C’è molta Italia nella “nuova” Morgan, il costruttore britannico che dal 1909 assembla le proprie auto rigorosamente a mano. La società, che aveva sempre avuto un discendente del fondatore Sir Henry Frederick StanleyMorgan alla guida, nel 2019 è passata sotto il controllo della Investindustrial, il fondo presieduto da Andrea Bonomi che aveva rilevato la Ducati (poi ceduta a Audi), e che ha comprato la Aston Martin.

I termini finanziari non sono mai stati resi noti e per la Investindustrial quella della Morgan è un’operazione dal valore quasi irrisorio rispetto al patrimonio gestito. Nei giorni scorsi ha assunto anche il controllo di Eataly, una sorta di grande vetrina dell’alimentare nazionale che ha scommesso sullo slow food. Da aprile è italiano anche l’amministratore delegato di Morgan, il 53enne ingegnere milanese Massimo Fumarola, che è cresciuto in Fiat quando c’era Sergio Marchionne. Ha lavorato in Iveco, in Ferrari, in Audi e in Lamborghini. La Morgan è il suo nuovo progetto, forse l’ultimo della propria vita professionale. Si è trasferito nella campagna del Midland, a Malvern, da dove oltre alle macchine arriva anche la famosa salsa Worcester. Poco lontano c’è anche una Broadway e la Stratford on Avon che ha dato i natali a William Shakespeare non è molto più distante.

Morgan è una piccola azienda, praticamente unica per storia e posizionamento nel panorama automobilistico mondiale: “Produciamo vetture ‘da intenditore’”, avverte Fumarola. Malgrado volumi compresi tra le 650 e le 800 macchine l’anno è un’azienda sana. La Super3, la tre ruote con motore aspirato Ford da 1.5 litri e 209 km/h di velocità massima omaggio al primo veicolo prodotto agli inizi del secolo scorso, e le Plus Four e Plus Six, le deliziose vetture con telaio in alluminio e legno (solo di frassino) spinte da un duemila e da un tremila di provenienza BMW. “Morgan deve restare quello che è – dice il manager – e cioè un produttore minore di auto di qualità, fatte a mano, senza tempo, non convenzionali, divertenti da guidare e belle da vedere”. “Però vorremmo anche fare uscire il marchio dalla sua dimensione squisitamente britannica e nostalgica”, insiste il manager.

L’obiettivo non è naturalmente il mercato di massa: “Millecinquecento macchine l’anno è un numero sostenibile”, ossia il doppio di quelle attuali, prodotte grazie al lavoro di 250 addetti nella storica “fabbrica”. Le virgolette sono d’obbligo perché non si tratta di capannoni, ma di alcuni grandi cottage con i muri di mattoni che si confondo nel verde alla periferia della città da 30.000 abitanti. Un cartello avvisa che esistono almeno un trilione di combinazione possibili: “Per forza – sorride Fumarola – battiamo ancora a mano la lamiera con artigiani straordinari, compriamo alluminio, pelle e legno, e da quando sono qui ho già incontrato più di una volta clienti passare e chiedere modifiche, come dire, in corso d’opera, è un mondo fatto di persone e esperienze centenarie, non di processi e tecnologie”. Ci sono attrezzi che hanno la stessa anzianità (o quasi: nessuno lo sa con precisione) della “fabbrica”: tipo la pressa in legno di quercia che serve per incollare e dare la forma al legno dei passaruota o l’arnese che serve per forare l’alluminio del cofano delle auto. In uno dei grandi stanzoni si sente il profumo del legno, nell’altro quello della pelle. I dipendenti salutano e parlano cordialmente con chiunque entri: la “fabbrica” è una vera attrazione, come confermano i 35.000 visitatori paganti l’anno. “Forse nessun altro nel Regno Unito fa questi numeri”, sottolinea il Ceo.

Con l’avvento di Investindustrial è arrivata la possibilità di pianificare, sviluppare nuovi prodotti e crescere, con Fumarola è arrivata una visione per portare Morgan oltre i confini britannici: “Intendiamoci – avverte – il Regno Unito resta il nostro mercato di riferimento (un terzo della produzione resta sull’isola, ndr), ma noi vogliamo appassionare anche un pubblico più giovane, più raffinato, più internazionale”. Per Fumarola è una questione di “stile di vita”: “Siamo i custodi dello slow-motoring”, ricorda. “Il passato – conclude – è certamente un asset importante, ma non è una garanzia per il futuro. Non è semplice sopravvivere producendo poche auto in un mondo sempre più digitale, elettrificato e normato. Vogliamo trovare un equilibrio sostenibile fra tradizione ed innovazione: tutti conoscono la Morgan, vogliamo avvicinarci a molti di loro per raccontargli di più di noi e delle nostre vetture. Con i nostri modelli vogliamo farli sorridere mentre guidano, convinti che le strade meno trafficate siano anche le migliori.” È una sorta di “grande bellezza” automobilistica di cui Fumarola vuole essere il regista: a Paolo Sorrentino è valsa l’Oscar.

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