“Non esistono orari, non esistono straordinari, non possiamo mangiare a mensa: ho un part-time da 27 ore e mezzo a settimana, ma ne lavoro 35 di media da 15 anni”. A parlare è Sara, lavoratrice esternalizzata della Scuola Normale Superiore di Pisa. Part-time “involontario”, salari insufficienti che obbligano a fare turni supplementari, orari di lavoro comunicati da un giorno all’altro, poche tutele, cambi frequenti di appalto sono solo alcuni dei problemi che denunciano i lavoratori di ditte attive nelle due scuole di eccellenza della città universitaria toscana: la Normale e la Scuola Superiore Sant’Anna. Sono operatori essenziali per i due istituti che lavorano in servizi esternalizzati: pulizia, tecnici, mensa, portierato e biblioteca. Senza questi addetti la Scuola Normale non potrebbe andare avanti, insomma. “E’ molto frustrante” racconta Sara, che chiede di essere citata con un nome di fantasia. Di media, spiega, fa 8 ore in più ogni settimana, ma “non vengono contrattualizzate perché non sono ore che stanno nel contratto con l’azienda che ha vinto l’appalto ma sono ore extra. Ti dicono ‘domani c’è bisogno di tot persone per fare questa cosa’ e tot persone ci devono essere: subentra un livello di solidarietà fra noi. Quindi, cerchiamo di essere sempre disponibili perché sai che l’indisponibilità di uno significa mettere in difficoltà un altro”. Questi ed altri problemi sono venuti a galla a giugno, durante un’assemblea pubblica che ha riunito i lavoratori e alla quale hanno partecipato anche gli studenti.
“Non è eccellenza se c’è sfruttamento” – La Scuola Normale Superiore è considerata un’eccellenza nazionale e internazionale, unica università italiana tra le prime 200 nel World University Rankings, portando avanti un modello che promuove la meritocrazia: gli studenti che riescono ad accedervi, superando alcuni esami, hanno la possibilità di usufruire di vitto e alloggio offerti dalla Scuola e di seguire alcuni corsi interni alla Normale. Ma proprio quegli stessi studenti hanno promosso lo slogan “Non è eccellenza se c’è sfruttamento“, sottolineando le condizioni di precarietà a cui sono sottoposti da anni alcuni lavoratori. Si tratta di coloro che sono impiegati in servizi esternalizzati che sono essenziali per il funzionamento della Scuola: servizi di pulizia, tecnici, mensa, portierato e biblioteca. Senza questi addetti la Scuola Normale non potrebbe andare avanti.
“Non possiamo accedere al servizio mensa” – I lavoratori che hanno accettato di parlare con ilfattoquotidiano.it hanno chiesto tutti l’anonimato per timore di conseguenze sul loro lavoro. “Abbiamo part-time involontari e guadagniamo molto poco, quindi siamo costretti a fare turni supplementari. Facciamo turni spezzati, ti chiamano per dei servizi per due ore e mezzo nel pomeriggio, non esiste un riconoscimento né a livello contrattuale né nella rappresentanza, negli organi: siamo invisibili” racconta sempre Sara. E le condizioni? “Mangiamo rinchiusi in uno stanzino, senza dignità, faccio minimo tre rientri alla settimana e non ci vorrebbe niente a darmi la possibilità di accedere alla mensa”. Il lavoro di Sara è cruciale per il funzionamento della Scuola Normale: come addetta aule, insieme ai suoi colleghi, deve occuparsi di gestire le conferenze dal punto di vista tecnico, collegamenti streaming, videoconferenze, servizio di assistenza per le lezioni, un ruolo cruciale soprattutto in questi ultimi due anni di pandemia. C’è chi si è occupato di portierato, centralino, servizi collaterali con turnazioni decise di settimana in settimana. Tra le mansioni c’è quella degli “addetti aule“, un servizio tecnico che negli anni è diventato tecnicamente sempre più elaborato senza alcuna formazione da parte dell’azienda, con paghe da 8 euro lordi l’ora. “E’ difficile conciliare vita-lavoro con questi turni che cambiano spesso, spezzati, poche ore – aggiunge Giulia, un’altra lavoratrice – e i problemi durante il Covid sono stati legati anche a questo: se ho un contratto di 40 ore, la cassa integrazione la prendo in percentuale su 40 ore, se ho un contratto da 14 ore prendo una miseria”.
