Prendete i fratelli Anthony e Joe Russo. Quelli che hanno diretto “giocattolini miliardari” come Avengers Endgame, Infinity War e un paio di Captain America, per intenderci. Lasciateli defilati dalla regia e fategli produrre il nuovo film di Daniel Kwan e Daniel Scheinert, i due registi omonimi che hanno concepito Swiss Army Man, la black comedy folle con Daniel Radcliffe in versione zombie. The Daniels, appunto. Adesso arriviamo a Everything, Everywhere, And All At Once.

America oggi. Immaginate una lavanderia cinese gestita da una coppia di cinquantenni un po’ sfigati ma di buon cuore, e con le facce di due attori cult. Lui ha nel curriculum il geniale Data dei Goonies nonché il piccolo avventuriero cinese al fianco di Indiana Jones e il Tempio Maledetto. Sì, proprio Jonathan Ke Quan. Lei invece danzava e lottava nella Foresta dei Pugnali Volanti di Ang Lee e nel recente Shang Chi della Marvel. Si tratta di Michelle Yeoh. Aggiungete la diva teenager in ascesa Stephanie Hsu nei panni della figlia lesbica che non riesce a fare coming out con il venerando nonno asiatico, e alle loro costole mettete una severa impiegata dell’agenzia delle entrate col grugno irresistibile di Jamie Lee Curtis. Bene, ora proiettateli tutti nel Multiverso.

Ebbene sì, i Daniels partono da una innocua commedia familiare per affrontare un vortice di cambi interdimensionali, trasformazioni corporee e realtà alternative inventando anche l’indicibile, ma soprattutto scimmiottando con affetto ironico una marea di film oltre ai fin qui citati. A partire da Doctor Strange e certe modalità da Matrix. L’universo è una rete infinita di mondi, qualcuno può saltare attraverso di essi, e ovviamente c’è un cattivone che si diletta a sbilanciarli tutti puntando al caos distruttivo. I mondi dei Daniels sono percorsi citazionistici soprattutto delle cinematografie anni Ottanta e Novanta, ma emergono pure immagini iconiche da Kubrick dissacrate a dovere. Il titolo sintetizza davvero questa cornucopia ipercinetica. Così il maritino Ke Quan nella sua versione alternativa impersona una specie di Morpheus che istruisce la moglie come prescelta per chiudere questo cerchio. L’impiegata alternativa della Curtis potrebbe esibirsi in mosse alla Hulk Hogan in Rocky III, i combattimenti contro agenti interdimensionali ricordano le saghe di Bourne, mentre i discorsi sugli equilibri del tempo ci riportano alle sciorinate in stile Doc. Brown di Ritorno al Futuro. Si salta tra mondi come in Jumper, si duella à la Jackie Chan, si teme una minacciosa ciambellina donut, anzi ciambellona, a mo’ di occhio di Sauron. E poi i mondi più surreali, a volte demenziali, come quello dove tutti hanno dita giganti e pendule.

Ma non è solo follia pura Everything. Non soltanto l’ennesima declinazione del Girl Power. Non è solo la riscossa di un nonnetto da 500 film come James Hong. Molti lo ricorderanno come il villain di Grosso guaio a Chinatown, o in Blade Runner. Rappresenta in modo rocambolesco l’ago della bilancia nello scontro generazionale tra genitori e figlia. Mentre i Daniels non indugiano nemmeno sul rimpianto per vite non vissute, occasioni perse e un amore distratto, fin quasi ad ammiccare addirittura all’Interstellar di Nolan.

In America il film ha avuto un successo inatteso e trascinante che grazie al passaparola gli ha fatto incassare 70 milioni di dollari in casa, più oltre 30 milioni nel resto del mondo. Dialoghi sempre frizzanti come e più di azioni e trovate registiche, possiede grandi qualità d’intrattenimento, ironia leggera e appassionata, un po’ come il Ready Player One di Spielberg. Offre uno spettacolo da grande schermo che vale più di un cinecomic in quanto rompe ogni schema dopo averlo accuratamente assorbito. Scatena così ogni più bizzarra fantasia degli autori senza bisogno di orpelli come costumi e faide immarcescibili. Sembra non voglia mai prendersi troppo sul serio, ed è decisamente un bene. Mette i buoni sentimenti al primo posto e si lascia percorrere dall’atavica lotta tra bene e male. Insomma, i Daniels e i Russo messi insieme non addizionano i loro talenti ma si caricano esponenzialmente a vicenda. Il risultato, questo mosaico cangiante di mondi e personaggi coniugati a qualsiasi cosa, stordisce come la migliore delle montagne russe, ma la struttura narrativa del percorso dell’eroe resta quella classica in tre atti, che ha definito anche tutta la filmografia che lo attraversa. Compresi gli easter egg nascosti o sbandierati un po’ dappertutto. Insomma, abbiamo un nuovo cult.

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