Corrono i listini azionari di tutta Europa, consolidando i forti guadagni di ieri. Francoforte ha chiuso in rialzo del 3,7%, Parigi quasi del 4,2%, Londra del 2,6%. Milano in rialzo del 3,4%. A Wall Street lo Standard and Poor’s 500 prosegue con un guadagno del del 2,4% e il Nasdaq del 2,6%. Le borse sono esaltate dalla possibilità che le grandi banche centrali frenino o addirittura arrestino il loro percorso di rialzo dei tassi di interesse. I rinnovati timori di una recessione severa e le recenti turbolenze che si sono verificate sui mercati rendono un po’ più concreta questa ipotesi. Nelle ultime ore sono arrivati diversi appelli in tal senso. La conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo ha chiesto alle banche centrali di invertire la rotta sull’aumento dei tassi di interesse, affermando che questa linea sta conducendo il mondo verso una recessione globale e una prolungata stagnazione.
Un invito alla Federal Reserve statunitense a considerare le ricadute delle sue politiche anche sui paesi emergenti (che comunque risentono della forza o della debolezza del dollaro, ndr) sono giunte anche dal Fondo monetario internazionale. Le tensioni che nelle ultime ore si sono registrate sui mercati finanziari, innescate dalle preoccupazioni sulle condizioni del colosso bancario svizzero Credit Suisse hanno mostrato un elevato livello di nervosismo che potrebbe indurre le banche centrali a procedere con maggiore cautela. La scorsa settimana la banca centrale inglese è stata costretta a sospendere la sua politica restrittiva per correre in soccorso dei titoli di stato britannici affossati dal piano di tagli fiscali finanziati a deficit presentato (e poi ritirato) dalla premier Liz Truss. Per contro le autorità monetarie devono fronteggiare la corsa dell’inflazione, ormai intorno al 10% sia negli Stati Uniti che nella zona euro. Alzare i tassi è un modo per ridurre la quantità della moneta in circolazione e favorire un raffreddamento dei prezzi. Questo però ha anche l’effetto di rallentare l’economia e ridurre i capitali a disposizione per investire in prodotti finanziari, riducendone così le quotazioni.
La Bce dovrebbe “arrivare senza esitazione” ad un tasso neutrale dei tassi d’interesse entro fine anno, con la possibilità di rallentare la corsa al rialzo nel 2023″, ha detto il governatore della Banca di Francia (e membro del consiglio direttivo della Bce) Francois Villeroy de Galhau in un’intervista al quotidiano olandese Nrc. Villeroy sarebbe a favore di un rialzo al ritmo serrato seguito finora – la Bce ha finora alzato i tassi di 125 punti base in due passi a luglio e settembre – fino a raggiungere “al di sotto o vicino al 2%” che il governatore stima come neutrale. “Poi potremmo iniziare una seconda parte del viaggio, più flessibile e magari più lenta: non dico che i rialzi si fermeranno lì, ma dovremo valutare complessivamente le prospettive per l’inflazione e l’economia”.
Nel pomeriggio la presidente Christine Lagarde ha puntualizzato che la Bce, di fronte a un’inflazione così elevata, “certamente non deve stimolare la domanda ulteriormente”: è per questo che la banca centrale europea lo scorso dicembre ha deciso di terminare gli acquisti netti di bond e nel 2022 iniziato a rialzare i tassi d’interesse. “Dobbiamo riportare l’inflazione all’obiettivo (del 2%, ndr) perché se lasciamo correre l’inflazione è come il dentifricio, una volta spinto fuori poi è molto difficile riportarlo dentro il tubetto, procurerà dolore”.
Le banche europee non stanno prendendo abbastanza seriamente i rischi economici, con molti istituti che continuano ad aspettarsi il basso livello delle insolvenze ereditato dagli ultimi due anni e altri che contano sulla spinta agli utili arrivata dal rialzo dei tassi d’interesse. Lo ha detto il presidente del Consiglio di vigilanza bancaria della Bce Andrea Enria. “C’è “una certa riluttanza da parte delle banche a impegnarsi seriamente nelle discussioni di vigilanza” sui rischi economici. “Un atteggiamento che comporta dei rischi perché “l’invasione russa dell’Ucraina si sta trasformando in un vero e proprio shock macroeconomico”.