La Corte d’assise di Brescia ha condannato all’ergastolo Giacomo Bozzoli per l’omicidio e la distruzione del cadavere dello zio Mario, l’imprenditore bresciano svanito nel nulla l’8 ottobre 2015 dalla fonderia di Marcheno. È stata quindi accolta la richiesta di condanna all’ergastolo avanzata dai pm. La difesa invece aveva chiesto l’assoluzione. La sentenza è stata letta dal presidente della Corte Roberto Spanò dopo oltre 10 ore di camera di consiglio. “Giacomo è un violento e prevaricatore. Odiava lo zio e voleva ucciderlo, pianificava la sua morte da anni nei minimi dettagli e per noi Mario Bozzoli è stato ucciso oltre ogni ragionevole dubbio dal nipote Giacomo Bozzoli nel forno della fonderia” avevano detto i pubblici ministeri Silvio Bonfigli e Marco Martani. L’uomo è a processo “per avere distrutto o comunque soppresso il cadavere di Bozzoli Mario adagiandolo, anche avvalendosi della collaborazione di terze persone, sulla superficie di un bagno di metallo fuso nel forno grande della fonderia Bozzoli srl sino a ottenerne la carbonizzazione e l’incenerimento, ovvero trasportandolo fuori dallo stabilimento della Bozzoli srl e facendone perdere definitivamente le tracce”, si legge nel capo di imputazione che l’accusa ha modificato nell’udienza dello scorso 29 giugno aggiungendolo alla originale ricostruzione secondo la quale l’imputato avrebbe ucciso lo zio in fonderia portando poi il cadavere fuori dall’azienda a bordo della sua auto. Nel baule della vettura, va ricordato, non sono mai state isolate tracce riconducibili a Mario Bozzoli.

L’accusa aveva chiesto anche la trasmissione degli atti in Procura per falsa testimonianza e favoreggiamento nell’omicidio per due operai: “Hanno avuto un ruolo attivo nella fase successiva, quando il corpo viene distrutto nei forni e loro erano presenti” è la tesi accusatoria. Chiamato in causa anche Giuseppe Ghirardini, l’addetto ai forni che sparì sei giorni dopo il suo datore di lavoro e che venne trovato senza vita in Vallecamonica con un’esca al cianuro nello stomaco. Per chi indaga è stato un suicidio. “È un suicidio parlante nonostante non siano stati ritrovati biglietti. Non regge al rimorso, al peso e alla paura per quello che ha fatto, cioè avere aiutato Giacomo a uccidere Mario. Capisce che sarebbero arrivati a lui e di essere l’anello debole della catena. Quindi la prova logica è regina, non ci possono essere altre ragioni dietro la morte Ghirardini. Non era depresso, non aveva problemi economici, viveva nell’attesa di rivedere il figlio che sarebbe tornato dal Brasile” sono state le parole in aula dell’accusa.

L’imprenditore sarebbe morto attorno alle 19.20 dell’otto ottobre quando dal forno più grande della fonderia bresciana esce una fumata anomala. “L’unico che manca all’appello in quella fase è Giacomo Bozzoli. È l’unico tra i presenti di cui si perdono le tracce nei momenti cruciali in cui sparisce anche Mario Bozzoli”, hanno detto i pubblici ministeri davanti alla Corte d’assise presieduta da Roberto Spanò. “Tutti i falsi testimoni di questo processo hanno cercato di allontanare Mario dalla zona forni al momento della fumata. Ci sono stati clamorosi depistaggi, i più gravi quelli di Maggi e Abu” ha concluso l’accusa prima di chiedere l’ergastolo per l’unico imputato.

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