La consigliera Monica Forte si è astenuta nel voto sulla mozione di censura all'assessore Romano La Russa, motivando la scelta con una sorta di endorsement alla premier in pectore: "Non posso che sostenerla in quanto donna". I 5 stelle chiedono le dimissioni: "Ci ha usati come un taxi per entrare nelle istituzioni, ora lasci la poltrona, ha una nuova collocazione politica". I retroscena, infatti, la danno vicinissima all'adesione a una lista civica vicina a Letizia Moratti
Se il saluto romano non è costato a Romano La Russa il posto da assessore della giunta lombarda, il voto che lo ha salvato porta i suoi primi effetti. Al Pirellone non è passata inosservata l’astensione della presidente della commissione speciale Antimafia Monica Forte, eletta con il M5s, da cui è uscita un anno fa per iscriversi al gruppo misto. Un’astensione motivata, tra le altre cose, con un’apertura di credito a Giorgia Meloni risultata indigesta ai consiglieri regionali del suo ex partito e del Pd, che hanno deciso di abbandonare i lavori della commissione finché sarà lei a presiederla: “Lasci la poltrona”, la loro richiesta. In aula, infatti, Forte aveva definito il gesto di La Russa “certamente inopportuno”, ma aveva detto di non condividere “questo continuo innalzamento del livello dello scontro iniziato durante la campagna elettorale per le elezioni politiche, in quanto ci troviamo in assenza di un pericolo concreto di ritorno del fascismo”. Dopodiché si era lanciata in quello che alle minoranze è sembrato un qualcosa di molto vicino a un endorsement a favore della leader di Fratelli d’Italia: “Sono convinta che le persone vadano misurate e valutate sul loro operato, e mi riferisco a Giorgia Meloni, che, come donna, non posso che sostenere. Se come prossima presidente del Consiglio sbaglierà, la prossima volta che vedremo una donna ricoprire quel ruolo sarà tra duecento anni, quindi non posso che augurarmi che faccia bene, non solo in quanto donna, ma nell’interesse del Paese”.
Parole come gocce che han fatto traboccare un vaso che ribolliva da un po’. Lo si capisce dalla nota con cui il M5s ha annunciato il ritiro dalla commissione Antimafia del proprio consigliere Ferdinando Alberti: si fa riferimento a chi ha “utilizzato i nostri valori e le nostre idee come un taxi per entrare nelle istituzioni, salvo poi comportarsi in maniera opposta” e alle “plurime sbandate della consigliera Forte”, a cui ora viene chiesto di lasciare la presidenza della commissione “in considerazione della sua nuova collocazione politica”. Un chiaro riferimento alle voci che circolano da settimane e danno Forte in procinto di entrare nei ranghi di una lista civica a cui starebbe lavorando la vicepresidente regionale Letizia Moratti. “Non possiamo restare indifferenti di fronte alla slabbratura istituzionale consumatasi ieri con il voto di astensione”, continua il comunicato. “La consigliera Forte è ovviamente libera di mettere la sua professionalità al servizio della coalizione di centrodestra che ora governa il Paese, abbia però il coraggio di comunicarlo formalmente. Altrimenti, sarebbe logico pensare che l’unica ragione a trattenerla sia l’esigenza di non lasciare la poltrona di presidente della commissione Antimafia. Presidenza, è bene ricordare, raggiunta grazie ai voti della minoranza e grazie al voto degli elettori del M5s”. Dalla commissione si sono dimessi anche i due membri del Pd, Gian Antonio Girelli e Angelo Orsenigo, che denunciano “il disagio nei confronti della gestione personalistica della commissione da parte della sua presidente, espressione delle minoranze con le quali ha da tempo tagliato i ponti, fino alla plateale presa di distanza, ieri in consiglio, sulla mozione di censura all’assessore La Russa”.
Consigliera preparata, Monica Forte si era fatta le ossa nello staff della ex consigliera del M5s Silvana Carcano, prima di essere eletta lei stessa nel 2018. Un anno fa, all’indomani del flop dei 5 Stelle alle comunali di Milano, aveva lasciato il Movimento annunciandolo con un post su Facebook in cui criticava la linea dettata da Giuseppe Conte: “Questa non è l’evoluzione del Movimento 5 stelle, questo è il nuovo partito di Conte che, a iniziare dallo Statuto e continuando con la comunicazione e con la gestione delle amministrative, nulla ha a che vedere con il Movimento”. Da lei, finora, nessun commento né sulle dimissioni dalla commissione dei consiglieri di M5Sse Pd, né sulle voci che la danno ormai vicinissima al centrodestra e alla Moratti. Dal suo staff si limitano a dire che “in questi mesi non si è occupata del suo prossimo collocamento politico. È concentrata sul lavoro della commissione Antimafia”. Ma non è un caso che a sua difesa si ergano gli esponenti di tutti i partiti di centrodestra, con il capogruppo di Forza Italia Gianluca Comazzi che definisce le dimissioni come “una ritorsione nei confronti di Forte, colpevole di ragionare con la sua testa senza sottostare ai diktat di un partito, al quale peraltro non appartiene”. Franco Lucente di Fdi parla di “bullismo e prepotenza” di M5S e Pd, mentre il leghista Roberto Anelli accusa i dimissionari di “intolleranza” e di essere “i veri fascisti”.