di Enza Plotino
Non è un giorno qualunque! Proprio no. La parte maggioritaria del paese, quella che è più in sofferenza perché impoverita, strozzata dalle difficoltà sociali ed economiche, che ha dovuto inghiottire la scelta della guerra e del riarmo e che dovrà subire le nuove/vecchie parole d’ordine della destra, da oggi al governo, fossili, condoni, ponte sullo Stretto ecc. . Quella parte maggioritaria del paese ha votato, annichilita, la faccia presentabile di una formazione politica che rimane, omofoba, illiberale, violenta (basta farsi un giro nelle periferie della Capitale), che detesta il lavoro dei cittadini extracomunitari, che fa affari con le frange illegali e mafiose che si arricchiscono nei territori più marginali. No. Non è proprio un giorno qualunque di una qualunque elezione politica.
La scelta del Partito democratico, di non aver voluto costruire un fronte progressista per arginare questa deriva del paese, è un grave atto che dimostra come, ormai, quel partito non sta più da un pezzo nelle piazze, nelle strade, nei luoghi dove donne e uomini affrontano l’esistenza senza reti, senza welfare, senza cure adeguate, intossicati in ogni senso. Un partito rinchiuso nelle “stanze del potere”, che, senza vergogna, non chiede scusa per non aver capito e supportato una misura di welfare sociale come è stato il reddito di cittadinanza, non chiede scusa per non avere avuto il polso della sofferenza di una parte importante della popolazione di poveri che arrancano ai margini di una società, di lavoratori costretti ad accettare ogni forma di ricatto per portare a casa il pane, non chiede scusa per un popolo senza diritti che è stato “conquistato” da una destra che i diritti del popolo li ha sempre irrisi e calpestati, o che si è astenuto standosene a casa per protesta.
Una bruttissima pagina di storia nazionale si è dispiegata facendo esplodere/implodere le mancate scelte, le indecisioni, la bulimia da potere, di una parte consistente di quel partito.
Oggi siamo tutti in attesa. In attesa che qualcuno si prenda il carico dei nostri drammi, i mancati diritti, l’inesistenza del lavoro, la perdita sistematica di una rete di protezione sociale, la difesa dell’ambiente dove viviamo. Arrivare a questo appuntamento elettorale con il bagaglio di problemi che ha il paese, avrebbe fatto tremare i polsi a chiunque. Prenderne atto sarebbe stata la naturale conseguenza per un’area che ancora si dice “di sinistra”. Fare il possibile per disinnescare la miccia del governo di destra, un obiettivo. Ed ora? Ci vorranno parole straordinarie, gesti clamorosi, donne e uomini nuovi, all’altezza di uno stravolgimento politico epocale, come è quello avvenuto domenica 25 settembre in Italia.