Mondo di mezzo, ultimo atto. Diventano definitive le condanne per i due principali protagonisti dell’inchiesta su Mondo di mezzo: per Salvatore Buzzi a 12 anni e 10 mesi e per Massimo Carminati a 10 anni. I giudici della seconda sezione penale della Cassazione hanno rigettato i ricorsi presentati dalle difese dei due imputati scrivendo così l’ultimo atto del processo, a quasi otto anni di distanza dall’operazione che con due retate, il 2 dicembre 2014 e il 4 giugno 2015, ha portato all’arresto di 37 e 44 persone.
Con la sentenza dei supremi giudici, che hanno accolto le richieste della procura generale della Cassazione, sono state confermate così le condanne decise nell’Appello bis nel marzo 2021. Processo a cui si era arrivati dopo che la Suprema Corte il 22 ottobre del 2019 aveva fatto cadere per tutti gli imputati il 416 bis, l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafiosa, originariamente ipotizzata dalla procura di Roma. E’ per questo motivo che in in un primo momento i giornali avevano ribattezzato l’inchiesta con una locuzione destinata ad avere successo: Mafia capitale. E invece l’accusa di mafia non ha retto alla prima sentenza della Suprema corte. Nonostante tutto, però, adesso per Buzzi e Carminati dovrebbero riaprirsi le porte del carcere.
Nell’udienza di questa mattina il sostituto procuratore generale Lidia Giorgio ha sottolineato, come già riportato nella requisitoria scritta, il “curriculum criminale”, la “gravità della vicenda associativa accertata (‘inquinando persistentemente e pesantemente, con metodi corruttivi persuasivi, le scelte politiche e l’agire pubblico dell’ente localè, definito una ‘mucca da mungerè) e il ”ruolo apicale” ricoperto da Carminati. Per quanto riguarda invece il ricorso presentato dalla difesa di Buzzi, il sostituto procuratore generale ha evidenziato il “ruolo apicale svolto” dall’ex ras delle cooperative “unitamente al Carminati” oltre al “numero e alla gravità delle condotte accertate al pesante e grave inquinamento della cosa pubblica, nonché -tra gli indici rivelatori della peculiare modalità dell’attività delittuosa e della connessa allarmante gravità- all’assoluto disinteresse di Buzzi per i controlli pubblici, al completo ribaltamento della logica ispiratrice del mondo delle cooperative, oltre che all’appoggio di concorrenti ex art. 110 c.p. e di altro gruppo associativo caratterizzato da strategie criminali violente ed estorsive, ovvero l’associazione di corso Francia, per il recupero dei crediti”.