Nonostante l’inflazione vicina al 10%, le retribuzioni restano al palo (quindi di fatto scendono) e un primo recupero del potere d’acquisto avverrà solo “a partire dal 2024”. È quanto viene sottolineato in un approfondimento della Nota di aggiornamento al Def approvata questa settimana dal Consiglio dei ministri. La Nadef prevede per il settore privato retribuzioni in aumento dell’1,8% quest’anno, del 2,9% nel 2023 e del 2,5% nel 2024 (quando l’inflazione è prevista al di sotto di questo valore) . L’indice di misura dell’inflazione utilizzato come base per i rinnovi contrattuali, pubblicato dall’Istat a giugno e che potrebbe essere rivisto al rialzo, è invece fissato al 4,7% quest’anno, al 2,6% per il 2023 e all’1,7% per il 2024.

Di fatto significa che le buste paga degli italiana perderanno in media e in valore effettivo di almeno il 5,3% considerando l’inflazione acquisita per l’intero 2022 che è già al 7,1%. Un’altra mazzata per salari già fortemente compressi da decenni e al di sotto di quelli di gran parte dei paesi europei, Spagna inclusa. Secondo l’Ocse l’Italia è l’unico paese membro in cui gli stipendi sono oggi inferiori a quelli di 30 anni fa.

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