Secondo l'accusa le ditte boschive coinvolte hanno tagliato più alberi di quelli autorizzati e mischiato la legna con catrame e immondizia, falsificando sistematicamente i documenti sul conferimento del cippato. I cinque impianti calabresi – i più grandi in Italia - avrebbero presentato al Mipaaf dati non veritieri provocando un danno allo Stato da 13 milioni di euro. 31 le persone arrestate
“Se questi qua, non sia mai, cacciano davvero gli incentivi, abbiamo finito di spacchiare (sguazzare, è finita la pacchia, ndr) tutti quanti”. Così due fornitori di cippato dell’impianto a biomasse legnose di Cutro (Crotone) commentavano le proposte parlamentari di eliminare i sussidi alla produzione di energia dalla combustione di legna, nel luglio 2018. L’intercettazione è inserita nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip del Tribunale di Catanzaro che ha disposto l’arresto di 31 persone (due sono irreperibili), indagate per associazione per delinquere di stampo mafioso, e il sequestro dell’impianto a biomasse di Cutro, insieme ad altre sette imprese boschive della provincia di Crotone e quattro della provincia di Caserta. L’operazione è stata condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Crotone, dai Ros e dal Nipaf (Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale e Forestale) di Cosenza. Per il procuratore Nicola Gratteri, che ha coordinato le indagini, i 31 appartengono a una organizzazione che controlla un vasto territorio della provincia di Crotone. “Lo Stato incentiva le biomasse perché ritiene producano energia pulita – ha sottolineato Gratteri in conferenza stampa – è un’attività prevista dalla legge dove si ottengono milioni di euro di contributi. Ma questi presunti innocenti, secondo l’imputazione, nel cippato mettevano spazzatura, catrame, asfalto della ripulitura dell’autostrada”.
Catrame dei lavori Anas in Puglia mischiato al cippato di legna bruciato a Cutro – Il materiale proveniente dai lavori di manutenzione e pulizia del sedime stradale effettuati dall’Anas in Puglia secondo l’accusa è stato conferito – almeno una volta – alla centrale a biomasse di Cutro gestito dalla società Serravalle Energy sequestrata nei giorni scorsi. Le evidenze della fornitura di materiale sporco emergono anche da una conversazione telefonica intercettata nell’ottobre 2016 e riferita all’acquisto di materiale da parte dell’azienda F.K.E. Legnami Srl gestita – secondo quanto riportato dell’ordinanza – da Mario Donato Ferrazzo, “detto Topolino, capocosca di Mesoraca”. “Abbiamo trovato dei blocchi di cemento … ne abbiamo trovati sei”, è il dialogo – intercettato – tra Francesco Trocino, definito “braccio destro di Ferrazzo” e il fornitore. “Nonostante ciò – scrive il Gip – l’azienda F.K.E. anziché restituire il materiale lo miscelava e lo trasportava alla centrale a biomasse di Cutro perché Biomasse Italia Spa (situata nella vicina Strongoli) aveva bloccato i conferimenti che avvenivano in quel momento storico mediante la ditta F.lli Spadafora”. “L’affare con la Puglia dura fino a febbraio 2017 per interrompersi per una questione meramente economica”, nota ancora il Gip: “La triturazione necessaria per il materiale sporco non rendeva più conveniente il trasporto”. Nell’ordinanza si legge che anche “accertamenti tecnici mostrano materiale non conforme sia arrivato alla F.K.E.”.
Tagli boschivi raddoppiati con il riutilizzo delle autorizzazioni – Tra le ditte sequestrate, l’azienda boschiva F.lli Spadafora, i cui titolari sono descritti nell’ordinanza come “contigui alla criminalità e in ascesa economica grazie all’intensificarsi di conferimenti in centrali a biomassa”, oltre che responsabili di “tagli abusivi come quello di 15mila piante effettuato grazie a connivenze del personale preposto a controlli, conferito nel 2013 a Laino Borgo e poi in altre centrali calabresi”. Secondo acquisizioni documentali e sopralluoghi delle forze dell’ordine la F.lli Spadafora “raddoppiava il quantitativo di cippato conferito presentando la stessa documentazione presso due centrali a biomassa diverse, usando materiale proveniente da tagli furtivi o non autorizzati”. Per la perizia tecnica “su 40 autorizzazioni regionali al taglio, utilizzate per produrre cippato di legno vergine da conferire presso le centrali a biomassa, 27 venivano duplicate, ovvero usate per conferire cippato in diverse centrali”. La duplicazione consentiva, “il conferimento illegale presso le centrali di ben 56.277 tonnellate di cippato”. Sulla truffa delle autorizzazioni, il Gip riporta la testimonianza del collaboratore di giustizia Salvatore Riolo, pluripregiudicato contiguo alla cosca Manfreda di Petilia Policastro, sentito in relazione alla sua attività di addetto a tracciare la filiera del cippato nelle centrali a biomasse di Strongoli e Crotone: “Nel corso del tempo ho fatto diverse segnalazioni riguardanti ditte che operavano nel trasporto del cippato. Tra queste l’azienda F.K.E. scaricava presso le Biomasse di Crotone e Strongoli per conto di terzi, tra questi le ditte di Serravalle Domenico, degli Spadafora, o acquisti fatti direttamente da F.K.E. Mi accorsi subito che F.K.E. faceva trasporti maggiori rispetto a quelli autorizzati. Veniva scaricato materiale misto a cartone, pedane colorate o materiale con terriccio. Un materiale così composto, quando viene bruciato inquina e sprigiona veleno, soprattutto le pedane”.
Truffa al Gse da 13 milioni di euro. Il Gip: “Nessun controllo da parte di cinque operatori elettrici” – L’accusa, rivolta ai rappresentanti e proprietari della centrale di Cutro della società Serravalle Energy e di altri impianti calabresi, ovvero Mercure Srl (gruppo Sorgenia), Ecosesto (gruppo Falk), Biomasse Italia e Biomasse Crotone (gruppo Eph), è di “aver presentato per anni (dal gennaio 2014 al gennaio 2019) istanze al Mipaaf per l’accesso all’incentivazione recante attestazione di dati non veritieri in tal modo inducendo in errore il Gestore dei Servizi Elettrici”. L’energia elettrica prodotta sarebbe stata “certificata come prodotta da cippato di legna vergine o comunque incentivabile, quando non lo era”. “Sul piano delle certificazioni – scrive il Gip – è emerso che gli operatori elettrici acquisivano la documentazione senza eseguire alcun accertamento sulla veridicità”. In questo modo le centrali a biomasse avrebbero percepito un ingiusto profitto, derivante dagli “oneri generali di sistema” posti a carico di tutti i consumatori sulle bollette. “L’artifizio messo in atto dagli operatori elettrici”, avrebbe provocato un danno patrimoniale per l’Ente pubblico stimato in 13 milioni di euro. Secondo i dati raccolti dalla video-inchiesta giornalistica “L’affare dei tagli boschivi” andata in onda su Rainews (e ora disponibile su Raiplay) le cinque centrali a biomasse calabresi oggi ricevono quasi la metà dei sussidi complessivamente erogati ogni anno in Italia per impianti a biomasse legnose: 383,5 milioni di euro nel 2019 e 268,5 nel 2020.