Sono ormai all’ordine del giorno gli scambi di accuse fra Grecia e Turchia, in un momento in cui i due paesi sono sostanzialmente all’apice delle tensioni geopolitiche, con al centro il dossier energetico e i conseguenti riverberi militari e diplomatici. Ci ha pensato il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu a rinvigorire la polemica sul ruolo americano nel Mediterraneo orientale, quando ha ricordato che la Turchia fornirà armi e aumenterà la propria presenza militare a nella parte di Cipro occupata dai turchi, in risposta alla scelta degli Stati Uniti di revocare parzialmente l’embargo di armi a Cipro. Poche ore prima il presidente turco Recep Tayyip Erdogan aveva sostenuto di voler fare “tutto il necessario per difendere i diritti turchi sulle isole dell’Egeo”, innescando ulteriore tensione dal momento che la divisione attuale delle isole nell’Egeo è figlia del Trattato di Losanna del 1923, regolarmente contestato da Ankara da quando è emersa la presenza di gas in quel fazzoletto di acque.
La geopolitica
Secondo Erdogan, la motivazione della Grecia “per armare le isole è inconsistente con la ragione e con l’alleanza. La politica della provocazione e della tensione non è, e non sarà, un vantaggio per nessuno”. Atene è preoccupata che lo “schema Ucraina” innescato da Mosca sull’annessione delle repubbliche separatiste possa replicarsi in qualche modo anche nell’Egeo e ha investito Bruxelles e la Nato della questione. Infatti il vicepresidente della Commissione Europea, Margaritis Schinas, ha ribadito la sua certezza che l’Europa riuscirà a muoversi in modo coordinato e collettivo nel settore energetico, tema strettamente connesso alle tensioni con la Turchia. Si è detto particolarmente preoccupato per “l’incontrollabile retorica incendiaria dei vicini” spiegando che lui stesso la interpreta come “un segno della loro stessa insicurezza sulla loro posizione nel mondo e nell’attuale contesto geopolitico”. Tradotto: se da un lato Ankara sta giocando un ruolo nella partita del grano e in quella diplomatica post-guerra in Ucraina, Atene può contare sull’appoggio incondizionato di Washington e Parigi alla voce gas e difesa.
Il ruolo della Grecia
La Grecia è diventata il nuovo gas-hub del Mediterraneo, alla luce del fatto che sul suo territorio transita il gasdotto Tap, l’interconnettore Igb con la Bulgaria e che il porto di Alexandroupolis è al momento interessato dal progetto della Frsu, un terminale galleggiante che permetterà di incrementare la presenza (e l’uso) di gas. Atene è di fatto il principale snodo mediterraneo, anche alla luce delle decisioni che verranno prese sul gas presente a Cipro e in Israele, ovvero i giacimenti Leviathan, Zohr e Kronos. Fino allo scorso anno sembrava scontata la costruzione del gasdotto Eastmed per portare fino in Salento le pipeline da 1.900 chilometri, ma in seguito gli Usa avevano preferito stoppare il progetto onshore/offshore, bollandolo come troppo caro (6 miliardi di dollari) e foriero di tensioni con la Turchia che ne sarebbe stata esclusa. L’invasione dell’Ucraina ha mutato lo schema, facendo tornare centrale la questione dell’indipendenza energetica europea. Tra l’altro l’italiana Edison ha recentemente ribadito che se la pipeline venisse realizzata, in 4 anni l’Italia potrebbe godere di un flusso di gas aggiuntivo di 10 miliardi di metri cubi di gas.
Turchia&Libia
Anche per questa ragione il ministro turco degli Esteri Cavusoglu si recherà a breve in Libia per firmare l’accordo bilaterale per la Zona Economica Esclusiva dove alcune società turche saranno impegnate sfruttamento di petrolio e gas naturale. Il braccio destro di Erdogan continua ad accusare Atene di interferenze, senza ricordare che quell’accordo turco-libico rappresenta una frattura “verticale” nella mappa mediterranea, perché si insinua nelle acque di Creta, che come è noto è territorio greco, quindi di uno stato membro dell’Ue. Secondo Cavusoglu la Grecia è turbata perché la Turchia ha assunto un ruolo importante. “Per prima cosa abbiamo firmato l’accordo con la Libia sulla delimitazione delle zone marittime. Quindi abbiamo determinato i limiti occidentali della nostra piattaforma continentale. Nove volte le navi della Grecia, dei greco-ciprioti e di paesi terzi hanno tentato di entrare. Tutto questo l’abbiamo evitato con gli sforzi diplomatici e con le misure che abbiamo adottato sul campo. L’importanza e il successo della Turchia nell’arena internazionale fanno impazzire la Grecia. Ecco perché la Grecia vuole sfidare la Turchia”. Tra le occasioni a cui si riferisce Cavusoglu c’è anche quella di due settimane fa, in cui la Guardia Costiera greca ha aperto il fuoco contro una nave si era rifiutata di fermarsi per un’ispezione al largo di Bozcaada (Tenedos), nell’Egeo settentrionale. L’ipotesi al vaglio degli investigatori è quella di contrabbando di armi sull’asse Turchia-Libia. Prima di chiamarsi Anatolian, la nave si chiamava Mavi Marmara ed era stata coinvolta nel 2010 nel tentativo di rompere il blocco israeliano di Gaza.
Il ruolo degli Usa
Washington, che con Atene ha stretto uno storico trattato bilaterale per l’utilizzo di quattro basi elleniche, ha inquadrato la Grecia come il suo nuovo punto di appoggio militare per due quadranti assolutamente significativi come quello euro-mediterraneo e quello mediorientale: la Sesta flotta americana effettuerà la manutenzione su un’isola-cantiere greca, la base di Souda Bay a Creta verrà raddoppiata per aumentare la capienza di sommergibili nucleari, lì dove la lunga pista dell’aeroporto viene già utilizzata per la sosta dei bombardieri B-52 e dell’Air Force presidenziale quando serve. Infine il porto di Alexandoupolis è già utilizzato dalla Marina Usa per spostare truppe e mezzi fino ai paesi Nato che si trovano nell’estremo oriente dell’Ue. La Grecia inoltre, dopo aver acquistato 18 caccia Rafale dalla Francia, dovrebbe ricevere anche una pattuglia di F-35.
Le provocazioni
Per tornare alle minacce turche, alle parole di Erdogan e Cavusoglou si sommano ai continui sconfinamenti nei cieli ellenici degli F-16 e di droni turchi: su uno dei caccia è salito provocatoriamente anche il ministro della Difesa Akar, aprendo un altro fronte con Atene e Bruxelles, per via dell’appartenenza della Turchia alla Nato. Turchia che, pochi giorni dopo, ha fatto sussultare tutti gli alleati atlantici prendendo parte a Samarcanda al vertice dello SCO, per la prima volta nella storia della Nato. Della questione hanno parlato due giorni fa a Istanbul il consigliere per la Sicurezza nazionale statunitense Jake Sullivan e il consigliere capo della presidenza turca Ibrahim Kalin. Le due parti hanno discusso anche del loro continuo sostegno all’Ucraina di fronte all’aggressione russa, inclusa la condanna del tentativo russo di annettere illegalmente il territorio ucraino. Ma un accento particolare è stato messo “sull’importanza del dialogo e della diplomazia nella risoluzione di eventuali controversie nel Mediterraneo orientale”.
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