“Col Covid non hanno investito in sanificazione delle aule: dovevamo farla noi”- Un altro aspetto delle sue giornate di lavoro riguarda il sentirsi al di fuori della comunità della Scuola: nonostante sia Sara, che altri suoi colleghi, lavorino sotto lo stesso tetto da anni e abbiano un rapporto stretto con gli studenti, continuano a sentirsi lavoratori di serie b. Dalla dirigenza delle due scuole di eccellenza la risposta è solo il silenzio. E con Covid e lockdown la situazione è peggiorata: “La Scuola Normale è stata una delle pochissime università in Italia che, a parte quando eravamo in zona rossa, ha mantenuto sempre le lezioni in presenza e noi abbiamo un po’ sofferto il fatto di lavorare con il rischio: ci hanno fatto sanificare le aule anche se non era compito nostro, non hanno voluto spendere per un servizio di sanificazione. La baracca è andata avanti perché c’eravamo noi a portarla avanti e nessuno ci ha detto grazie”.
Le mansioni: “Assunti da operai ma ci chiedono l’inglese” – Luca – anche in questo caso è un nome di fantasia – lavora negli appalti delle scuole di eccellenza dal 1999 con il servizio di portierato nella Scuola Normale: il suo racconto riprende quanto detto da Sara, part-time involontari, stipendi bassi, esclusione dalla comunità ma aggiunge anche la questione delle mansioni da svolgere. “Non abbiamo accesso al servizio mensa, siamo lavoratori di serie B qui dentro, siamo quelli degli appalti, nonostante ci sia gente che sia qui da vent’anni”. Un problema antico, dice: “Nella realtà c’è scritto quello che dobbiamo fare nero su bianco su ogni capitolato che esce ogni quattro, cinque anni. Per il portierato ci sono scritti tutta una serie di compiti che il portiere deve svolgere che possono spaziare dal controllo degli accessi, alla gestione delle centraline di allarme sia di notte che di giorno, gestione del centralino, chiavi, utilizzo del computer, tante piccole cose e noi siamo inquadrati come operai che dovrebbero al massimo dare le chiavi che sono in una bacheca, mentre qua ci chiedono l’inglese o saper utilizzare un computer. Questa cosa è stata presa in mano dalla Cgil e abbiamo fatto una vertenza all’azienda. Non dovremo essere semplici operai ma impiegati, il che si traduce in una paga oraria differente, visto che noi alla fine prendiamo 6,90 euro lordi all’ora”.
Una paga bassa- Un salario non adeguato: è una delle questioni sollevate dalla quasi totalità del personale delle scuole di eccellenza. Lo cita il 92 per cento di chi ha risposto a un censimento (con questionario anonimo) realizzato negli istituti. “C’è il problema dei part-time involontari: se c’è una persona che ha dodici ore settimanali di contratto deve arrivare in qualche modo ad almeno mille euro al mese e quindi è ‘ricattabile‘ nel senso che i turni li cambiano dall’oggi al domani, aggiungono, modificano e non si riesce a farsi una vita privata e un’organizzazione di quello che è fuori dal lavoro”. Con il periodo Covid la situazione è scivolata verso un peggioramento: “Ci veniva detto dall’oggi al domani ‘questo servizio ci serve, quest’altro no, si cambia, si sostituisce’: hanno campo libero sul sostituire o levare dei servizi”.
“Sostituiscono i lavoratori in sciopero” – di Le condizioni professionali hanno spinto questi addetti a formare un “gruppo di lavoro” per avanzare proposte concrete: “Abbiamo cercato di trovare un supporto degli enti appaltanti chiedendo una tutela in più rispetto ai minimi di legge, lo abbiamo fatto sia con i nostri sindacati e sia con dei colloqui, volevamo una clausola sociale dentro i capitolati che ogni 4-5 anni vengono fatti ma questo non è mai stato ascoltato” spiega Luca. Ma le mobilitazioni – dal primo grande sciopero del 2019 – niente sembra concretamente esser cambiato. “La risposta da parte delle due scuole è ‘noi facciamo tutto nei minimi di legge’ però noi chiediamo qualcosa di più e non sarebbe la prima volta nella storia che viene fatto un accordo che tuteli i lavoratori in appalto ma la Scuola non ci vuole sentire – racconta ancora Luca – Anzi, quando facciamo sciopero sostituiscono pure i lavoratori in sciopero. Il sistema degli appalti crea una progressiva riduzione dei diritti, dei salari dei lavoratori esternalizzati però le due Scuole ne sono complici perché non sono mai intervenute in nessun modo per cercare di limitare la precarizzazione dei lavoratori ma anzi cercano di limitare anche il diritto allo sciopero”. “Non è sufficiente, se si parla di eccellenza, che la situazione sia accettabile solo perché normativamente corretta – conclude Giulia – Si vuole puntare su una richiesta della gestione delle esternalizzazioni che non si accontenti del minimo”.
