Tutte le volte in cui vengono rilevati casi di malattie infettive rare o emergenti, si dimostrano due cose. Da una parte che il meccanismo di identificazione e di monitoraggio del Sistema Sanitario Nazionale funziona e dall’altra quanto le malattie infettive siano un capitolo sempre più attuale, e questo per effetto di alcuni importanti fattori.

I grandi cambiamenti climatici, l’aumento demografico della popolazione mondiale, l’alterazione di alcuni ecosistemi (a causa, ad esempio, della deforestazione), l’aumento dei viaggi intercontinentali e la grande urbanizzazione di alcune aree del mondo, nonché la sempre più stretta convivenza tra animale e uomo, sono alcune delle componenti che favoriscono la comparsa di nuovi patogeni o la recrudescenza di vecchi. Non è un caso se, dagli anni Ottanta ad oggi, quasi quaranta patogeni sono stati a ‘rischio pandemico’ (dall’Hiv, prima pandemia del mondo globalizzato, all’influenza suina, dalla mucca pazza all’Aviaria, dall’Ebola alla Sars di inizio anni Duemila).

In questo caso più che in altri, l’interconnessione uomo, animale e ambiente è decisiva. Per le malattie trasmesse da vettori, infatti, è l’aumento delle temperature che ha consentito ad alcune zanzare di raggiungere zone che in passato non occupavano. E così le malattie che un tempo erano definite ‘tropicali’, perché localizzate solo attorno all’equatore, sono oggi diventate di interesse globale per effetto dell’innalzamento delle temperature e la possibilità di riuscire a raggiungere persino alcune zone della Siberia. E così febbre gialla, Chikungunya, Zika o Dengue sono diventate patologie emergenti anche in aree che un tempo non ne erano interessate.

Non a caso infatti le zoonosi, che nel 70% dei casi originano dal mondo animale, iniziano a colpire l’uomo dopo un classico salto di specie che a volte compiono proprio grazie a questi vettori biologici.

Tra quelle citate, l’attenzione di molti scienziati è da anni rivolta alla febbre Dengue: ogni anno colpisce circa cento milioni di persone e causa, secondo i dati dell’Oms, oltre ventimila vittime. La stragrande maggioranza dei casi si verificano in zone tropicali e subtropicali. Ma le cifre sono probabilmente sottostimate: in molti casi la malattia non viene identificata dai medici curanti. E le aree a rischio Dengue nel mondo sono sempre più ampie, secondo i report del CDC (Center for disease control and prevention), in virtù di una più diffusa presenza del suo vettore.

Ovviamente non è solo colpa delle zanzare, ma a contribuire alla diffusione di alcune malattie infettive ci sono anche altri vettori primari come mosche, zecche e flebotomi.

La zanzara rimane uno degli animali più pericolosi al mondo, come in molti hanno ricordato negli ultimi mesi, collegando a lei quasi ottocentomila vittime l’anno. Ma non dimentichiamo che la sua distribuzione sul pianeta e gli effetti collaterali che ne derivano sono sempre responsabilità delle azioni dell’uomo sulla natura.

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