La lettera inviata dal segretario dem ai suoi per scandire i tempi della riorganizzazione e frenare la corsa alle autocandidature: "Non è un casting". Dentro l'ammissione della grave sconfitta, ma anche la richiesta di un rinnovamento che riguardi tutti i fronti
“Abbiamo perso. Ne usciamo con un risultato insufficiente, ma ne usciamo vivi. E sulle nostre spalle c’è oggi la responsabilità di organizzare un’opposizione seria alla destra”. A quasi una settimana dalla sconfitta elettorale e mentre nel partito è già iniziata la corsa alle autocandidature per la segreteria, Enrico Letta ha deciso di scrivere una lettera agli iscritti e alle iscritte sul Congresso Costituente del Nuovo Pd. Un tentativo in extremis per chiedere ai suoi prudenza, mentre nell’analisi post voto, sembra regnare l’anarchia tra singoli che si propongono per la leadership e spinte per cambiamenti radicali. Una lettera che scandisce i tempi per il rinnovo del partito, dove si annuncia come tutto sarà messo in discussione: simbolo, nome, alleanze, organizzazione.
“Contenuti forti e volti nuovi sono entrambi necessari”, ha detto Letta. “Gli uni senza gli altri rischiano di trasformare il Congresso in un casting e in una messa in scena staccata dalla realtà e lontana dalle persone. Se non li bilanciamo con attenzione, ci trasformiamo definitivamente nelle maschere pirandelliane che evocai nel mio ormai lontano discorso del 14 marzo 2021″. A meno di sette giorni dalla chiusura delle urne, hanno già presentato la loro candidatura Paola De Micheli e Stefano Bonaccini, senza però che venga chiarito effettivamente il percorso e cosa intendono cambiare rispetto al corso attuale.
Il problema è che per il Pd il percorso si prospetta lungo e difficoltoso, proprio mentre in Parlamento dovranno prepararsi a fare opposizione. “Tutto può svolgersi a regole vigenti”, ha detto Letta presentando il percorso in quattro fasi. “E quindi può iniziare rapidamente”. La prima, “quella della ‘chiamata’, durerà alcune settimane perché chi vuole partecipare a questa missione costituente, che parte dall’esperienza della lista ‘Italia Democratica e Progressista’, possa iscriversi ed essere protagonista in tutto e per tutto”. “La seconda fase sarà quella dei ‘nodi’. Consentirà ai partecipanti di confrontarsi su tutte le principali questioni da risolvere. Quando dico tutte, intendo proprio tutte: l’identità, il profilo programmatico, il nome, il simbolo, le alleanze, l’organizzazione. E quando parlo di dibattito profondo e aperto, mi riferisco al lavoro nei circoli, ma anche a percorsi di partecipazione sperimentati con successo con le Agorà Democratiche”. Nei piani del segretario, “la terza fase sarà quella del ‘confronto’ sulle candidature emerse tra i partecipanti al percorso costituente. Un confronto e una selezione per arrivare a due candidature tra tutte, da sottoporre poi al giudizio degli elettori. Infine, la quarta fase, quella delle ‘primarie’. Saranno i cittadini a indicare e legittimare la nuova leadership attraverso il voto”.
Quindi, Letta ha ammesso “i limiti” della proposta dem nell’ultima campagna: “In questa campagna scandita da insidie e veleni, si sono manifestati evidenti i limiti della nostra proposta ed è emersa una mancanza molto grave di capacità espansiva nella società italiana. Sono limiti che ci obbligano a un confronto serissimo e sincero tra di noi. Perché il Pd, per sua stessa natura, deve essere un partito espansivo e largo. Se manca questa aspirazione entra in crisi la sua ragione d’essere. Per questo dobbiamo essere pronti a rimettere tutto in discussione. Ora possiamo farlo, dopo potrebbe essere troppo tardi”. E parlando delle cause del fallimento, Letta è tornato a incolpare la legge elettorale: “L’esito di queste elezioni è stato segnato dall’impossibilità – non torno qui sulle responsabilità – di presentarci con un quadro vasto di alleanze. La legge elettorale, profondamente sbagliata e che abbiamo provato invano a cambiare, favorisce chi le realizza. La destra pur con tutte le sue divisioni, si è coalizzata e ha prevalso nella stragrande maggioranza dei collegi uninominali, ottenendo così la maggioranza dei seggi in Parlamento. Ad essa non corrisponde una maggioranza nel Paese: ciò accresce il nostro dovere di organizzare una opposizione dura e intransigente sui valori e sulle politiche, sempre nell’interesse generale dell’Italia e delle istituzioni repubblicane”. Letta ha quindi chiesto ai suoi di non nascondersi dietro scuse consolatorie, ma affrontare pienamente la crisi del partito: “Fermarsi a enunciare le tante, pur legittime, ragioni consolatorie per un risultato che comunque ci assegna il ruolo di guida dell’alternativa sarebbe sbagliato. Non è questo l’atteggiamento col quale ho voluto interpretare il mio compito di guida del Pd. E non sarà questo il modo con cui vivrò questa fase. Quel che vi propongo è di accettare di entrare in profondità nei problemi per risolvere i nodi che ci bloccano e poi, a partire da questo sforzo genuino e determinato, di scegliere insieme la nuova leadership e il nuovo gruppo dirigente”