Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha messo in guardia la Banca centrale europea (di cui è membro del Consiglio direttivo) dal replicare ciecamente le politiche monetaria della Federal Reserve statunitense. In sostanza Visco suggerisce un atteggiamento più cauto sul percorso di incremento dei tassi di interesse avviato dalla Bce lo scorso luglio e che potrebbe rafforzarsi nei prossimi mesi alla luce dei dati sull’inflazione ormai al 10% nell’area euro. “Anche ipotizzare che la Bce segua ciecamente la Fed nei prossimi mesi potrebbe essere un grave errore”, ha detto ieri il governatore parlando a Firenze, rimarcando le differenze fra Stati Uniti ed Europa nel fenomeno dell’inflazione, per spiegare perché “la normalizzazione della politica monetaria avviene con velocità e tempi diversi”. Rialzi dei tassi “eccessivamente rapidi e pronunciati” da parte della Bce “finirebbero per aumentare i rischi di una recessione. Qualora il deterioramento delle prospettive economiche si rivelasse peggiore del previsto, un eccessivo anticipo nella normalizzazione dei tassi ufficiali potrebbe risultare sproporzionato”, ha sottolineato il banchiere centrale.

La riduzione dei tassi di interesse e l’acquisto di titoli sul mercato sono entrambe misure adottate dalle banche centrali per spingere l’economia e i mercati aumentando la quantità di denaro in circolazione, rendendo meno costosi gli investimenti e sostenendo i prezzi dei prodotti finanziari. Il rovescio della medaglia sono il rischio che questo stato di cose favorisca un rialzo dei prezzi al consumo e la creazione di bolle speculative sui prodotti di investimento e il mercato immobiliare. La corsa dell’inflazione a cui assistiamo è stata innescata principalmente dai prezzi dell’energia, più che dalle condizioni monetarie, tuttavia i valori dell’incremento dei prezzi al consumo hanno ormai superato i livelli di guardia spingendo le banche centrali ad intervenire. Ieri il dato sull’area euro di settembre ha mostrato un carovita al 10%, in paesi come l’Olanda si arriva al 17%, in Germania quasi all’11%. Tassi più alti dovrebbero aiutare a frenare la corsa dell’inflazione ma, oltre a penalizzare l’economia, rendono più oneroso il peso del debito. Per questo paesi fortemente indebitati come l’Italia sono tradizionalmente avversi a politiche restrittive da parte della banca centrale europea a differenza di paesi finanziariamente più solidi come Germania, Austria o Olanda.

“Le affermazioni secondo cui il Consiglio direttivo della Bce avrebbe erroneamente ritardato il riequilibrio della politica monetaria appaiono ingiustificate”, ha aggiunto, ricordando che “La normalizzazione dell’orientamento monetario è in atto dallo scorso dicembre quando, sullo sfondo di un miglioramento delle prospettive economiche e dell’aumento delle aspettative d’inflazione a medio termine verso l’obiettivo di stabilità dei prezzi, il Consiglio direttivo ha annunciato l’avvio della riduzione degli acquisti netti di titoli “.

Il governatore Visco ha sottolineato così anche il “rischio di far deragliare il debito pubblico dal percorso di rientro, in rapporto al prodotto, iniziato lo scorso anno – un percorso necessario per preservare la possibilità di ritorno a una crescita economica forte e duratura”. Visco spiega come di fronte allo shock energetico “il tentativo di annullarne completamente l’impatto sui redditi da lavoro e da capitale sarebbe vano e finirebbe inevitabilmente per avere ripercussioni sull’inflazione”. Suggerisce quindi interventi mirati e temporanei a sostegno delle famiglie e delle imprese più colpite. Visco ricorsa che il tasso” neutrale” della Bce (quello al quale, nell’equilibrio di medio termine, la politica monetaria non è né accomodante né restrittiva) “sarebbe in un intervallo compreso tra lo 0,7 e l’1,8 per cento e potrebbe pertanto anche essere già stato raggiunto dalla Bce con l’ultimo rialzo dei tassi, o vicino a esserlo presto”. La Bce considera ottimale un livello di inflazione introno al 2%. Per mandato, a differenza della Federal Reserve, ha il raggiungimento di questo livello come obiettivo prioritario rispetto al sostegno alla crescita economica.

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