A una settimana dal consiglio dei ministri che ha varato la Nota di aggiornamento al Def, resta fantasma la Relazione 2022 sull’evasione fiscale e contributiva. Il documento è pronto da tempo ed è citato nella Nadef stessa, ma non è ancora stato pubblicato sul sito del Tesoro. “In un Paese con questo livello di evasione e in cui c’è il problema di trovare risorse per dare risposte alla crisi non è possibile che venga meno questo impegno di rendicontazione e trasparenza”, dice ora al fattoquotidiano.it Gianna Fracassi, vicesegretaria generale della Cgil, che già martedì insieme a Cisl e Uil ha chiesto chiarimenti. “Se il Mef non la pubblica, chi ha la responsabilità politica di quel dicastero deve quanto meno spiegare il perché”. Il ministro tace, ma la sottosegretaria Maria Cecilia Guerra (Articolo uno, fresca di rielezione alla Camera nella lista Pd-Italia democratica e progressista) fa sapere: “Non vedo ragioni per le quali la Relazione sull’evasione fiscale non debba essere pubblicata. Ha un importante valore informativo e conoscitivo ed è per questo curata da una commissione indipendente. È sempre stata allegata alla Nadef per ovvie ragioni di trasparenza“.

Al ministero ha scritto per sollecitare la pubblicazione anche il capogruppo di Liberi Uguali Verdi e neoeletto alla Camera con l’alleanza Verdi-Sinistra, Marco Grimaldi, chiedendo se dietro il ritardo ci sia “solo una dimenticanza” oppure “una reticenza nei confronti di rilevazioni emerse o misure suggerite che potrebbero non coincidere con gli indirizzi dell’attuale maggioranza“. Questo perché nella Relazione, come ricorda Fracassi, sono attese nuove valutazioni sull’efficacia di misure come la fatturazione elettronica e “l’avvio dell’interoperabilità delle banche dati grazie al decreto varato in estate che supera i problemi della privacy”. L’incrocio delle banche dati è però fumo negli occhi per il centrodestra, che sostiene si tratti di misure orwelliane. Non solo: come scritto dal Fatto Quotidiano martedì, l’edizione 2022 contiene tra il resto le prime valutazioni sull’impatto della flat tax al 15% per le partite Iva con redditi fino a 65mila euro introdotta dal governo gialloverde su richiesta della Lega. Una misura il cui potenziale effetto di incentivo a nascondere al fisco i ricavi superiori alla soglia è stato fin dall’inizio paventato dagli addetti ai lavori. Probabile che i risultati dell’analisi ex post possano non coincidere con gli orientamenti del prossimo governo, che punta all’ampliamento della tassa piatta agli autonomi con redditi fino a 100mila euro e a una tassa piatta “incrementale”, cioè solo sull’incremento di reddito rispetto a quello dell’anno prima, che varrebbe anche per i dipendenti.

Importantissimi anche i nuovi dati sulle cifre recuperate grazie al miglioramento della compliance fiscale: “Da questo dipendono anche i fondi del Pnrr”, ricorda Fracassi. Nel Piano, infatti, l’Italia ha promesso di recuperare 12 miliardi entro il 2024 riducendo il tax gap del 15% rispetto al 2019. Un obiettivo decisamente ambizioso. Anche perché nel frattempo sono cadute nel vuoto diverse proposte ad hoc arrivate dal dipartimento Finanze del Mef: consentire all’erario la raccolta di informazioni via web (data scraping, come in Francia), introdurre estrazioni istantanee della lotteria degli scontrini, trasformare le comunicazioni “cambia verso” che dovrebbero incentivare l’adempimento spontaneo in titoli subito idonei alla riscossione degli importi evasi. Il governo Draghi si è limitato a estendere la fatturazione elettronica alle partite Iva in regime forfettario e far scattare blande multe per gli esercenti che non accettano il bancomat.

Le maggiori entrate strutturali, in base alla legge, vanno destinate a “interventi in materia di riforma del sistema fiscale”. A decidere come impiegarle sarà il prossimo esecutivo. Le cui proposte di flat tax vengono rispedite al mittente dal sindacato: “Non c’entrano niente con le necessità del Paese, che ha bisogno di più equità”, chiude Fracassi. “Occorre rivedere scelte sbagliate come la prima mini riforma Irpef di Draghi, che ha avvantaggiato soprattutto i redditi medio alti, estendere la base imponibile e aumentare la progressività prevista dalla Costituzione”.

In più, è l’auspicio, serve “una riduzione del carico fiscale e contributivo attraverso la fiscalizzazione degli oneri sociali, per rendere più pesanti le buste paga. La mini decontribuzione del 2% va rafforzata. Le risorse? Dagli extraprofitti e da un serio riordino degli incentivi esistenti. E, se occorre, anche da un contributo di solidarietà a carico di chi ha di più”. Semaforo rosso, invece, rispetto alla nuova “pace fiscale” prevista nei programmi del centrodestra: “I condoni sono profondamente ingiusti per chi le tasse le ha sempre pagate”. Oltre ad essere un boomerang per un Paese che si è impegnato a ridurre la tendenza ad evadere.

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