Ultimo semaforo verde per la direttiva sul salario minimo in Ue. L’Ecofin ha dato il suo via libera finale. La direttiva, già approvata a settembre in via definitiva anche dal Parlamento europeo, entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale e gli Stati membri hanno due anni per recepirla nel diritto nazionale. Il testo punta a rafforzare il ruolo della contrattazione collettiva, che dovrà arrivare fino all’80%. Non viene invece fissato un salario minimo vero e proprio nell’Ue, e ancor meno un obbligo di introdurlo in Paesi in cui non ci sia già, come l’Italia.
Gli Stati membri con salario minimo legale sono tenuti a prevede procedure per fissare e aggiornare questi salari minimi secondo una serie di criteri chiari. Gli aggiornamenti avverranno almeno ogni due anni (o non oltre ogni quattro anni per i paesi che utilizzano un meccanismo di indicizzazione automatica). Tuttavia, la direttiva non prescrive un livello salariale minimo specifico che gli Stati membri devono raggiungere. Per quanto riguarda la promozione della contrattazione collettiva sulla fissazione dei salari, uno degli obiettivi della direttiva è aumentare il numero di lavoratori coperti. Per questo i paesi dovrebbero promuovere la capacità delle parti sociali di impegnarsi nella contrattazione collettiva. Laddove il tasso di copertura sia inferiore a una soglia dell’80%, dovrebbero definire un piano d’azione per promuoverla.
Per la federazione europea dei sindacati, Etuc, “ora gli Stati membri devono agire per garantire di disporre di leggi e pratiche in tempo” per il termine dei due anni per il recepimento. E “seguire immediatamente l’esempio della Germania aumentando i salari”. Il Paese aveva un salario minimo al di sotto della soglia a rischio povertà (60% del salario medio nazionale) e al di sotto del 50% del salario medio, come due terzi dei Paesi Ue, ricorda l’Etuc. Il primo ottobre ha aumentato il salario minimo da 10,45 euro l’ora a 12 euro l’ora, portandolo al 60% del salario medio nazionale e offrendo un aumento salariale del 15% a 6,64 milioni di lavoratori. “La crisi del costo della vita richiede che i governi aiutino immediatamente i lavoratori meno pagati”, commenta la vice segretaria generale dell’Etuc Esther Lynch.
In Italia la Cgil e la Uil hanno aperto solo a un salario minimo nella forma dell’estensione dei minimi previsti dai ccnldi ogni settore. La Cisl è recisamente contraria. Censis e Confcooperative hanno diffuso lunedì un rapporto che ricorda come siano 4 milioni i lavoratori del settore privato che, in Italia, guadagnano meno di 1000 euro al mese, in 412mila assunti a tempo indeterminato e full time. Quasi 5 milioni sono dipendenti a termine, part-time (anche involontari) e collaboratori: una condizione di precarietà che tocca il 21,7% dei 22.500.000 di occupati totali.