Un senatore e un deputato nei collegi uninominali, sei consiglieri regionali. Tutto senza partiti, o meglio con la sua lista civica – promossa nel frattempo a movimento nazionale – contro le coalizioni ufficiali. È questo il bottino finale di Cateno De Luca, l’ex sindaco di Messina, candidato sconfitto alla presidenza della Regione Siciliana. L’unico ad insidiare lo strapotere dell’armata di centrodestra, arrivando secondo, davanti alla candidata del Pd, Caterina Chinnici, a Nuccio Di Paola dei 5 stelle e a Gaetano Armao, aspirante governatore della lista composta da Azione e Italia viva. Una sconfitta dolceamara per l’ex sindaco di Messina. Gli ultimi sondaggi, infatti, lo davano testa a testa con Renato Schifani. E invece alla fine De Luca è arrivato staccato di 18 punti. Per questo motivo “Scateno” – come lo hanno soprannominato per le improvvise vampate verbali – da giorni pubblica post, sul suo frequentatissimo profilo facebook, parlando di “cocente sconfitta”.
C’aveva creduto De Luca, definendo “farlocchi” i primi exit poll che davano Schifani con un distacco già troppo ampio, impossibile da recuperare. Salvo poi essere costretto ad ammettere la sconfitta con amarezza: “Io ho perso. Ma non credo che i siciliani abbiano vinto”. Ritirato nella sua Fiumedinisi, il paesino sui monti tra Taormina e Messina, dove è nato e dove ha aspettato il risultato, in serata, lunedì, De Luca ha parlato al pubblico dal palco di Piazza Matrice alternando fiammate di orgoglio a improvvisa commozione: “Non so se Schifani avrà bisogno di numeri per governare ma io con lui non ci voglio avere a che fare. Perché io con mafia e politica, politica e mafia… mi fa schifo e non ci voglio avere a che fare”, dice scatenato (appunto) dal palco di Fiumedinisi. “Non si può prendere da me solo la parte che conviene, perché tutti abbiamo famiglie e tutti abbiamo figli”, continua riferendosi a chi è salito sul suo carro quando sembrava vincente e che magari oggi sta già pensando di scendere.
De Luca un attimo inveisce e poi subito dopo si lascia andare a qualche lacrima. Pure mentre ribatte a Bruno Vespa: “Mi sento mortificato, umiliato. Sono stato definito dagli analisti da salotto un Masaniello. Io sono un amministratore: s’informino questi analisti prima di parlare. I miei voti non sono di protesta, la gente riconosce che so amministrare come ho dimostrato a Messina”. “Ma chi è?” aveva in realtà chiesto Vespa al suo parterre di commentatori, mentre in sovraimpressione appariva la tabella del primo exit poll sulle Regionali siciliane, indicando De Luca come secondo in classifica. Consigliere comunale più giovane d’Italia a 18 anni, cresciuto sotto l’ala protettrice del diccì Salvatore D’Alia – padre di Giampiero, che è stato ministro nel primo governo di Enrico Letta – dei suoi 50 anni d’età, Cateno De Luca ne ha già passati 30 in politica. Nelle file della Dc c’è cresciuto per poi militare nell’Movimento per l’autonomia di Raffaele Lombardo e perfino nella Lega Nord, con la quale si presentò nel 2006 alla Camera dei deputati. Più volte consigliere regionale, è stato sindaco di Fiumedinisi, poi di Santa Teresa, infine di Messina. Dal piccolo paese natio al capoluogo di provincia ha accresciuto il consenso popolare mostrando buone capacità amministrative, tanto che alle ultime amministrative, lo scorso giugno, a votare il suo candidato – scelto pre prendere il suo posto da sindaco – non sono state solo le periferie ma anche l’alta borghesia messinese.
E’ così che De Luca ha potuto dimettersi per candidarsi alla Regione, affidando Messina al fidato Federico Basile, un commercialista quasi sconosciuto, ex consigliere di quartiere nell’Udc di D’Alia, improvvisamente incoronato sindaco grazie al consenso di “Scateno”. Un consenso che sullo Stretto è diventato via via più solido, probabilmente grazie all’efficienza di alcune scelte amministrative, come il potenziamento della raccolta differenziata. Di sicuro c”è che a Messina e provincia De Luca riesce ad arginare il fortissimo centrodestra, il centrosinistra e persino i 5 stelle, piazzando così ben due parlamentari. Ci riesce nonostante le vampate sbraitanti verso il “nemico” di turno, e molto spesso verso la magistratura, che in passato lo ha arrestato per evasione fiscale: accusa dalla quale è stato assolto in primo grado.
Alla fine sono ben 500mila i voti che Scateno è riuscito a raccogliere in questo doppio tunro elettorale. Un vero e proprio exploit, ottenuto dopo sette mesi di campagna elettorale, facendosi strada da solo tra le corazzate dei partiti. Piazza così Dafne Musolino, la sua fedelissima ex vice sindaca che non aveva mai fatto politica prima e che adesso passerà dalla giunta di Messina al Senato. Mentre alla Camera approderà Francesco Gallo, l’attuale vice sindaco, ben noto in città per il passato da segretario del Pd cittadino e da assessore alla Cultura di un altro famoso primo cittadino peloritano: Francantonio Genovese. Tra neofiti e transfughi, infatti, De Luca è riuscito a presentare ben 9 liste alle Regionali. Alla fine ha eletto 6 consiglieri, anche se in Sicilia si chiamano deputato. Tra questi c’è Giuseppe Lombardo, presidente di Sicilia Vera – il movimento fondato dall’aspirante governatore – presidente di Messina Servizi, la partecipata che sullo Stretto si occupa della raccolta dell’immondizia, il fiore all’occhiello dell’amministrazione di De Luca. Tra le file di Scateno entra all’Ars anche Ismaele La Vardera, l’ex Iena che già nel 2017 aveva tentato l’avventura politica: si era candidato – senza successo – sindaco di Palermo con Lega e Fratelli d’Italia, registrando ogni secondo della campagna elettorale e realizzando – a elezioni concluse – un film sulla campagna elettorale che aveva scatenato il panico in città.
Entra all’Ars pure Matteo Sciotto, attuale sindaco di Santa Lucia del Mela, sempre in provincia di Messina, che ha militato prima nel Pd e poi in Italia Viva, per approdare infine solo da qualche mese nelle truppe arruolate dall’ex sindaco di Messina. Ha aderito alla lista di “Scateno” solo negli ultimi mesi anche Davide Vasta, imprenditore di 41 anni, di Riposto, in provincia di Catania. Finisce all’Ars anche Salvatore Geraci, attuale sindaco di Cerda, importante centro delle Madonie. Mentre a sorpresa restano fuori l’uscente e fedelissimo Danilo Lo Giudice e l’ex sindaco di Lipari, Marco Giorgianni, cugino di Gianpiero D’Alia. Per vincere, in effetti, De Luca sperava soprattutto nel “partito parallelo”, da lui più volte menzionato in campagna elettorale per indicare che la sua vittoria era legata al dissenso interno ai partiti e al voto disgiunto che alla fine lo avrebbe premiato. E invece nessuno ha tradito. Per ora.