Politica

M5s e reddito di cittadinanza, la “scoperta” di politica e giornali: i poveri votano chi li aiuta

Secondo editorialisti, politici e intellettuali di Twitter, il consenso del Movimento 5 stelle al Sud è stato ottenuto furbescamente con la promessa di non toccare l'assegno, in una sorta voto di scambio. Ma qualcuno fa notare che non c'è nulla di cui indignarsi: "Il voto di scambio è personale. Tu mi voti, io ti pago. Beneficiare un gruppo sociale che ricambia con voto è normale processo democratico", scrive l'economista della Lse Valentino Larcinese

La narrazione accomuna grandi giornali, politici e intellettuali di Twitter: il consenso del Movimento 5 stelle al Sud è drogato dal reddito di cittadinanza, ottenuto furbescamente con la promessa di non toccare l’assegno, in poche parole voto di scambio. C’è chi prova a dimostrarlo in modo zoppicante, come l’economista (!) e deputato di Iv Luigi Marattin, che posta un grafico con una presunta correlazione tra percettori di Rdc nelle singole regioni e consenso per il M5s usando i numeri assoluti, condizionati dalla popolazione (e guadagnandosi persino lo sfottò del suo ex professore). Ma anche chi, come l’editorialista del Corriere Dario Di Vico – che riprende una tabella pubblicata dal Sole 24 Ore – sottolinea più correttamente la correlazione, che esiste anche se non implica causalità, tra densità di beneficiari del reddito e percentuali del Movimento nelle urne. In tutti i casi, però, il sottotesto è che in questo legame esista qualcosa di sbagliato e di torbido, mentre non sfiora la mente dei commentatori l’idea che le fasce di elettorato più in difficoltà abbiano premiato l’introduzione di una misura che ha salvato, dice l’Istat, un milione di persone dalla povertà assoluta.

La denigrazione del consenso elettorale ottenuto da determinate fasce di popolazione grazie a vantaggi economici loro riconosciuti, peraltro, è un’assoluta novità per gli editorialisti “che contano”. Non si ricordano condanne dai grandi giornali per il 40% alle Europee del 2014 ottenuto da Matteo Renzi subito dopo aver aumentato di 80 euro le buste paga di milioni di italiani, né qualcuno trova strano il fatto che le classi più agiate votino per chi promette di non alzare loro le tasse. E a far notare l’incongruenza sono numerosi utenti social: “Si potrebbe riparametrare in modo un po’ più “elegante” considerando che M5s è percepito come il partito che si interessa di più (a prescindere dagli strumenti) della popolazione in condizioni di difficoltà economica“, è uno dei commenti al tweet di Di Vico. Più duro Paolo Gerbaudo, sociologo del King’s College di Londra: “Adesso può provare a fare lo stesso con il numero di auto di lusso e elettori di Azione. Pensi un po’, la gente vota in base a interessi economici, dove è povera vota per chi propone di aiutare i poveri”, scrive.


“Provate a mettere in relazione i dati su evasione fiscale e i voti a Lega, Forza Italia, FdI, Italia viva e Azione?”, provoca Stidolf. Valentina ironizza: “Che i poveri non abbiano votato Calenda è uno scandalo, in effetti”. Mentre Enzo fa notare che il commento di Di Vico “è utile, anzi utilissimo, a chi vuole strumentalizzare i dati e fomentare ulteriore classismo in un Paese con le disuguaglianze più alte e i salari più bassi in Ue”. A chiarire meglio la questione è però un tweet di Valentino Larcinese, professore di politiche pubbliche alla London School of Economics: “Chiariamo una cosa: il voto di scambio è personale. Tu mi voti, io ti pago. Ad esempio con un posto di lavoro (un classico). Beneficiare un gruppo sociale (con RdC, regime forfettario autonomi, abolizione Imu prima casa etc) che ricambia con voto è normale processo democratico“, spiega.