La Russia si sta muovendo verso la “sovranità tecnologica”: così Dmitry Medvedev ha proposto di sostituire il termine “sostituzione delle importazioni”, dopo averlo definito umiliante per il Paese. Ora i funzionari russi dichiarano costantemente la loro aspirazione all’indipendenza tecnologica, ma in realtà, da quando le sanzioni hanno privato la Russia dell’accesso a un ampio spettro di tecnologie moderne, le sfere dei trasporti, della sicurezza, dell’energia, della medicina e dell’informazione non si sono mai riprese. Anzi, non fanno che peggiorare. Il fatto è che negli ultimi decenni le decisioni del governo russo hanno portato a una riduzione dei finanziamenti per scienze e tecnologie, e il numero di ricercatori e sviluppatori nel Paese è notevolmente diminuito: ora la loro quota per mille abitanti, per esempio, è 16 volte inferiore a quella di Cina. Dopo l’inizio della guerra, si è scoperto che il Paese non aveva ingegneri e progettisti, né tecnologie e materiali per sostituire i fornitori stranieri scomparsi.
Avanti nel passato
Già a maggio si è scoperto che il sistema di trasporto russo era prossimo al collasso a causa delle sanzioni. Grandi somme di denaro sono state stanziate dal budget per salvarla, ma la qualità del trasporto è solo peggiorata. Il ministro Vitaly Savelyev ha dovuto affermare che le sanzioni hanno praticamente “rotto tutta la logistica del paese“. Pochi giorni dopo lo scoppio della guerra, l’industria automobilistica in Russia si è fermata a causa della carenza di chip, semiconduttori e pezzi di ricambio. Ai dipendenti è stato ridotto lo stipendio e alcuni sono stati costretti a dimettersi. Visto anche il ritiro delle case automobilistiche straniere dalla Russia, a maggio la produzione di autovetture in Russia aveva praticamente cessato di esistere: è diminuita del 96,7%. A giugno, la più grande casa automobilistica russa AvtoVAZ ha ripreso la produzione, anche se ha iniziato a risparmiare sulla sicurezza delle auto e sull’ambiente: le auto sono prodotte in versione “semplificata”, ovvero senza airbag, ABS e sistema di chiamata di emergenza in caso di incidente. Non vengono più prodotte nemmeno le auto con cambio automatico perché la tecnologia è stata importata e non c’è nulla con cui sostituirla. Inoltre, poiché i motori che regolano il livello di emissioni non sono più importati in Russia, le fabbriche ora producono anche macchine di classi ambientali più basse, incluse le Euro 0.
“Mezzo anno di guerra ha dimostrato che l’industria automobilistica russa è stata originariamente creata come un’industria dipendente dalle importazioni, vulnerabile e non autonoma. In tempo di pace, questa si chiama integrazione internazionale ed è considerata uno scenario adatto a paesi come il Sudan”, scriveva a settembre l’esperto automobilistico Sergey Aslanyan. Nonostante il parziale ripristino della produzione, dall’inizio dell’anno in Russia sono state prodotte il 64,2% di auto in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Allo stesso tempo, gli esperti dicono che nei prossimi anni il compito principale dell’industria automobilistica russa sarà quello di ricreare tecnologie arretrate e produrre vecchie auto (ad esempio, Kamaz è tornato alla produzione del modello del 1976), perché per molti anni la Russia, invece di sviluppare le proprie competenze, acquistava progetti, tecnologie e prodotti finiti stranieri. Per quanto riguarda i pezzi di ricambio, per ora la Russia conta su forniture da Cina, Iran e India.
Cannibalizzazione degli aerei
La maggior parte degli aerei delle compagnie russe appartengono alle società di leasing degli Stati Uniti e dell’Europa, ma dopo l’annuncio delle sanzioni, la Russia, ovviamente, non ha intenzione di restituirli. Il problema è come fornire assistenza agli aerei stranieri se ora alla Russia non vengono più venduti beni e tecnologie legate all’aviazione. L’opzione a cui sono ricorse le compagnie aeree russe è nota come “cannibalizzazione degli aerei” e consiste nello spostare i pezzi di ricambio da un aeromobile all’altro. Alcuni aerei vengono mandati in disuso e servono come “donatori” per quelli che continuano a volare. Anche Aeroflot, la compagnia aerea controllata dallo Stato, ha dovuto far fronte a una carenza di pezzi di ricambio importati, mentre in caso di alcune aziende la metà della flotta è diventata “donatrice”. Tali misure dovrebbero aiutare a mantenere gli aerei funzionanti per ancora qualche anno. Il “cannibalismo” è stato approvato dal governo russo affermando che smontare gli aerei era “una pratica mondiale“.
Ovviamente resta la possibilità di pilotare gli aerei propri, come il Sukhoi Superjet 100 (che però utilizza comunque i ricambi stranieri). Inoltre, lo Stato stanzia sussidi per il ripristino della produzione di aeromobili secondo i progetti sviluppati ancora in Unione Sovietica. Ad esempio, la compagnia aerea russa UTair prevede di acquistare 20 vecchi aeromobili Yak progettati negli anni ’60 e ’70. Allo stesso tempo, per motivi di economia, ai piloti viene offerto di svolgere autonomamente manutenzione e riparazione degli aerei. Viene inoltre consigliato loro di utilizzare meno i freni durante l’atterraggio e il rullaggio, per ridurre l’usura e preservare le parti che non vengono consegnate a causa delle sanzioni. Inoltre, dal 2030, per risparmiare il governo russo vuole sostituire il copilota in tutti gli aerei con uno virtuale, mentre le compagnie hanno già smesso di reclutare nuovi piloti e stanno persino costringendo alcuni dipendenti a licenziarsi. Finora, i piloti russi non si lamentano della sicurezza del volo. Tuttavia, il fatto che, a causa delle sanzioni, la Russia sia stata disconnessa dagli aggiornamenti del sistema di navigazione internazionale e delle mappe delle rotte crea problemi durante i voli. E di recente, l’Organizzazione Internazionale per l’Aviazione Civile (ICAO) presso le Nazioni Unite ha abbassato il rating della sicurezza del volo in Russia: ora il Paese è contrassegnato da una “bandiera rossa” che in precedenza aveva solo il Bhutan.
