Le temperature elevate in questa primavera, l’estate calda ed ancora la sabbia sahariana che distendendosi come una pellicola ha assorbito l’energia solare, hanno accelerato lo scioglimento del ghiaccio sul lato sud della Zugspitze. Un fenomeno che ha portato alla perdita quest’anno anche di oltre il 6% del volume dei ghiacciai svizzeri
L’estate appena conclusa ha sciolto lo Schneeferner meridionale, un tempo un ampio ghiacciaio sul lato sud della Zugspitze, sulle Alpi bavaresi. Al posto di una lingua bianca sono rimasti quasi solo resti scuri. Nuove misurazioni a metà settembre hanno mostrato che lo spessore del ghiaccio nella più parte dei punti di rilevamento non raggiunge i due metri. Ed in quello più profondo è già meno di sei metri rispetto ai circa dieci del 2018. La superficie totale della massa di ghiaccio si è dimezzata rispetto a quattro anni fa e quel che resta scomparirà del tutto entro i prossimi due anni. L’Accademia bavarese delle scienze ha indicato che per lo scarso spessore non c’è più da aspettarsi alcun movimento del ghiaccio e perciò lo Schneeferner meridionale non è più da considerare come un ghiacciaio autonomo. Le misurazioni che vi erano cominciate nel 1892 e dalla metà del ventesimo secolo sono poi continuate regolarmente, verranno cessate. Le temperature elevate della scorsa primavera, l’estate calda e ancora la sabbia sahariana che distendendosi come una pellicola ha assorbito l’energia solare, hanno accelerato lo scioglimento del ghiaccio.
Un fenomeno che ha portato anche alla perdita di oltre il 6% del volume dei ghiacciai svizzeri solo quest’anno, come ha comunicato l’Accademia di scienze naturali elvetica (SCNAT), quantificandolo in circa 3 chilometri cubi di ghiaccio in meno. Finora un calo del 2% annuo era già considerato un fenomeno estremo. Soprattutto piccoli ghiacciai come il Pizolgletscher o il Vadret dal Corvatsch sono praticamente scomparsi. In Engadina e nel Vallese meridionale, a tremila metri di altezza sopra il livello marino, si è sciolta una superficie ghiacciata spessa da quattro a sei metri. Il dissolversi di lingue di ghiaccio e la comparsa di isole di rocce in mezzo a strati già assottigliati accelera ulteriormente la loro scomparsa, tanto più resa possibile dalle minori nevicate in quota.
I ghiacciai sono estremamente importanti anche come riserve d’acqua, necessaria anche per l’alimentazione delle centrali idroelettriche. Se diminuisce la disponibilità accrescono anche i rischi di conflitti bilaterali. Il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (IPCC) aveva già pronosticato nel 2019, in un rapporto straordinario sugli oceani e la presenza mondiale di ghiaccio e neve, che il progressivo riscaldamento climatico potrebbe sciogliere entro la fine del secolo circa l’80% delle masse dei ghiacciai a bassa quota come nelle Alpi ed in Scandinavia.
In Germania ne restano già ora solo quattro, tutti sulla Zugspitze, ma anch’essi sono minacciati dallo scioglimento. Sono lo Schneeferner settentrionale, il Watzmanngletscher, il Blaueis e l’Höllentalferner. Il Watzmannglatscher non si muove già quasi più e per la scienza è già sul punto di non poter essere più considerato un ghiacciaio autonomo. Solo l’Höllentalferner sul lato settentrionale della Zugspitze potrebbe durare ancora dieci o quindici anni ancora, si trova in ombra e in inverno è soggetto a molte slavine. I ghiacciai sono infatti grosse masse di neve fresca, nevai e ghiaccio che per lo più dalla cima delle montagne scivolano a valle; solo le parti che almeno nelle parti maggiori sono in movimento vengono geologicamente indicate ghiacciai.
Il 27 settembre si è tenuta a Ginevra la cinquantasettesima sessione dell’Ipcc: il sesto rapporto del primo gruppo di lavoro che riassume lo stato delle ricerche sulla variazione del clima “Climate change 2021: the physical science basis”, affermava già nell’agosto 2021, tra l’altro, che è il fattore umano a determinare dagli anni Novanta la recessione dei ghiacciai in tutto il mondo. La natura globale del loro ritiro sincrono dagli anni Cinquanta non ha precedenti, almeno negli ultimi duemila anni. Dal 6 al 18 novembre si svolgerà a Sharm el-Sheikh la ventisettesima conferenza della Nazioni Unite sul cambiamento del clima, la COP 27, tutti gli Stati sono chiamati a colmare i ritardi per invertire prima che sia troppo tardi una tendenza già in atto.
Aggiornato da redazioneweb il 2 ottobre alle 13.27