di Monica Valendino

Sono passati quasi otto mesi da quel 24 febbraio, quando la Russia optò per un’operazione militare per porre fine alla “questione Ucraina”. Mesi in cui la propaganda ha ottenuto il suo obiettivo, quello di anestetizzare le coscienze delle persone. Viviamo in tempi in cui è fin troppo facile convincere che si sta combattendo una guerra tra buoni e cattivi, tra democrazie e autarchie, che è necessaria per evitare che in futuro le nostre terre vengano minacciate direttamente. Molte persone hanno creduto a tutto questo, altre meno, altre ancora per niente, ma rimane il minimo comune denominatore – ovvero che nessuno si sta muovendo per cercare di convincere i propri governi a fare l’unica cosa saggia: trattare.

Nessuna grande manifestazione di piazza, come accadeva negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso quando la politica estere Usa aveva un dissenso interno che, se non la fermava, almeno portava alla luce il vero fine di quest’ultima – che non è di certo la libertà dei popoli o il loro benessere (leggasi Afghanistan, Iraq, Libia, Cuba solo per citarne alcuni), ma il controllo su di essi per poter allagare la propria egemonia economica. Non sono tesi scritte dal Cremlino, è una storia che andrebbe conosciuta per poter giudicare senza pregiudizi e tornare a trattare, consapevoli che, come ha più volte affermato anche Francesco, non esistono un bene e un male assoluti.

Scriveva il 15 febbraio scorso su Il Sole24 Ore (non la Pravda) Enrico Verga: La vera guerra si combatte ormai da un anno, a Washington, e non richiede armi. Si usano soldi (milioni di dollari), email, incontri, lobbisti ucraini e americani che, con le loro agenzie di lobby politica, spiegano l’importanza delle idee dei loro clienti… invero un’unica idea: che “il Nord Stream 2 non va bene per noi cittadini dell’Unione Europea”. (…) Il vero motivo di tutto sta quindi nell’energia, quella passata e quella che verrà, e che non deve avere il gas russo in Europa.

A decretarlo, secondo l’analisi sul quotidiano economico, una serie di lobby che di fatto governano il mondo, anche se in Occidente è difficile ammetterlo: “Le attività di lobby a Washington sono registrate presso il Fara. Questo organo mappa la maggioranza le delegazioni o i singoli portatori di interessi che operano nella capitale americana. Tra le organizzazioni più attive, specialmente nel 2021, risulta la Ukrainian Federation of Employers of the Oil & Gas Industry (di seguito Ufeogi) che rappresenta gli interessi delle aziende di petrolio e Gas ucraine. Nel 2021 la Ufeogi ha assoldato e pagato 840.000 dollari alla Yorktown Solutions per operazioni di lobby verso di politici americani, media e think tank. Il contratto, come riportano i file di Fara, è stato rinnovato per tutto il 2022.

Le relazioni tra Yorktown e Ucraina sono state costruite nel tempo (qui la lista completa, o meglio quella disponibile al Fara). I primi contatti (2017 e 2018) sono stati con la compagnia nazionale del gas ucraino, Naftogaz. Le cui esigenze, in cambio di contratti (37.000 dollari del 2017 e 34.000 dollari del 2018), erano specificamente miranti a far capire ai politici americani che il Nord Stream 2 era una minaccia, non solo per l’Ucraina (che avrebbe perso miliardi di fee) ma anche per i cittadini europei.

Oggi dunque i cittadini europei sono chiamati mai come nella loro storia recente a domandarsi da che parte vogliono stare, perché il rischio che il Vecchio Continente diventi un cumulo di macerie (economiche se non strutturali) è palese. Schierarsi non significa necessariamente stare da una delle due parti, ma dalla propria, considerando le verità non dette dalla propaganda e cercando di fare pressioni perché l’Europa possa riprendersi il suo ruolo, prima che diventi solo un mezzo per arrivare al fine altrui.

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