Nessuna replica da sindacati e ateneo – Ilfattoquotidiano.it, dopo aver raccolto le storie dalla voce viva dei lavoratori, ha provato a contattare Francesca Grassini, responsabile Filcams Cgil che segue gli appalti della Normale, Sant’Anna e Università di Pisa e anche la dirigenza della Scuola Normale. In nessuno dei due casi gli interessati hanno voluto rilasciare una dichiarazione.
Aggiornato il 2 ottobre 2022
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Riceviamo e pubblichiamo/1
A fronte della pubblicazione su “IlFattoquotidiano.it” dell’articolo Stipendi bassi e niente mensa. L’Eccellenza di Normale e Sant’Anna di Pisa? Non per gli esternalizzati di Flora Alfiero, riteniamo necessario comunicare alcune nostre osservazioni al riguardo. In prima istanza, intendiamo esprimere la nostra contrarietà all’eccessiva esposizione mediatica alla quale, in quella sede, sono stati sottoposti alcuni lavoratori e alcune lavoratrici degli appalti della Scuola Normale Superiore e della Scuola Superiore Sant’Anna il cui profilo, denso di riferimenti specifici, è facilmente riconducibile ad un numero ristrettissimo di dipendenti esternalizzati. Benché l’autrice utilizzi nomi di fantasia e l’intento dell’articolo sia di segnalare i problemi che il sistema delle esternalizzazioni produce, così come denunciamo ormai da tempo, tuttavia ciò avviene, a nostro avviso, a discapito di quanto tutti noi riteniamo prioritario nei contesti lavorativi, soprattutto se particolarmente sensibili come quello degli appalti; ovvero, la tutela dei lavoratori e delle lavoratrici nei confronti delle aziende di cui sono dipendenti e della stazione appaltante presso la quale svolgono il proprio lavoro.
In secondo luogo, vogliamo precisare che le testimonianze raccolte dall’autrice risalgono ai mesi di giugno-luglio 2022; ovvero, ad una fase della mobilitazione sul tema delle esternalizzazioni nelle Scuole d’Eccellenza pisane che ora, nell’ottobre 2022, ha condotto ad una prima apertura da parte della Scuola Normale Superiore concretizzatasi di recente nell’istituzione di un Tavolo tecnico di confronto periodico tra la Scuola stessa e i sindacati rappresentativi delle lavoratrici e dei lavoratori esternalizzati. Aurorale, ma importante cambio di passo – di certo ancora da verificare nel suo farsi – di cui l’articolo non dà conto, mancando, quindi, anche nell’intento di fornire un quadro aggiornato della situazione attuale e dei percorsi ancora in atto.
La terza osservazione inerente all’articolo in oggetto, riguarda la sottintesa reticenza della Filcams CGIL di Pisa nel fornire un proprio contributo sul tema. A questa insinuazione non possiamo che rispondere invitando l’autrice ad operare un maggiore approfondimento sulle lotte, le mobilitazioni e sull’azione di tutela individuale e collettiva operate negli anni da questa categoria sindacale sugli appalti. E più precisamente, l’autrice scoprirebbe che la Filcams CGIL di Pisa, al fianco di tutti i firmatari della presente nota, è stata tra i principali promotori dell’assemblea pubblica sugli appalti nelle Scuole d’Eccellenza di Pisa tenutasi il 9 giugno 2022 e di cui la giornalista stessa ha scritto senza riconoscerne, anche lì, il ruolo.
Riteniamo infine che sia stato mal compreso l’intento intrinseco dell’articolato percorso collettivo di riflessione, mobilitazione e condivisione avviato negli ultimi mesi tra studenti, studentesse, lavoratori, lavoratrici e sindacati che ha condotto alla costituzione di un gruppo di lavoro sulle esternalizzazioni nelle Università, che, per quel che qui interessa, è invece il dato politico più significativo e del tutto nuovo nel panorama degli appalti all’interno di un ente pubblico.
