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Nord Stream, mentre si discute della paternità dei sabotaggi continua l’escalation

di Massimo Falchetta

Circolano varie teorie sulla paternità dei sabotaggi ai gasdotti nel mar Baltico. Alcuni sostengono la paternità americana, allo scopo di allargare il solco fra Europa e Russia. Personalmente credo plausibile anche la paternità russa. Un attacco diretto è un atto più scioccante che chiudere semplicemente il rubinetto. Il messaggio è “ci fate la guerra, eccovi la guerra”. Del resto, è una situazione abbastanza ipocrita quella finora andata avanti, un’Europa che minaccia di sanzionare il gas russo e poi grida al ricatto russo quando la Russia riduce la fornitura. Ora l’Europa “chiede anche i danni”.

L’Occidente ha un atteggiamento baldanzoso, da padrone del mondo – ma la cosa potrebbe finire male. Chi lo sa. Mentre ognuno fra i vari servizi segreti sa “chi non è stato”, fra gli intellettuali e gli opinionisti nostrani ognuno la tira dalla sua parte, con dotte interpretazioni. In realtà stiamo correndo dritti verso il baratro. Se si spinge la guerra oltre un certo limite per “far crollare il regime di Putin”, l’orso russo reagisce, a prescindere da chi ha ragione. Mi ricorda la situazione che ho vissuto in India fra Agra e Gwalior, quando l’autobus sgangherato su cui mi trovavo correva ondeggiando a 100 all’ora, in una strada a singola corsia fiancheggiata da due strisce di terra piene di gente stravaccata, animali e carretti. Quando arrivava nel verso opposto un altro autobus o un camion, anche lui a tutta birra, i due conducenti continuavano dritti fino all’ultimo. Alla fine uno dei due, a caso, sterzava. Uno solo dei due!

C’erano parecchie carcasse di autobus sfracellati lungo il percorso. Ebbene, ora noi non sappiamo chi dei due sterzerà. Crediamo anche noi nella reincarnazione? Sterzerà l’Occidente o sterzeranno i russi? Gli ucraini di certo non sterzano, sono disposti a morire per la patria, combatteranno fino alla vittoria o moriranno. Chi guida in questo momento? Mi colpisce il silenzio totale degli intellettuali italiani. La maggior parte è favorevole alla guerra, cioè a continuare la guerra, a questo punto fino alla disfatta di Putin. Gli altri, che magari nutrono qualche dubbio, non si esprimono. Meglio non rischiare di essere esclusi dal prossimo premio letterario. Che situazione diversa rispetto a quando – 40 anni fa – il solo pericolo di una guerra nucleare mobilitava milioni di persone in tutto il mondo. Ora tutti assistono come a un film. È l’effetto dopante dei mezzi di informazione attuali.

Nel frattempo, ci avviciniamo al terzo livello della guerra, quello dell’impiego di armi nucleari cosiddette tattiche, o di teatro. Medvedev lo paventa, la Nato (Stoltenberg) risponde che risponderà per le rime. Come potrebbe essere altrimenti? Altrimenti c’è “la capitolazione dell’Occidente“, direbbero i buoni Rampini e Riotta, giornalisti americani di origine italiana. Dopo questo livello, che si suppone ancora controllabile, c’è il quarto, quello dell’impiego di armi nucleari strategiche, incontrollabile. Ma anche il terzo livello per l’Europa sarà catastrofico. Solo gli americani hanno armi da terzo livello, posizionate in Turchia, Italia, Germania, Olanda, Belgio. Da uno di questi paesi probabilmente partirà la “risposta”. In Italia la base aerea di Aviano, 75 km a Nord-Est di Venezia, è americana e totalmente in mano americana.

Inoltre, l’Italia è l’alleato più fedele degli Stati Uniti, come ha fatto notare il presidente Draghi. Difficile che la Turchia di Erdogan, già oggetto di un golpe fallito, accetti di fare da cavia. Un altro fronte di possibile contrattacco è dal Baltico e dall’Europa dell’Est. I baltici e i polacchi si stanno mostrando parecchio pronti alla guerra, appoggerebbero sicuramente anche un rischieramento Nato di tipo offensivo. Al contrattacco seguirà probabilmente una risposta per le rime. Personalmente voto, per una serie di motivi affettivi, di lasciare la palla ai nordici… o un sussulto di razionalità: iniziare a discutere una strategia razionale di salvezza collettiva.

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