La famiglia di Mahsa Amini, la ragazza picchiata a morte dalla polizia morale iraniana perché indossava male il velo, ha presentato una denuncia contro gli “autori del suo arresto”. A riportarlo è l’agenzia Isna, mentre nel Paese da due settimane continuano le manifestazione di protesta per l’uccisione della 22enne. “Contro le ribellioni la polizia userà tutta la sua forza“, ha dichiarato il comando di polizia iraniano, citato dall’agenzia Fars. “Gli agenti useranno tutto ciò che hanno a disposizione per contrastare le cospirazioni dei controrivoluzionari ed elementi ostili, e useranno fermezza contro chi sconvolge l’ordine pubblico e la sicurezza in qualsiasi parte del Paese”, ha concluso il comando.
Al dodicesimo giorno di lotta, dopo 3mila arresti e più di 70 persone uccise negli scontri, anche le scuole e le università ora partecipano alla protesta: gli studenti hanno cominciato a disertare le lezioni assieme molti insegnanti che puntano il dito contro il governo. Il Consiglio che coordina le associazioni culturali degli insegnanti, una delle principali organizzazioni del Paese, ha invitato gli studenti e i professori a scioperare nelle giornate di lunedì e mercoledì. Un modo per mobilitare docenti di ogni ordine e grado, che siano in carriera o in pensione, in un’unica battaglia.
IranWire riporta alcuni passaggi della dichiarazione del Consiglio: “Tante scuole sono state trasformate in basi militari per reprimere i manifestanti. Molti dei giovani arrestati sono studenti di liceo che non hanno ancora conosciuto l’università ma sono già passati per l’esperienza dell’isolamento in prigione”. L’unione dei docenti continua dicendo che le autorità non possono più ignorare le piazze piene di donne coraggiose che chiedono “diritti naturali”. E conclude: “L’apparato repressivo del governo, il cui sistema mediatico e la propaganda sono orientati a dimostrare che Mahsa Amini è morta di morte naturale, non ha paura di cadere nella contraddizione di uccidere innocenti nelle strade”.