Alte tecnologie e importazioni parallele
Probabilmente il colpo più grave è stato il ritiro dalla Russia delle aziende high-tech. “I microprocessori non vengono più forniti alla Russia, eppure sono, si potrebbe dire, la spina dorsale di qualsiasi economia”, afferma Markus Ederer, l’ambasciatore dell’Ue in Russia che ha recentemente lasciato l’incarico. Ad esempio, dopo che le aziende americane hanno smesso di fornire gli Atm alle banche russe, non potendo sostituirli con quelli nazionali le aziende hanno dovuto rivolgersi a fornitori cinesi. Le sanzioni occidentali hanno portato a una carenza di pezzi di ricambio anche per i laptop, quindi per riparare le apparecchiature i centri di assistenza devono smantellare vecchi gadget oppure ordinare i pezzi di qualità inferiore in Cina. Le importazioni di smartphone in Russia nella prima metà dell’anno sono diminuite del 38%, e il russo AYYA T1, sviluppato dalla corporazione statale Rostech, si vende molto male persino in condizioni di scarsità.
Ma una cosa sono telefoni e computer e un’altra è l’attrezzatura di emergenza per le squadre di soccorso del Ministero delle situazioni di emergenza. I soccorritori mancano di elettronica e di strumenti importati ma i produttori russi non sono in grado di sostituirli completamente. “Per la maggior parte delle imprese russe, il problema oggi è la mancanza di materie prime. Mentre la quota di ricambi stranieri per produrre i dispositivi di protezione per i vigili del fuoco è del 100%”, afferma il vice capo del ministero Alexander Chupriyan. Come nel caso delle auto senza airbag e degli aerei sovietici, la preoccupazione qui è la sicurezza. Un altro esempio legata al fatto che non è chiaro come sostituire gli ascensori condominiali più vecchi di 25 anni. Vista la dipendenza dai pezzi di ricambio importati, il prezzo degli apparecchi è aumentato del 30%, perciò, ad esempio, a Mosca il budget è stato sufficiente per acquistare solo 35 nuovi ascensori invece di 2.000.
Anche l’industria petrolifera e gasifera russa ha dovuto affrontare massicce sanzioni tecnologiche da parte dell’Ue. Ad esempio, il ritiro dalla Russia delle più grandi società internazionali di servizi petroliferi ha privato le imprese russe dell’accesso a tecnologie sofisticate e software per i sistemi di controllo. Inoltre, sebbene non ci siano quasi problemi con l’attrezzatura per la produzione di petrolio, la produzione del gas naturale liquefatto (GNL) in Russia dipendeva fortemente dalle apparecchiature provenienti dall’Europa e dagli Stati Uniti. Il divieto della loro fornitura alla Russia pone fine ai piani del Paese di diventare uno dei maggiori produttori mondiali di GNL. Inoltre, le sanzioni hanno colpito anche l’esplorazione geologica: ora la dipendenza dal software straniero è del 95% e per sostituirlo ci vorranno almeno cinque anni.
A maggio, il governo russo ha legalizzato un meccanismo parecchio stravagante come le importazioni parallele, ovvero l’importazione di merci nel Paese senza il consenso dei detentori dei diritti. Fino alla metà di agosto, in base a questo schema sono stati importati in Russia pezzi per elettronica, abbigliamento, cosmetici, attrezzature industriali e materiali per un valore di 6,5 miliardi di dollari. Tuttavia, gli esperti avvertono che in una situazione del genere c’è un alto rischio di incappare in un falso, e il ministero dell’Energia russo ha già espresso dubbi sul fatto che le importazioni parallele aiuteranno a eludere le sanzioni nel settore dell’alta tecnologia, dove tutto dipende dalla qualità.
Leonid Gozman, attivista e politico russo, poco prima di essere arrestato per un post su Facebook, ipotizzò che il progresso tecnologico fosse il problema principale del regime di Putin perché riduce la dipendenza dalle risorse non rinnovabili e quindi “distrugge costantemente la posizione dello Stato russo, lo rende più debole e prima o poi lo porterà al collasso”. Finora, i tentativi della Russia di raggiungere la sovranità tecnologica sono più simili, nelle parole dell’economista serbo-americano Branko Milanovic, a una “sostituzione tecnologicamente regressiva delle importazioni”. Ma questo non ha importanza, perché la modernizzazione tecnologica è ben lontana dalla prima preoccupazione delle autorità russe. Ne parla Dmitry Peskov, rappresentante speciale del presidente per lo sviluppo digitale e tecnologico: “La nostra nuova Guerra Fredda del 2022 richiede un cambiamento a livello cognitivo. Non ha senso occuparsi delle tecnologie senza risolvere il problema della sovranità cognitiva. La sovranità cognitiva è quando nella tua testa non può essere messa la ragione di un altro e hai abbastanza capacità analitiche per separare ciò di cui hai veramente bisogno da ciò che ti viene imposto dagli altri”.