I pm avevano pure indagato ipotizzando un omicidio con sospetti su un avvelenamento con sostanze radioattive, ma una consulenza aveva chiarito che la giovane donna era morta per una malattia rara
A tre anni dalla richiesta di archiviazione da parte della procura di Milano, si chiude il caso della morte di Imane Fadil, modella e teste nella vicenda Ruby, deceduta il primo marzo 2019 dopo più di un mese di ricovero e una lunga agonia per una rara forma di aplasia midollare. Il giudice per le indagini preliminari di Milano ha disposto, come chiesto dai pm, l’archiviazione per 12 medici dell’Humanitas di Rozzano (Milano) che erano stati iscritti per omicidio colposo in nuove indagini ordinate dal giudice. E ha escluso loro responsabilità.
Il decreto è stato depositato a fine giugno, ma lo si è saputo oggi. I pm avevano pure indagato ipotizzando un omicidio con sospetti su un avvelenamento con sostanze radioattive. Nell’ottobre 2021 i pubblici ministeri avevano chiesto di archiviare le posizioni dei camici bianchi, iscritti per omicidio colposo, come atto dovuto a garanzia per gli accertamenti. Una richiesta arrivata dopo che una nuova consulenza medico legale disposta dagli inquirenti, su ordine del gip Alessandra Cecchelli che aveva di fatto riaperto le indagini, aveva escluso loro responsabilità penali. Non c’è prova, avevano chiarito i consulenti, che “una gestione clinica differente della vicenda avrebbe senza dubbio scongiurato il verificarsi del decesso”.
I pm hanno scritto che “le integrazioni istruttorie” non hanno consentito di “pervenire a valutazioni in ordine alla responsabilità penale di alcuno” dei medici delle equipe di Medicina generale e Terapia intensiva che presero in cura Fadil. Sulla stessa linea il gip che ha disposto l’archiviazione. Si trattava della seconda richiesta di archiviazione presentata dall’aggiunto Tiziana Siciliano e dal pm Luca Gaglio dopo quella per il primo fascicolo in cui si contestava l’omicidio volontario a carico di ignoti. Istanza che il gip aveva respinto ordinando nuove analisi sull’operato dei medici, dopo che i familiari della modella marocchina, rappresentati dai legali Mirko Mazzali e Nicola Quatrano, si erano opposti. Opposizione che non c’è stata, invece, sulla seconda richiesta.
Per mesi inizialmente sulla morte di Fadil si era indagato ipotizzando un omicidio, perché le prime analisi avevano fatto emergere sospetti su sostanze radioattive. Il caso si era risolto con una super consulenza: a causare il decesso era stata una malattia rara.