di Pietro Francesco Maria De Sarlo
Probabilmente, anzi sicuramente, mi sbaglio. Però la mia sensazione è che a partire da Cacciari per finire a tutti i giornali dei salotti buoni, passando per quelli che una volta erano definiti ‘intellettuali organici’ della sinistra, si ripetano più o meno gli stessi ragionamenti che si facevano prima del voto. Tra le poche novità c’è l’ossequio forzato al nuovo interlocutore del potere Giorgia Meloni, ossequio apparente in realtà: perché se devierà dal solco arato da Draghi sono già pronti gli stessi cannoni mediatici che erano puntati su Conte. Su cui c’è un atteggiamento appena appena meno aggressivo, ma che rimane l’oggetto più odiato dalla politica con la P maiuscola, ossia quella di Damilano, sigh!
Continua anche l’odio viscerale nei confronti dei poveri, che sono in gran parte al Sud, come se questi non esprimessero interessi legittimi da salvaguardare e come se gli unici interessi legittimi fossero quelli di chi paga le tasse in Olanda. Come posso dimenticare che quando crollò il ponte Morandi con i suoi lutti e Toninelli disse che voleva togliere la concessione ai Benetton ci fu la levata di scudi del ‘sistema’, Pd compreso, che accusò il M5S di incompetenza perché aveva fatto crollare il titolo in borsa di Atlantia?
Sicuramente tutti questi signori, Cacciari in testa, hanno ragione, e a me che sono solo un povero ingegnere non resta che cercare di capire dai numeri i miei errori.
Il centrodestra, nella configurazione del 2018, prese 12.152.345 voti. Oggi 12.299.648, 147.303 voti in più. Dove c’è stata la valanga dei consensi per la destra? Il centrosinistra, nella configurazione del 2018, prese 7.506.723 voti. Oggi 7.337.624, 169.099 voti in meno. Dove è stato il crollo? Il M5S prese nel 2018 10.732.066 voti. Oggi 4.333.748, 6.398.318 voti in meno e i votanti sono stati 5.836.768 in meno. Tutto il resto è noia.
L’analisi dei flussi di YouTrend ci dice che il vaso comunicante maggiore c’è tra il M5S e l’area del non voto. Certo tra i 10 milioni di voti del 2018 e il voto di oggi c’è stata anche una quota che è andata a Meloni e una al Pd, compensata però anche da un movimento inverso, ma è indubbio che la madre del successo della destra è stata il passaggio tra chi nel 2018 aveva votato il M5S e che ora si è astenuto. Questi sono i numeri; il resto sono opinioni, ma queste non possono prescindere dai numeri.
Dal 2018 c’è stato un fuoco di fila dei media volto a minare ogni cosa fatta dal M5S: reddito di cittadinanza, bonus 110, accuse di incompetenza, di essere degli scappati di casa eccetera. E poi Conte come zelig, uomo dei penultimatum e persino l’incomprensibile fuoco amico di Grillo. Il vero crollo, a mio modo di vedere, di fiducia nel Movimento c’è stato con l’appoggio a Draghi, voluto con una capriola incomprensibile – altro che zelig – di Grillo. In aggiunta il fatto che qualche genio Pd+Draghi ha pensato che Di Maio con la sua mutazione genetica fosse in grado di portare alla causa dei quartieri vip i voti del Movimento.
Il recupero di fiducia c’è stato grazie alla campagna elettorale di Conte che ha fatto una sola cosa: parlare a quell’elettorato a cui fa schifo a tutti parlare. Qual è la percentuale dei voti del M5S a Scampia? E del Pd? Insomma mi pare che il M5S, forse sarebbe meglio dire Conte, oggi sia l’unica forza politica in grado di parlare all’area dell’enorme disagio presente nel Paese e di parlamentarizzare le istanze dei ceti in maggiore difficoltà invece di farle sfociare in tumulti di piazza.
Ho infine una notizia per Calenda e Renzi: i poveri sono in misura maggiore dei ricchi e hanno gli stessi diritti di voto. Il suffragio universale sarà poco chic ma è la base della democrazia e, per fortuna, nel nostro paese la draghicrazia non è contemplata dalla Costituzione. Non so se Giorgia Meloni leggerà mai questa mia riflessione, ma ci pensi bene prima di dimenticarsi che la maggior parte del paese è sull’orlo del baratro.