Senza nomi, solo numeri. A nove anni dalla strage dell’isola di Lampedusa, in cui morirono 368 migranti nella traversata della speranza verso l’Italia, non è rimasto che il ricordo per i parenti che nella più grande tragedia del Mediterraneo hanno perso i propri cari. Questo ricordo è però inficiato dalla scarsa cura delle sepolture, che provoca dolore su dolore a mogli e figli delle vittime, molti dei quali non sanno neanche dove è seppellito il proprio caro.

Accade infatti che le bare, seppellite subito dopo la tragedia nei vari paesi della provincia di Agrigento che hanno dato la disponibilità, in molti casi sono finite in loculi in cui non è stato scritto alcun nome ma soltanto un numero. Molti dei migranti morti sono seppelliti nella città di Agrigento, nel cimitero di Piano Gatta, in una serie di loculi in cui non c’è alcun nome, ma solo una serie di numeri indistinti, senza alcuna foto e con dei fiori ormai appassiti a fare da cornice a luoghi grigi senz’anima.

«Chiediamo dignità per le vittime – ha denunciato don Mussie Zerai, prete in passato candidato al premio Nobel per la pace per la sua attività a favore dei migranti – dignità anche nelle sepolture. Facciamo appello alle amministrazioni locali e regionali di dare degna sepoltura, in certe zone della Sicilia le sepolture dei migranti sono totalmente abbandonate, rese irriconoscibili dall’incuria. Le famiglie che ogni anno vengono in visita vivono lo strazio di vedere queste tombe lasciate all’incuria e all’indifferenza”. Proprio il prete, che si è fatto portavoce del dolore dei parenti dei morti del Mediterraneo, si ha effettuato un “tour” per tutti i cimiteri della provincia di Agrigento per visionare e cercare di fare chiarezza sulla sepoltura dei 368 migranti, nei paesi della Sicilia.

L’idea è venuta infatti lo scorso anno, quando due tombe del cimitero di Sciacca, dove erano state seppellite due vittime del naufragio, erano state trasferite nei campi di sepoltura comuni per lasciare spazio ad altre due persone originarie della cittadina saccense. A scoprirlo proprio i parenti delle vittime, di origine eritrea, che si erano recati a porre un fiore sulla tomba dei propri cari. Il prete si è rivolto al commissario straordinario del Governo per le persone scomparse per ricostruire una mappa delle persone sepolte ed evitare altri episodi del genere. Intanto il prete si è fatto promotore affinché la giornata del tre ottobre diventi la giornata internazionale per ricordare le vittime del Mediterraneo. Da quella tragedia infatti, più di 24mila persone sono morte nella traversata. Anche questa estate con l’acuirsi della crisi che ha colpito anche i paesi africani, sono ricominciati senza sosta sbarchi con conseguenti morti in mare e altre bare che sono arrivate a Porto Empedocle, in una emergenza che rappresenta l’ordinarietà.

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