Politica

Lega, Castelli: “Si cambi leader e nome. La nostra classe dirigente sono gli amministratori, non gli scappati di casa che vanno in Parlamento”

“Io rifiuto la tesi che sento riecheggiare sempre e che dice: ‘Salvini è stato bravo perché ha preso il 34% in passato”. Ma a cosa servono questi voti? Se servono a fare una politica completamente diversa da quella che era la ragion d’essere della Lega a me quei voti non interessano. Anzi, li trovo dannosi. Ma poi questo nome del partito ‘Lega Salvini Premier” è démodé. Credo che ormai questo disegno che ha sacrificato le ragioni del Nord per avere Salvini premier sia definitivamente tramontato”. Inizia così, ai microfoni di Radio Radicale, il duro attacco di Roberto Castelli, ex ministro e storico dirigente leghista, all’indirizzo del capo del Carroccio, che proprio oggi ha convocato un nuovo Consiglio federale.

Castelli, così come altri militanti storici della Lega, rappresenta una fronda interna anti-salviniana ormai in subbuglio e sempre crescente. E spiega: “Salvini ha fatto una conversione a 180 gradi, trasformando la Lega da un partito del Nord a un partito nazionale, da un partito federalista a un partito centralista. E in questo modo ha ottenuto in passato un sacco di voti. Contento lui, ma sicuramente questo non vale per me e per tanti leghisti. Alla base della mia contestazione a Salvini c’è l’amara constatazione che ha abbandonato ogni politica a difesa del Nord – sottolinea – a cominciare dai referendum consultivi del 2017 senza che nulla sia accaduto. La perdita dei voti che ha subito non tanto la Lega quanto Salvini è legata a tutta una serie di errori ultimi, come certe posizioni che evidentemente l’elettorato non ha gradito. Ricordiamo sempre che i voti più che i partiti li prendono i leader. Quel 34% erano voti di Salvini, non della Lega, tantomeno della Lega Nord. Poi l’elettore si disamora e cambia cavallo. Adesso è il turno della Meloni“.

Castelli rincara: “La grande colpa che personalmente do a Salvini è quella per cui la Lega ha perso voti in nostri territori storici. A queste politiche gli elettori hanno votato Salvini e lo hanno bocciato. Lui è il leader e sa benissimo che i voti sono i suoi, quindi di fatto mette il partito non in secondo piano, ma addirittura molto più indietro: le sezioni chiudono, i congressi non si fanno, i militanti diventano quasi un fastidio perché tanto non servono e lui prende comunque voti nel resto d’Italia. La Lega ha sofferto molto. A me interessa poco cosa farà la Lega Salvini premier”.

Circa il silenzio dei presidenti leghisti di Regione (Fontana, Zaia e Fedriga) sulla leaderhsip di Salvini, Castelli osserva: “Hanno un atteggiamento prudente per via del proprio ruolo, ma sicuramente non sono tranquilli. Sono preoccupati. È evidente che un governatore non ha nessun interesse a creare terremoti. A Pontida il palco era tutto blu e c’era scritto “Prima l’Italia”. C’erano personaggi che hanno sempre indossato la camicia verde e che quest’anno sono arrivati lì con la maglietta blu proprio per sottolineare la distanza con la vecchia Lega Nord. Eppure, mi ha colpito che Zaia, prima di intervenire, abbia fatto stendere sotto di sé un’enorme bandiera di San Marco. Un segnale precisissimo a chi l’ha saputo cogliere – conclude – La verità è che nessuno immaginava che la Lega avesse questo crollo verticale alle politiche. Tutti quanti noi pensavamo che arrivasse almeno al 12-13%. La classe dirigente della Lega? È fortissima e potentissima. Abbiamo tre governatori, tanti sindaci e consiglieri comunali. La nostra classe dirigente è fatta di amministratori, che è poi la fucina di uomini che non sono certamente gli scappati di casa che vanno in Parlamento senza sapere niente di niente“.