C’è una svolta nel giallo dell’omicidio dell’insegnante di sostegno Marcello Toscano, avvenuto martedì nel cortile della scuola media “Marino Guarano” di Melito (Napoli). La procura di Napoli Nord ha fermato un collaboratore scolastico al termine di un lungo interrogatorio in caserma. Si chiama Giuseppe Porcelli. Il pm Fabio Sozio lo accusa di omicidio, al culmine di rapide indagini con l’ausilio dei carabinieri di Melito e Mugnano. Indagini che hanno ricostruito gli spostamenti dei due uomini ed i rapporti tra la vittima e il presunto assassino, ora rinchiuso nel carcere di Poggioreale in attesa dell’udienza di convalida. E che potrebbero aver abbozzato una ipotesi di movente.
L’insegnante aveva 64 anni, trascorsi di consigliere comunale nel Pd di Mugnano, una mancata rielezione nel 2020 per pochi voti. Prima di insegnare a Melito aveva fondato una scuola privata a Mugnano, la “Happy School”. L’aveva venduta l’anno scorso. Sognava di acquistare una casa nel Cilento, tra Agnone e Montecorice, dove trascorrere gli anni della pensione. Nelle scorse settimane era stato lì, si era informato sui prezzi di qualche immobile.
Toscano insegnava in una scuola di frontiera, a Melito, frequentata dai figli e dai parenti dei criminali collegati alle cosche dei boss di un territorio che in passato è stato l’epicentro della faida degli Scissionisti, e dove tuttora comandano gli eredi del clan Amato-Pagano. Una scuola dove gli episodi di violenza e di intimidazione non erano infrequenti. Nei mesi scorsi un ragazzino di 13 anni venne ferito in aula da una coltellata di un compagno di classe e una bambina di 11 fu aggredita in bagno. Era un “omicidio annunciato”, secondo Manuela Del Frate, presidente dell’associazione “Diamoci un peso” e mamma di un’alunna della Marino Guarano: “Questa scuola abbraccia una platea di ‘confine’ e forse questa era una tragedia annunciata, prevista, perché in questi anni c’è stato un aumento della criminalità. Ascoltando qualche messaggio del gruppo di classe di mia figlia sento che i ragazzi sono preoccupati dal tornare a scuola, col pericolo che possa succedere qualcosa di grave”.
Circostanze che potrebbero aver orientato le primissime fasi delle indagini verso l’ipotesi di una ritorsione finita nel sangue per una nota o un rimprovero del professore a qualche alunno problematico. Quel sangue di cui era intrisa la scena del delitto, compiuto all’interno della scuola. Il corpo di Toscano, ferito da almeno sei coltellate delle quali una profonda all’addome, è stato ritrovato riverso e seminascosto in un’aiuola del cortile. Forse portato lì dal suo assassino. Tracce di sangue anche nell’ex casa del custode, trasformata in deposito, dove forse sono avvenute le prime fasi della colluttazione, e dove forse potrebbero esserci anche le tracce dell’accoltellatore. Sul posto si sono messi al lavoro i carabinieri del Ris.
Martedì mattina Toscano si era recato a scuola, aveva parcheggiato l’auto nei paraggi, due ore in classe, un caffè col figlio, Ciro, che lavora nello stesso istituto, poi di nuovo a lezione e la richiesta di come fare a indicare la propria posizione, quella della scuola, via Whatsapp. È avvenuta all’incirca a mezzogiorno. Un episodio che poteva far pensare a un progetto di appuntamento, poi il buio di otto ore sul cellulare, in seguito al quale i familiari hanno lanciato l’allarme e avviato le ricerche. Il Corriere della Sera ha intervistato il fratello della vittima, il chirurgo Giovanni Toscano, che sul punto della chat Whatsapp dice questo: “Ora gli era venuta questa fissa di imparare a usare la geolocalizzazione sul cellulare. Si faceva sempre spiegare come si invia la propria posizione tramite Whatsapp, ma non mi pare che avesse imparato. Diciamo che non era molto tecnologico”. Il telefonino non sarebbe stato ritrovato.