di Stefano Lacoforpio
Siamo arrivati ad ottobre, il governo Draghi si è dimesso, il 25 settembre le elezioni hanno fornito il messaggio di una forte discontinuità politica rispetto agli ultimi quattro anni: è quindi tempo di bilanci tra successi ed errori ed è anche arrivato il momento che sia fatta un’analisi anche sul Settore spaziale e sul lascito complessivo della gestione Colao-Firpo al Ministro innovazione tecnologica e transizione digitale (MITD).
Questo tanto più a valle della grande quantità di soldi che sono stati stanziati e si stanno investendo grazie anche ai finanziamenti del Pnrr nello Spazio.
Purtroppo, la prima costatazione che balza agli occhi di chi il settore lo conosce è che in Italia una Politica Spaziale non c’è e, va riconosciuto, non c’è mai stata da molto tempo, prima ancora della nascita del governo Draghi.
Una “politica di settore” significa avere una visione di medio e lungo termine, avere obiettivi precisi, misurabili, sapendo come ci si vuole arrivare, con quale tempistica e come coinvolgere tanto le grandi aziende quanto la miriade di ottime pmi nazionali che meriterebbero maggiore attenzione da parte delle autorità politiche di quanta ne hanno avuto sino ad ora.
Obbiettivamente a nulla è servito aver affidato il settore Spazio al ministro dell’Innovazione Tecnologica perché storicamente e culturalmente il personaggio è un manager abituato a logiche di mercato orientate al successo immediato ed è privo di qualunque background tecnico con l’aggravante di non conoscere né la storia né gli attori che da anni si muovono a livello sia nazionale che internazionale; la scelta dei suoi collaboratori “tecnici” al riguardo ne è una prova lampante. Questi limiti sono emersi chiaramente quando, nei suoi comportamenti, in molte delle scelte che ha assunto si è palesata una evidente dipendenza dal Direttore Generale dell’ESA, Josef Aschbacher; non ultima quella dell’assunzione della Dott.ssa Elena Grifoni Winters, sua ex assistente (lei si definisce Capo di Gabinetto) nominandola addirittura Direttore dell’Ufficio Spazio con un curriculum e una storia professionale personale che lascia molte perplessità nella comunità scientifica e professionale nazionale come hanno anche riportato vari giornali.
In realtà le azioni del duo apicale del MITD hanno mostrato chiaramente il limite di essere sempre delle scelte spot, spesso condizionate dall’urgenza causata da qualcosa di più o meno inatteso e mai azioni inserite in un quadro articolato che fosse parte di una strategia generale di più ampio respiro.
A questo si è aggiunto il carattere di entrambi che non hanno capito, né tantomeno accettato, di dover operare all’interno di un contesto istituzionale con procedure definite da norme precise: anche in questo caso i risultati si sono visti. E’ noto quanta poca attenzione sia stata offerta al Capo di Gabinetto Firpo da parte dei colleghi degli altri Ministeri, in primis l’Economia, e quanto rapidamente i Ministri più importanti che sedevano in COMINT hanno reagito alle svariate invasioni di campo in contesti istituzionali che non rientravano nelle deleghe del MITD.
Ultimo errore strategico è stato l’incaponirsi di Vittorio Colao, benché membro di un governo dimissionario, a voler sistemare alcune caselle del settore con persone di sua fiducia forzando i tempi obbligando il CdA dell’ASI a riunirsi il 25 agosto per approvare un nuovo Statuto che inserisse due nuovi membri nel CdA e, ancora più imbarazzante, convocare il Comint il 20 settembre, a 5 giorni dalle elezioni. Tema ufficiale all’ordine del giorno offrire un primo quadro di potenziali impegni di spesa per la Ministeriale ESA di novembre ma, inserito all’ultimo minuto, ratificare le due nuove designazioni e presentare al Comitato la Dott.ssa Grifoni Winters, la cui nomina è avvenuta il 1 settembre in palese violazione di quanto notificato dal presidente Draghi ai ministri in maniera ufficiale il 21 luglio al riguardo, tra l’altro, di nomine non obbligatorie per data o impegni internazionali.
Sul caso c’è da chiedersi se mai il Presidente del Consiglio sia stato informato di quanto stesse succedendo al MITD a questo riguardo.
