prima candidatura alla successione di Enrico Letta. È l’ex ministra dei Trasporti Paola De Micheli, che ha deciso di correre per la segreteria del Partito Democratico. Piacentina, 49 anni, nel 2019 era stata vice-segretaria dem dopo aver appoggiato la mozione Zingaretti. Vicina allo stesso Letta, De Micheli ha confermato a Repubblica.it la sua partecipazione spiegando di voler “puntare sui militanti, troppo spesso dimenticati, quando non umiliati”. Durante il congresso, ha aggiunto, la “domanda chiave” dovrà essere “chi siamo” e quindi il momento della decisione sulla successione “non può diventare una scelta di figurine o un concorso di bellezza”. Quindi ha precisato: “Neanche possiamo stare a discutere di Conte sì o Conte no, perché un partito non in salute non guarisce con le alleanze. Mi aiuteranno figure che stanno sul territorio, abituate a parlare con la gente”.
In Parlamento dal 2008, la deputata piacentina – fresca di rielezione – è anche stata due volte sottosegretaria: alla Presidenza del Consiglio con delega alla ricostruzione post-sisma dell’Emilia e all’Economia. Tra coloro che hanno già lasciato trapelare interesse alla candidatura c’è anche il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, da tempo coordinatore dei sindaci del Pd, ma non ha ancora ufficializzato la sua partecipazione alla corsa per la segretaria. Tra gli altri nomi circolati in questi giorni anche quello di Stefano Bonaccini, oltre ad Antonio Decaro e a Elly Schlein, che non è tesserata dal 2016 – quando lasciò i dem dopo l’approvazione del Jobs Act – ma rientra nel profilo di quella “nuova generazione” di cui Letta ha parlato annunciando il suo passo di lato e l’apertura della fase congressuale.
Le procedure per la scelta del prossimo segretario si apriranno dopo l’avvio della legislatura e verranno celebrate “in tempi rapidi”, come ha detto il leader uscente. Prima, tra i passaggi più delicati, ci sono l’elezione dei capigruppo e le nomine istituzionali ovvero vicepresidenti delle Camere e questori. Come gestire il tutto con un congresso alle porte e un segretario che ha già chiarito che non si ricandiderà? Negli ambienti parlamentari Pd vengono individuate due strade possibili. La prima prevede di ridiscutere tutto l’intero pacchetto, presidenti dei gruppi compresi. La seconda è quella della ‘transizione’: in attesa del congresso e quindi degli equilibri che ne deriveranno, verrebbero intanto confermate le attuali capogruppo Simona Malpezzi e Debora Serracchiani.
Si tratta di cariche ‘a termine’ e, se necessario, possono essere eletti dei nuovi presidenti dei gruppi. Per quanto riguarda le nomine istituzionali invece sono ‘permanenti’, restano tali per tutta la legislatura: servirà quindi un accordo interno ai dem su chi indicare. I big non mancano, dagli ex-ministri in giù, e anche new entry di ‘spicco’ come proprio Schlein o le stesse capigruppo, se dovessero essere eletti nuovi presidenti dei gruppi. Dopodiché andrà fatto un confronto che tutte le altre forze politiche, a partire da quelle di opposizione ovvero M5S e Azione-Italia Viva. I 4 vicepresidenti di Camera e Senato si eleggono a ‘pacchetto’ con l’accordo di maggioranza e opposizione. “Uno dei primi punti da capire – è il ragionamento di un parlamentare dem – è quale sarà l’atteggiamento di Letta. Interverrà o invece, da segretario uscente, farà un passo di lato?”. Intanto il prossimo appuntamento per il Pd sarà la prossima settimana quando, con ogni probabilità, verrà convocata la prima Direzione dopo il voto.