Il mondo del calcio ha perso il suo “marine“. E il soprannome che si era guadagnato Giampiero Ventrone, morto a 62 anni colpito da una leucemia fulminante, non era dovuto solamente alla sua celebre metodologia di allenamenti. Ventrone militare lo era stato per davvero: ebbe l’intuizione di trasformare quella disciplina in una filosofia di preparazione atletica. Quella intuizione è uno dei segreti dietro ai successi della Juventus di Marcello Lippi, così come del Mondiale vinto dall’Italia nel 2006, quando il tecnico di Viareggio lo volle con sé a curare le gambe degli azzurri in vista dell’avventura tedesca. Come è finita lo sappiamo tutti.
Napoletano di origine, Ventrone ha introdotto nel calcio i suoi allenamenti non convenzionali ormai quasi 30 anni fa. Dopo un decennio trascorso in bianconero, dal 1994 al 2004, durante l’era di Moggi e Giraudo, ha fatto un’esperienza in Francia da vice allenatore dell’Ajaccio, con Fabrizio Ravanelli in panchina. Successivamente è stato preparatore atletico del Catania nel 2014/15, prima di una parentesi cinese al Jiangsu Suning (con Fabio Capello tecnico e uno staff tutto italiano) e al Guangzhou Evergrande guidato da Fabio Cannavaro.
Di recente, nel 2021, era stato chiamato da Antonio Conte, che lo aveva già voluto ai tempi della promozione del Bari dalla Serie B alla A, per risollevare il Tottenham. La dimostrazione che la filosofia di Ventrone dopo tre decenni era ancora attualissima. Negli ultimi mesi hanno fatto il giro del mondo le immagini di Harry Kane e di Son, i due leader del Tottenham, stremati da sedute di allenamento massacranti. Metodi che avevano fatto accendere i riflettori attorno a lui anche in Inghilterra. Le sue sessioni erano conosciute fin dai tempi della Juve per il rito della “campana della vergogna” (chi non riusciva a completare gli esercizi doveva alzarsi e farla suonare) e per la musica di sottofondo, dal rock a quella classica, a seconda delle occasioni.