L’aver voluto dare una sua personale persistenza all’Ufficio Spazio, creato frettolosamente con il governo in articulo mortis, ha di fatto costituito un pesante boomerang per il ministro Colao. Al Comint erano assenti tutti i membri effettivi salvo la ministra Messa, un Sottosegretario agli Interni e, pochi minuti mentre viaggiava in auto, un Sottosegretario alla Difesa: tre persone su 13 membri ufficiali. Un messaggio politico più chiaro di questo non poteva esserci, uno sganassone politico lo hanno definito alcuni giornali.
Il lascito complessivo del ministro non è entusiasmante, anzi; in più aggravato dall’inconsistenza del peso specifico del top management di ASI negli ultimi quattro anni e ormai noto a tutti senza che si sia arrivati, da parte dell’autorità delegata, a risolvere in maniera radicale la situazione. Si è preferito convivere con un commissariamento a metà dell’Agenzia e personaggi che si agitavano e assumevano impegni in un limbo, anche legale, tutt’altro che chiaro.
Siamo a meno di due mesi dalla Ministeriale di Parigi del 22-23 novembre dove tutti i paesi europei si confronteranno per assumere impegni finanziari a tre e cinque anni nei programmi proposti dal Direttore Generale.
Qui la situazione si fa ancora più ingarbugliata. Aschbacher presenta un piano finanziario, tra programmi in essere e nuovi impegni, che chiede 18,5 miliardi di euro, cioè il 30% in più rispetto a quanto le delegazioni avevano concordato a Siviglia nel summit del 2019.
Vero è che la prima bozza era stata formulata dall’esecutivo prima che scoppiasse la guerra in Ucraina, ma lascia perplessi il fatto che il Direttore austriaco insista sulla richiesta senza minimamente considerare quanto e come la situazione internazionale sia profondamente cambiata e, soprattutto, come la gerarchia degli interessi specifici delle nazioni siano necessariamente completamente rivoluzionati: e, certamente, lo Spazio non è più al top dell’interesse generale dei governi, come è logico che sia vista la situazione.
A non capirlo da noi erano rimasti il ministro e il suo fido capo di gabinetto, che peraltro, ai primi segnali di cedimento del governo Draghi ha preferito emigrare verso un impiego, sicuro e ben remunerato, come Direttore Generale di Assonomine.
Data la situazione è logico che i fondi potenzialmente a disposizione del settore, se si escludono quelli Pnrr già etichettati su programmi (ci sarebbe da discuterne su alcuni) non sembra possano essere i tre/quattro miliardi di euro di cui Colao, nonostante la guerra fosse già scoppiata da tempo, aveva parlato come proposta italiana poco tempo prima di decadere come ministro.
E’ al nuovo governo che si sta costituendo e a chi assumerà la delega allo Spazio di gestire la patata bollente e le sue implicazioni. Stranamente i responsabili del MITD non avevano affrontato il problema delicato e strategico, in occasione della Ministeriale: quale Direttorato chiedere visto che all’Italia ne spettano almeno due visti i nostri impegni economici in ESA. Differentemente da noi, i nostri competitori Francia, Germania e il Regno Unito si sono mossi già da tempo col rischio che le caselle migliori siano già state riservate indipendentemente dall’entità dell’impegno economico italiano salito probabilmente dal terzo al secondo posto o alla pari con la Germania.
L’aver operato spot e mai in un quadro ampio e proiettato nel tempo non ha permesso la definizione di una politica spaziale nazionale adeguata a quelli che sono, o dovrebbero essere, realmente gli interessi delle industrie e del comparto scientifico nazionale: è palese invece una polverizzazione su mille canali, all’italiana, che non facilita il successo.
Speriamo che il nuovo governo indichi un responsabile con competenze reali e, soprattutto, che non creda di sapere tutto e di aver tutto capito dopo che è in sella da pochi giorni ma, piuttosto abbia l’intelligenza di scegliersi collaboratori qualificati, esperti veri e non sedicenti esperti inventati che hanno circolato e ancora circolano nelle istituzioni nazionali.
Se non si ribalta la situazione attuale continueremo ad essere più una mammella da spremere economicamente che una locomotiva leader in alcuni settori che già qualificano da tempo il nostro paese a livello internazionale.