Filcams CGIL Pisa
COBAS Lavoro Privato Pisa
RSU del personale PTAB della Scuola Normale Superiore
Gruppo di lavoro sulle esternalizzazioni in Università: studentə ricercatə lavoratə esternalizzatə della
Scuola Normale Superiore e della Scuola Superiore Sant’Anna
Riceviamo e pubblichiamo/2
Con la presente, la scrivente Organizzazione Sindacale, in merito all’articolo uscito tra le pagine del vostro giornale, nella giornata di ieri, domenica 2 ottobre 2022, sulla situazione delle lavoratrici e lavoratori esternalizzati della Scuola Normale Superiore e Scuola Superiore Sant’Anna, ritiene doveroso puntualizzare che l’inciso ultimo “Nessuna replica da sindacati ed ateneo” , con preciso riferimento alla Filcams CGIL di Pisa, è a nostro avviso, foriera di inutili fraintendimenti e tendenziosa nel voler rappresentare la nostra organizzazione sindacale come soggetto che non rappresenta e tutela gli interessi delle lavoratrici e lavoratori .
Vogliamo precisare che la Filcams CGIL di Pisa è da sempre presente e a fianco delle lavoratrici e dei lavoratori che operano negli appalti, sia in termini di azione quotidiana, di iniziative
e di mobilitazione volte alla risoluzione delle problematiche che questo sistema complesso presenta , dandone tra l’altro costante evidenza mediatica, come nel caso specifico, rispetto al quale sono state rilasciate numerose interviste radiofoniche, televisive e a testate giornalistiche, tra le quali anche la vostra.
Vogliamo infatti rammentare che nel corso dello svolgimento dell’assemblea pubblica del 9 giugno 2022 in Piazza dei Cavalieri a Pisa e poi successivamente, la vostra testata giornalistica ha
avuto occasione di intervistare numerosi lavoratori e dirigenti della Filcams CGIL ed ascoltato i loro relativi interventi in quella piazza, di cui la nostra categoria è stata tra i primi promotori.
La Filcams CGIL mai ha mancato e mai mancherà di rappresentare e supportare la voce delle lavoratrici e dei lavoratori degli appalti, sia nelle “scuole di eccellenza” che in ogni qualsivoglia
cantiere del territorio. Rifiutiamo con convinzione ogni addebito di “mancanza di volontà” nel rilasciare dichiarazioni, come da voi riportate, ed invitiamo ad operare sulla vostra testata ogni opportuna rettifica, restando come sempre a disposizione per meglio approfondire ed esaminare ogni aspetto della vicenda e continuare a dare voce alle legittime istanze e rivendicazioni di tutte le lavoratrici e lavoratori.
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Ilfattoquotidiano.it ringrazia le organizzazioni sindacali per i due comunicati e prende atto delle questioni sollevate che peraltro meritano alcune precisazioni a tutela della correttezza della testata e dell’autrice dell’articolo.
Vale la pena ricordare ai lettori che la cronista ha cercato in più occasioni di parlare con i referenti sindacali che si occupano della questione: più volte per telefono nel caso della Filcams e una volta via mail con l’Usb. In tutti i casi i tentativi sono andati a vuoto per motivi che non sono noti. Ilfattoquotidiano.it ha rapporti lineari e quotidiani con tutte le organizzazioni sindacali tutti i giorni e per tutti i settori e, in particolare, sulle questioni di lavoro sottopagato, precariato e rispetto dei diritti dei lavoratori. Proprio con questo spirito è nato il servizio.
A questo proposito serve sottolineare che l’articolo, com’è evidente, è sostanzialmente una rassegna di racconti in prima persona sulle condizioni di lavoro. Tutti i lavoratori intervistati hanno parlato volontariamente e consapevolmente, sulla base di contatti trasparenti, accordi precedenti alle interviste e appuntamenti telefonici e con la garanzia di tutte le tutele richieste in quel contesto. Peraltro, senza entrare nei dettagli, i testi pubblicati sono già frutto di alcuni tagli operati dall’autrice e dalla redazione proprio a ulteriore tutela di chi parlava. Inoltre è utile rendere noto che, dopo la pubblicazione, su richiesta di uno/una degli intervistati, è stato operato un ulteriore taglio per rimuovere un breve passaggio in cui (tra virgolette) chi parlava faceva riferimento ad una sua circostanza contrattuale che – secondo il/la lavoratore/rice – poteva essere riconducibile a lui/lei. Questo a dimostrazione della totale trasparenza sul fine ultimo dell’articolo.
Ilfattoquotidiano.it continuerà a seguire, con la massima correttezza, gli sviluppi di questa vicenda (a partire da quelli anticipati, dopo la pubblicazione dell’articolo, dai due comunicati).